(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 10 gen. - Cosa hanno in comune
un villaggio in Kenia e un gruppo di oltre 200 utenti dei servizi
di salute mentale, operatori, famigliari e cittadini italiani? Lo
rivela il documentario "Muyeye" realizzato da Sergio Damiani e
Juliane Masi. I due registi raccontano l'esperienza di un gruppo
di italiani (tra cui una folta rappresentanza modenese) e
africani impegnati in un progetto di cooperazione internazionale
per la costruzione di una scuola professionale nel villaggio di
Muyeye in Kenia. La scuola puo' diventare il simbolo di riscatto
del proprio futuro per tanti ragazzi keniani. "Il documentario ha
rappresentato una grande opportunita' per tracciare un filo tra
le storie dei centri di salute mentale italiani e le storie di
poverta' che arrivano dall'Africa - racconta Damiani - Un modo
per unire gli esclusi dalla societa' italiana a causa della
malattia mentale e gli emarginati in Africa tagliati fuori dalla
distribuzione delle risorse".
"Muyeye"quindi e' un documentario sulla follia che pero' vuole
dimostrare come anche i "matti" possano fare cose straordinarie
perfino in un contesto molto difficile come quello del continente
africano. Il progetto di questo documentario e' nato dal
movimento "Le parole ritrovate" che si propone di far conoscere
le ragioni e i caratteri degli utenti dei centri di salute
mentale. È lo stesso obiettivo del progetto "Social Point" di
Modena che si propone anche di organizzare percorsi e occasioni
riabilitative (individuali e di gruppo) con persone che soffrono
e hanno sofferto di problemi di disagio mentale.
Man mano che la scuola prende forma, mattone dopo mattone, lo
spettatore impara a conoscere la vita di un abitante del
villaggio di Muyeye: Nebat, padre di quattro figli che mantiene
spaccando sassi. La sua seconda moglie e madre dei suoi figli
soffre di gravi disturbi mentali. Gli italiani, provenienti dal
ricco Occidente che sono pero' portatori di dolorose storie
personali, dimostrano alla famiglia di Nebat che dalla malattia
mentale si puo' uscire. Fabio, Mirella, Ugo, Valeria, Marco e
altri, sotto il grande baobab, tradizionale luogo di raduno del
villaggio, raccontano le loro storie: chi e' perseguitato dalle
voci, chi ha fatto i conti con la depressione, chi fuggiva dalla
vita pensando al suicidio. Storie difficili narrate a viso aperto
anche nel film perche' la malattia mentale non e' qualcosa di cui
vergognarsi.
Svariati gruppi si sono recati a Muyeye durante i 6 mesi
necessari alla costruzione della scuola, da novembre 2009 a
giugno 2010, accompagnando in modo attivo il progetto stabilendo
rapporti di amicizia e di scambio con la popolazione del
villaggio. In Italia i vari gruppi di "Le parole ritrovate" si
sono impegnati per organizzare iniziative al fine di raccogliere
i 60mila euro necessari a terminare la costruzione della scuola.
Il documentario "Muyeye" racconta il tema della salute mentale in
modo positivo coinvolgendo in eventi e obiettivi comuni utenti,
cittadini, operatori e famigliari.
(WEl/ Dire)