(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 18 ott. - Pulizia uguale
salute: una regola che vale anche per le cellule. In uno studio
pubblicato sul "Journal of Cell Biology", Francesco Cecconi,
ricercatore Telethon presso l'IRCCS Fondazione Santa Lucia e
l'Universita' Tor Vergata di Roma, ha chiarito nuovi e importanti
aspetti sui meccanismi con cui le cellule si ripuliscono da
molecole tossiche. La scoperta fornisce non solo importanti
informazioni su un meccanismo molto conservato in natura, quello
dell'autofagia, ma suggerisce anche nuovi possibili bersagli
farmacologici. La "pulizia cellulare" ha infatti un ruolo molto
importante in patologie neurodegenerative, come le malattie di
Parkinson e Alzheimer, ma anche in malattie di origine genetica
come quelle da accumulo lisosomiale, la corea di Huntington e le
distrofie muscolari, nonche' in numerose forme di tumore.
Patologie molto diverse, ma accomunate dal fatto che materiali
cellulari danneggiati si accumulano progressivamente danneggiando
i tessuti. Poter regolare farmacologicamente i processi di
autofagia potrebbe, quindi, rivelarsi la mossa vincente per
proteggere le cellule e migliorare cosi' i sintomi nei malati.
Il meccanismo dell'autofagia - o autodigestione - e' noto gia'
dagli anni sessanta, ma c'e' ancora molto da scoprire sulle varie
molecole coinvolte e sul loro ruolo. In questo processo di
smaltimento dei rifiuti, le sostanze da eliminare (proteine
mutate, mitocondri danneggiati e altri materiali di scarto)
vengono inglobati in vescicole chiamate autofagosomi. Il
contenuto viene poi trasportato e rilasciato nei lisosomi,
organelli cellulari addetti alla degradazione vera e propria. Il
team di Francesco Cecconi, in collaborazione con altri
ricercatori dell'Istituto Lazzaro Spallanzani di Roma, ha preso
in considerazione una proteina chiamata dineina, che guida gli
spostamenti di materiali lungo i microtubuli, sorta di "binari"
presenti all'interno della cellula. I ricercatori hanno scoperto
che la regolazione di questo motore e' dovuto a una loro vecchia
conoscenza: la proteina AMBRA1, scoperta proprio da loro nel
2007, nota per essere un fattore cruciale nell'autofagia.
Mutazioni nel gene AMBRA1 portano infatti a un mancato sviluppo
del sistema nervoso e a morte embrionale. In particolare, lo
studio appena pubblicato dimostra come la dineina sia legata
direttamente ad AMBRA1 e che, quando il legame si scioglie,
quest'ultima avvia il trasporto delle vescicole autofagosomiche
verso il luogo di degradazione.
La rottura del legame e' mediata dall'azione di un'altra
proteina, la chinasi ULK1.
"In futuro contiamo di sviluppare delle piccole molecole -
spiega Cecconi - capaci di interagire con AMBRA1 e ULK1, cosi' da
modulare i meccanismi dell'autofagia in maniera 'dolce'. Esistono
gia' dei farmaci capaci di indurla, ma lo fanno in maniera troppo
prorompente e quindi dannosa per le cellule". Cosi' facendo, la
regolazione fine dell'autofagia potrebbe rivelarsi una strategia
terapeutica contro la neurodegenerazione priva di effetti
collaterali. "La nostra e' una ricerca di base - conclude il
ricercatore - ma, speriamo, stavolta di grande prospettiva
applicativa".
(Wel/ Dire)