AIDS. "IO, SIEROPOSITIVA, AIUTO A CONVIVERE CON L'HIV"
PARLA SIAMA ABRAHAM MUSINE
(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 18 lug. - "Uno degli scopi del
mio lavoro e' incoraggiare le persone che risultano positive al
test a sforzarsi a convivere con l'Hiv. Perche' mi ricordo quando
scoprii di essere sieropositiva e il medico mi disse di
prepararmi a morire". Lo ha raccontato Siama Abraham Musine,
promotrice della salute per Medici senza frontiere nelle
comunita' in Kenya, intervenendo stamattina alla Sala stampa
estera in vista della Conferenza internazionale sull'Aids, al via
nella capitale dal 17 al 20 luglio, che riunisce a scadenza
biennale la comunita' scientifica internazionale e i
professionisti esperti di Hiv/Aids.
Siama ha testimoniato di convivere quotidianamente con la
sieropositivita', rischiando di non poter continuare la terapia
se i finanziamenti per le cure dovessero diminuire o addirittura
interrompersi. Ha 36 anni ed e' la quinta di sette tra fratelli e
sorelle. "Vivo con mia madre perche' mio padre e' morto nel 2001;
ho un figlio di vent'anni che ho cresciuto da sola - ha riferito
-. Sono andata a scuola fino all'eta' di 18 anni e ho il diploma
di scuola superiore. A 21 anni ho frequentato all'universita' un
corso di estetica e acconciature di due anni". La donna ha
scoperto di essere sieropositiva appena ventenne: "Da allora ho
iniziato a frequentare corsi sull'Hiv/Aids, che mi hanno dato il
coraggio di iniziare a parlare della malattia, condividere la mia
esperienza con gli altri e insegnare a mia volta come convivere
positivamente con l'Hiv".
Oggi Siama lavora per Msf nel dipartimento di promozione della
salute e sensibilizzazione, all'interno del Centro sanitario
meridionale di Kibera: "Mi occupo di coordinare piccoli gruppi di
donne che vivono con l'Hiv. Nei gruppi discutiamo soprattutto di
come prevenire la trasmissione materno-infantile del virus e
condividiamo le sfide quotidiane del vivere con la
sieropositivita': una pratica che aiuta sempre piu' madri ad
avere vita piu' positiva". Inoltre organizza anche "delle
campagne di sensibilizzazione tematiche all'interno delle
cliniche, con l'obiettivo di promuovere un cambiamento positivo
nell'intera comunita', ponendo l'accento in particolare sulla
prevenzione di nuove infezioni e la promozione dell'accesso
universale alle cure".
L'esperienza decennale di Msf nel campo dell'Hiv/Aids ha
consentito di elaborare efficaci strategie per espandere
l'accesso alle cure, portandole anche la' dove non si credeva
possibile - come nei villaggi, dove non c'e' personale sanitario
altamente qualificato ne' ospedali -, rendendole semplici e
gestibili da tutti e affidando alla comunita' un ruolo chiave nel
sostegno alle persone in trattamento. Nel mondo le persone che
vivono con l'Hiv si stimano essere circa 34 milioni, 22 dei quali
in Africa. "Nei paesi in via di sviluppo, chi ha la fortuna di
avere accesso alle terapia e' ancora costretto a prendere farmaci
altamente tossici, da assumere piu' volte al giorno, meno
efficaci dei farmaci di ultima generazione, che ormai da anni in
Europa hanno sostituito i vecchi - osserva Msf -. Chi viene messo
in terapia in Africa ha meno chances di farcela, perche' i
criteri che si applicano nei paesi poveri per decidere quando
cominciare la terapia prevedono ancora di aspettare una fase piu'
avanzata della malattia, quando purtroppo l'efficacia dei farmaci
sulla dinamica del virus e' meno importante e il rischio di
sviluppare malattie opportunistiche alto". Mentre "prima si
comincia la terapia antiretrovirale - una volta che si sa di
essere infetti - e meglio e' per tutti. Per se stessi, prima di
tutto, ma anche per la comunita', in quanto si ha meno
possibilita' di trasmettere il virus a qualcun' altro (la carica
virale si riduce e di conseguenza la contagiosita'), migliora
l'aspettativa di vita dei propri figli e di conseguenza l'impatto
positivo si estende su tutta la societa'".
(Wel/ Dire)
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