SANITÀ. CANCRO CURATO IN RITARDO, DETENUTO IN FIN DI VITA
LA STORIA DI GRAZIANO, DETENUTO AL DUE PALAZZI DI PADOVA.
(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 11 ott. - Un anno di ritardo
nella diagnosi di un tumore ai polmoni che si e' via via espanso
fino a intaccare la spina dorsale e non essere piu' operabile:
non e' una storia di malasanita' come quelle cui ci sta abituando
la cronaca, e' la storia di un detenuto che, per le lungaggini
del sistema, si trova ad avere solo pochi anni di vita davanti a
se'. È la storia di Graziano, detenuto al Due Palazzi di Padova e
ora ricoverato in ospedale, colpito da un cancro che non gli
lascia scampo. È lui stesso a raccontare il suo calvario,
iniziato ormai un anno fa, con forti dolori e numerose richieste
di visite mediche.
"Ho cominciato a star male nel novembre del 2009, ma a quel
tempo non mi vennero fatte le analisi - ricorda Graziano -.
All'inizio mi furono somministrati degli antidolorifici, che
pero' a un certo punto mi furono anche sospesi perche'
evidentemente i medici ritennero che non ne avessi bisogno.
Quando finalmente mi fu prescritta una risonanza magnetica, mi
accompagnarono in ospedale il giorno sbagliato e l'appuntamento
salto'. Non venni piu' riportato a fare l'esame. Poi e' arrivato
il 24 agosto 2010, quando sono stato ricoverato perche' stavo
malissimo. Mi era gia' iniziata una paralisi alla spina dorsale,
ma nonostante fossi paralizzato mi hanno ammanettato".
La risonanza ha subito dimostrato la gravita' della situazione,
tanto che l'ingresso in sala operatoria e' stato immediato: "Il
tumore era partito dai polmoni e si era espanso - racconta ancora
-. Una parte della massa mi e' stata tolta durante l'operazione,
ma il resto non e' operabile perche' troppo esteso. Ora sono
sotto chemioterapia e la diagnosi parla di tre, quattro anni di
vita. Ho 48 anni. Durante questi mesi ho incontrato molte
difficolta' nel far capire al personale la gravita' dei miei
dolori. A un certo punto non riuscivo piu' a urinare ma mi venne
detto che erano disturbi dell'eta'. A 48 anni? Poi volevano farmi
la puntura per stimolare l'urina, ma il problema era diverso,
cioe' che l'urina c'era, ma non riuscivo a svuotare la vescica".
E ogni giorno la difficolta' era di convincere le persone che non
stava simulando: "Tra il personale medico c'e' il pregiudizio
della simulazione e questo impedisce di vedere i problemi veri e
rischia di far degenerare la situazione, come nel mio caso".
(Wel/ Dire)
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