ROMA - Chiudendo repentinamente le trattative in corso per
assicurarsi le prestazioni del chirurgo (e senatore) Ignazio
Marino, all'indomani della sua candidatura alle primarie del Pd
in concorrenza con Pier Luigi Bersani, l'amministrazione del
Policlinico Sant'Orsola di Bologna ha tenuto un comportamento
"sicuramente censurabile sotto il profilo dell'efficacia e
completezza del servizio offerto, laddove per ragioni
esclusivamente politiche si e' rinunciato ad avvalersi
dell'apporto di un chirurgo che avrebbe potuto conferire maggior
prestigio all'Azienda ed assicurare anche che, attraverso tale
collaborazione, l'Azienda stessa potesse offrire un servizio di
elevata qualita' e specializzazione". A metterlo nero su bianco
e' la Procura di Bologna, che un anno fa ha aperto un fascicolo
sul caso a seguito base di alcune intercettazioni telefoniche
nelle quali alcuni medici del Sant'Orsola parlavano appunto di
motivazioni politiche per spiegare la scelta del Policlinico di
non avvalersi piu' della collaborazione di Marino.
Per i magistrati di piazza Trento e Trieste, pero',
l'inchiesta va archiviata. Nel chiederlo al Gip, infatti, si
spiega che la "censura" nei confronti del Sant'Orsola va limitata
all'ambito politico ed amministrativo, senza che si possano
rilevare riflessi di tipo penale. Il reato ipotizzato
nell'inchista, aperta contro ignoti, era di abuso d'ufficio.
Secondo gli inquirenti, pero', non c'e' stata una violazione di
leggi o regolamenti attuata per procurare intenzionalmente un
danno a terzi oppure un ingiustificato arricchimento di pubblico
ufficiale.
Per la Procura di Bologna, il mancato accordo tra il senatore
Ignazio Marino e il Sant'Orsola delinea un "desolante quadro di
sudditanza politica delle scelte anche imprenditoriali di
un'azienda ospedaliera di primaria importanza".
La possibilita' di un veto del Sant'Orsola nei confronti di
Marino venne a galla lo scorso gennaio, quando emersero alcune
intercettazioni telefoniche effettuate nell'ambito di
un'inchiesta della Procura di Crotone, relativa a tutt'altra
vicenda, in cui si parlava del mancato arrivo del senatore Pd al
Policlinico bolognese. Il telefono intercettato era quello di un
commercialista crotonese, Giuseppe Carchivi. In una telefonata
del 20 agosto 2009, ad esempio, un chirurgo del Sant'Orsola tira
in ballo Augusto Cavina, direttore generale del Policlinico fino
allo scorso autunno: sulla collaborazione di Marino "hanno fatto
il voltafaccia (...) in sostanza i vertici regionali, che come tu
sai si sono schierati con Bersani, e quindi Marino non e' piu'
gradito qua... il mio direttore generale Cavina lo ha chiamato
dicendogli 'sa... abbiamo difficolta' di sala operatoria,
problemi di Consiglio di Facolta', sa che c'e' un centrodestra
molto forte a Bologna'... pensa che cazzate che gli ha
raccontato". Piu' avanti nella stessa telefonata, il medico
aggiunge: "In realta' ufficialmente non e' mai stato detto
questo. Ufficialmente e' stato detto che abbiamo problemi di sala
operatoria, che le sale operatorie sono troppo piene che...
Insomma, tutte cazzate, ovviamente, tutte minchiate...".
Proseguendo, il chirurgo cita Antonio Daniele Pinna, direttore
della struttura specializzata in trapianti dove avrebbe dovuto
operare il parlamentare democratico.
"Pinna ha detto che (Marino, ndr) ha fatto una mossa che gli ha
tagliato le gambe- afferma il medico al telefono- Bissoni (allora
assessore regionale alla Sanita', ndr) era favorevolissimo
all'operazione". I magistrati di Crotone trasmisero le
intercettazioni alla Procura di Bologna, che apri' un'inchiesta
contro ignoti per abuso di ufficio.
Il pm titolare dell'inchiesta, Luca Tampieri, ascolto' Marino
come testimone. Il chirurgo spiego' di aver condotto
un'articolata trattativa con Cavina fino alla predisposizione di
una bozza di accordo in cui si delineavano tempi, modalita' e
profili economici della collaborazione (documento acquisito nel
corso delle indagini). La bozza fu inviata dal Sant'Orsola a
Marino per la firma, ma prima un ritardo dovuto ad un viaggio del
senatore e poi la sua candidatura alle primarie del Pd cambiarono
la situazione. Lo stesso Marino, infatti, riferi' al pm che dopo
la candidatura (nel luglio 2009) il tenore dei rapporti con
Cavina cambio' radicalmente. Fino a che, il 17 agosto, il
direttore generale del Sant'Orsola gli comunico' il definitivo
dietrofront, motivandolo con una imminente trasformazione del
polo chirurgico bolognese. In realta', per la Procura, dalle
telefonate intercettate appare chiaro che l'interruzione dei
rapporti tra il Sant'Orsola e Marino fu di natura "prettamente
politica" perche' l'eventuale riorganizzazione evocata da Cavina,
in realta', si prevedeva sarebbe diventata operativa non prima
dell'autunno 2010 e quindi la collaborazione di Marino non veniva
preclusa. Inoltre il senatore del Pd riferi' al pm di aver avuto
conferma, parlandone con alcuni colleghi bolognesi, della natura
politica del cambio di scenario a causa della sua candidatura
"contro" Bersani.
In sostanza, si spiega da piazza Trento e Trieste nella
richiesta di archiviazione, la collaborazione di Marino con il
Sant'Orsola avrebbe potuto nuocere a Bersani e costituire un
sostegno alla corsa del senatore per la segreteria del Pd: fu per
questi motivi che Cavina decise di soprassedere "velocemente".
In Procura furono ascoltati anche i due medici intercettati,
Alessandro Faenza e Augusto Lauro, che in quella sede negarono la
natura politica della retromarcia del Sant'Orsola. Per il
magistrato, pero', le telefonate parlano chiaro: "I riferimenti
sono specifici ed indubbi e tracciano un desolante quadro di
sudditanza politica delle scelte anche imprenditoriali di
un'azienda ospedaliera di primaria importanza". Alla luce delle
indagini, per il pm e' chiaro che l'interruzione della trattativa
ha avuto la sola ragione di "non favorire un avversario politico
della compagine evidentemente ritenuta di riferimento per
l'amministrazione dell'azienda". Nonostante questo, pero', non si
possono registrare condotte penalmente rilevanti. Al massimo, per
il pm, si potrebbe ipotizzare un danno nei confronti di Marino
dovuto all'ingiustificata interruzione delle trattative ed una
conseguente violazione dell'affidamento che il chirurgo,
ragionevolmente, riponeva nella conclusione dell'accordo: ipotesi
limitata all'ambito civilistico, pero', senza profili penali. Da
qui la richiesta di archiviazione, su cui dovra' pronunciarsi il
Gip.
(Wel/ Dire)