DA RICERCATORI DELL'UNIVERSITÀ DEL SACRO CUORE DI ROMA.
(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 5 apr. - Ricercatori
dell'Universita' Cattolica del Sacro Cuore di Roma hanno scoperto
un processo chiave della maculopatia degenerativa senile (Amd),
principale causa di ipovisione e cecita' nel mondo. Gli esperti
hanno compreso come le varianti genetiche (mutazioni) del gene
Cfh, inibitore della "cascata infiammatoria", possano influenzare
negativamente le proprieta' elettriche dei "coni", una delle due
famiglie di cellule che costituiscono la retina. La molecola Cfh
e' un elemento importantissimo nella protezione della retina. I
ricercatori, coordinati da Ettore Capoluongo, responsabile
dell'Unita' Operativa semplice di Diagnostica molecolare clinica
del Policlinico universitario A. Gemelli, e dal prof. Benedetto
Falsini, associato di Clinica Oculistica nell'Istituto di
Oftalmologia dell'Universita' Cattolica di Roma, hanno scoperto
che, quando un soggetto con maculopatia e' portatore di una o due
copie difettose del gene Cfh (si dice che l'individuo e'
rispettivamente eterozigote e omozigote per quella mutazione) le
alterazioni elettrofisiologiche della retina sono
progressivamente e significativamente piu' gravi.
Lo studio, foriero di future applicazioni cliniche sul fronte
diagnostico, prognostico e terapeutico, e' stato pubblicato
sulla rivista Neurobiology of Aging.
La degenerazione maculare senile (Amd) e' una maculopatia che
colpisce la parte centrale della retina, detta macula. Si tratta
di una patologia degenerativa e progressiva che puo' portare a
ipovisione e nei casi piu' gravi a cecita'. La Amd colpisce il
20% degli individui over-50 e ben il 35% dei 70enni. Negli ultimi
anni e' stato documentato che una serie di fattori di rischio,
tra cui il fumo, la dieta scorretta, l'obesita' e il diabete
rivestono un ruolo importante nell'insorgenza della maculopatia.
Anche numerosi fattori genetici sono stati associati a un
incremento di rischio di sviluppare la maculopatia. Tra questi,
soprattutto i geni Cfh e Arms2: in particolare, la variante del
gene Cfh (chiamata rs1061170), e' stata associata a un aumento di
almeno cinque volte del rischio di ammalarsi di Amd. Ma prima di
questo studio targato Universita' Cattolica non era chiaro il
ruolo di Cfh nella genesi della disfunzione retinica propria
della malattia. Gli esperti si sono concentrati sulle forme
cosiddette "precoci" della Amd, cioe' quelle che potenzialmente
evolvono verso forme piu' gravi e invalidanti. Le forme precoci
si presentano con le "drusen", ovvero, ha spiegato il prof.
Falsini, dei depositi di materiale pigmentato nel tessuto
retinico maculare. La drusen e' un rilievo molto frequente negli
ultrasettantenni ed e' un indicatore della malattia, ha aggiunto
il professor Capoluongo.
Gli esperti hanno analizzato circa 50 pazienti e scoperto che
nei soggetti portatori dei diversi genotipi Cfh (cioe' la
combinazione delle diverse varianti di cui ciascuno individuo e'
portatore nel proprio Dna) la retina funziona piu' o meno bene,
come e' evidenziabile con un esame chiamato elettroretinografia,
che misura le risposte retiniche a stimoli luminosi.
(Wel/ Dire)