(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 10 gen. - Nuovo passo avanti
nella lotta alla leucemia linfatica cronica, grazie alla
definizione di un nuovo e unico modello biologico in grado di
correlare micro-RNA, patogenesi e prognosi della malattia. La
fondamentale scoperta e' merito della collaborazione tra i gruppi
di ricerca di due universita' americane, l'Ohio State University
di Columbus (Ohio) e l'MD Anderson di Huston (Texas) e dell'Irst
di Meldola, coordinati da Muller Fabbri. I risultati dello studio
sono stati recentemente resi pubblici in un articolo edito dal
prestigioso giornale Jama. Tra gli autori, spicca come primo nome
proprio il nome di Fabbri, insignito, nel 2009, del prestigioso
"Kimmel Scholar Award" come miglior giovane ricercatore degli
Stati Uniti per i suoi studi sui micro-RNA.
E' ormai noto che nella leucemia linfatica cronica, la piu'
frequente nel mondo occidentale, alcune modificazioni genetiche,
ovvero le delezioni di parti di alcuni cromosomi, e la bassa o
alta espressione di un marcatore specifico, danno una prognosi
migliore o peggiore al paziente affetto dalla malattia. Fino ad
oggi, pero', non si aveva alcuna idea del perche'. Il lavoro dei
ricercatori coordinati da Fabbri da' una risposta a tale
interrogativo, mettendo a fuoco la correlazione tra miRNA,
patogenesi e prognosi della leucemia linfatica cronica a cellule
B (B-LLC). Nel nostro organismo troviamo molte molecole diverse,
ognuna con un compito specifico. Solo recentemente sono stati
scoperti i microRNA (miRNA), piccole molecole di RNA che si
comportano da regolatori del normale RNA responsabile della
trascrizione del DNA in proteine. Il ruolo dei miRNA e'
attualmente oggetto di intenso studio da parte del Laboratorio di
bioscenze dell'Irst di Meldola, dal momento che l'abnorme
produzione di queste piccole molecole e' coinvolta in diverse
malattie tra cui i tumori.
E' il caso, ad esempio, della leucemia linfatica cronica a
cellule B (B-LLC). I linfociti-B hanno un ruolo fondamentale di
difesa nel nostro organismo, in quanto chiamati a reagire in modo
specifico nei confronti di qualsiasi agente estraneo (o
antigene). Quando subiscono una trasformazione neoplastica,
pero', entrano in una fase di attivazione frustrata, nella quale
da una parte non riescono a procedere oltre, dall'altra non sono
quasi piu' in grado di morire, poiche', in virtu' di tale
trasformazione, risultano preservati dalla cosiddetta "morte
cellulare programmata". I danni di queste cellule sono
principalmente dovuti ad alcuni riarrangiamenti dei cromosomi -
in sostanza pezzi di cromosomi di un tipo si legano a pezzi di un
altro, ed altri cromosomi invece risultano avere dei pezzi
mancanti - che vanno ad alterare la funzione delle cellule
stesse. Fabbri e i suoi collaboratori hanno indagato tali
meccanismi, dimostrando, grazie alla definizione di un nuovo e
unico modello biologico, che le modificazioni genetiche e la
prognosi del paziente sono direttamente collegate attraverso un
percorso, regolato a livello molecolare, che coinvolge miRNA, il
gene p53 e il marcatore ZAP70. Tale modello e' stato testato
direttamente su linfociti-B vivi di malati affetti da leucemia
linfatica cronica seguiti all'Irst, osservando che funziona
realmente. Se si e' giunti a tale importante risultato, dunque,
e' grazie alla scelta, effettuata dall'istituto di Meldola, di
puntare sulla ricerca traslazionale e sull'inestricabile legame
fra quest'ultima, l'assistenza e la cura dei pazienti.
(Wel/ Dire)