UN ADULTO SU QUATTRO NON LAVORA.
(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 14 lug. - Quasi tutti i bambini
e i ragazzi Down vanno a scuola (il 97% fino ai 14 anni), ma
quando crescono diventa sempre piu' difficile per loro trovare
una collocazione sociale: un adulto Down su quattro sta a casa e
non svolge nessuna attivita'. È quanto emerge da una ricerca del
Censis realizzata nell'ambito del progetto pluriennale
"Centralita' della persona e della famiglia: realta' o obiettivo
da raggiungere?", avviato dalla Fondazione Cesare Serono, a
partire dal vissuto di un campione di persone con sindrome di
Down e dei loro familiari, con il contributo dell'Associazione
Italiana Persone Down. La ricerca viene presentata oggi a Roma.
Il giudizio delle famiglie sulle scuole frequentate dai figli
e' generalmente positivo: e' buona la qualita' della scuola
dell'infanzia per il 65%, la scuola primaria per il 56%, la
scuola secondaria di secondo grado per il 65%. Le problematiche
piu' frequenti riguardano la preparazione degli insegnanti, sia
quelli di sostegno (43%), sia quelli ordinari (39%), e
l'impossibilita' di ottenere un numero adeguato di ore di
sostegno (41%). Meno diffusa e' l'esperienza di difficolta' di
integrazione con i compagni (16%).
Il sistema scolastico appare complessivamente capace di
includere, anche se di fronte alle situazioni piu' gravi mostra
anch'esso tutte le sue debolezze. Ma al termine del percorso
formativo, solo una parte delle persone con sindrome di Down (il
31% degli adulti) riesce a collocarsi nel mercato del lavoro. Se
oggi sono poche le opportunita' occupazionali per i giovani, gli
spazi si restringono ulteriormente per le persone Down: per il
56% dei maggiorenni la difficolta' principale e' proprio trovare
un impiego, di qualsiasi genere, a prescindere dai desideri,
dalle capacita' e persino da una remunerazione.
Le criticita' legate all'erogazione dei servizi riabilitativi
per le persone con sindrome di Down rimangono diffuse. Il 53%
delle famiglie si e' dovuto muovere autonomamente per trovare la
sede adatta e il 40% si e' rivolto a strutture private a
pagamento a causa della carenza dei servizi pubblici. La
lunghezza delle liste d'attesa e' un problema lamentato nel 32%
dei casi. E nel Mezzogiorno si rileva la distanza media maggiore
tra l'abitazione e lo studio del medico che funge da punto di
riferimento: 54,5 km contro i 22 km indicati mediamente nelle
regioni del Centro e i 17,2 km del Nord.
L'attenzione pubblica riservata generalmente a queste persone
si concentra sui bambini. Ma le persone Down crescono, e con gli
anni la loro disabilita' diventa piu' vincolante in termini di
autonomia e qualita' della vita. La permanenza in famiglia e'
infatti la prospettiva per il futuro indicata nel 50% dei casi
per le persone con piu' di 24 anni. Con il passare del tempo, i
familiari prendono sempre piu' consapevolezza della scarsa
disponibilita' di soluzioni al di fuori della famiglia stessa. Ed
e' proprio su questo fronte che si evidenzia la necessita' di un
piu' forte impegno e di interventi innovativi da parte di
societa' e istituzioni.
Questi sono alcuni dei principali risultati del primo anno di
lavoro del progetto pluriennale "Centralita' della persona e
della famiglia: realta' o obiettivo da raggiungere?", avviato
dalla Fondazione Cesare Serono e dal Censis, che coinvolge Ketty
Vaccaro, responsabile del settore Welfare del Censis, Giuseppe De
Rita e Carla Collicelli, presidente e vicedirettore del Censis,
Gianfranco Conti, direttore generale della Fondazione Cesare
Serono, Elio Guzzanti, direttore scientifico dell'Irccs Oasi.
Alla presentazione partecipano Ignazio Marino, presidente della
Commissione d'inchiesta sul Servizio sanitario nazionale del
Senato, Livia Turco, membro della Commissione d'inchiesta sugli
errori sanitari della Camera dei Deputati, e da Ferruccio Fazio,
ministro della Salute.
(Wel/ Dire)