(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 2 feb. - "Nello scandalo delle
protesi Pip non solo le pazienti, ma anche noi chirurghi siamo
parte lesa". Per questo l'Aicpe, associazione che riunisce i
chirurghi plastici estetici, ha deciso di denunciare la societa'
francese Poly Implant Prothesis, produttrice delle fantomatiche
protesi, e dell'ente certificatore tedesco T.U.V. Rheinfeld,
chiamato ad effettuare i controlli.
"Abbiamo depositato al tribunale di Roma una querela contro il
fabbricante delle protesi Pip e contro chi avrebbe dovuto
controllarle, in quanto i chirurghi che hanno utilizzato gli
impianti incriminati sono stati oggetto di truffa, alla stregua
di tutte le pazienti- spiega Mario Pelle Ceravolo,
vicepresidente di Aicpe- Siamo stati ingannati da un prodotto
regolarmente accreditato con marchio CE e che, all'esame visivo,
possedeva caratteristiche fisiche del tutto appropriate e
ottimali per i tipi di intervento di mastoplastica che dovevamo
effettuare- afferma il vicepresidente di Aicpe-. Abbiamo operato
nel rispetto delle norme che regolano la professione medica,
osservando le leggi vigenti in tutti gli stati europei".
Anche l'elemento "prezzo" non ha permesso alcuna valutazione:
"Le protesi Pip avevano un costo paragonabile a quello di altre
protesi prodotte da ditte diverse, non sono state scelte sulla
base di un costo inferiore ma per le loro caratteristiche
intrinseche", aggiunge. L'utilizzo ultradecennale delle protesi
Pip, inoltre, costituiva un ulteriore elemento tranquillizzante
circa l'affidabilita' del prodotto, dal momento che la
letteratura scientifica non forniva elementi di segno negativo
diversi da quelli delle altre protesi in commercio.
Al medico che ha collocato protesi Pip non puo' quindi essere
riconosciuta nessuna colpa in quanto ha utilizzato un prodotto
con marchio CE, riconosciuto sia dalla comunita' scientifica, sia
dagli organismi incaricati del controllo sulla qualita'.
"Alla base di tutto c'e' un problema di inadeguatezza del sistema
di controllo e di sorveglianza nei confronti di dispositivi
medici come le protesi mammarie- afferma Pelle Ceravolo-. Non
sono infatti previsti obblighi di controlli e verifiche da parte
dei singoli stati, verifiche che dovrebbero essere effettuate
prima della commercializzazione e durante il periodo di utilizzo.
E chi avrebbe dovuto farlo, magari prendendo anche delle protesi
a campione per analizzarle, non l'ha fatto".
Pur denunciando un sistema che non funziona, in modo da
tutelare paziente e medici, Aicpe sul caso Pip mantiene un
atteggiamento cauto, che si basa su dati scientifici e non su
ipotesi: "L'allarmismo che si e' creato non e' giustificato: e'
vero che in alcune pazienti si sono verificate delle rotture e
delle infezioni, ma non ci sono evidenze scientifiche che mettono
in relazione le protesi Pip con il cancro al seno o con rischi
diversi da quelli relativi ad altre protesi- conclude Pelle
Ceravolo- Ogni caso deve essere valutato individualmente:
raccomandiamo a chi si e' sottoposto ad un intervento di
rivolgersi al proprio chirurgo di fiducia per monitorare la
situazione e prendere le dovute misure di controllo o
terapeutiche. Come ha dimostrato lo scandalo delle protesi Pip,
nel campo della chirurgia plastica in Italia c'e' bisogno di
regole chiare e di maggior tutela per i pazienti e per gli stessi
medici".
(Ami/ Dire)