(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 11 ott. - Ripensare
l'assistenza ai malati cronici a partire dalle esigenze di ogni
singolo paziente. È uno dei temi al centro del convegno "La
persona fragile e il suo caregiver: cure, assistenza o presa in
carico globale?", in programma domani, sabato 9 ottobre, presso
l'Auditorium Gaber della Regione Lombardia (piazza Duca D'Aosta,
Milano), dalle 9 alle 17.
L'incontro, organizzato dall'associazione "Medicina e persona",
il cui responsabile scientifico e' il dottor Mario Melazzini
(presidente di Aisla, ndr), affrontera' i temi dell'assistenza
alle persone affette da patologie croniche.
"Sempre di piu', la persona con patologie croniche vive una
situazione complessa: presenta una co-morbilita' (presenza di
piu' malattie) nonostante le quali, grazie alle conquiste della
medicina, oggi vive piu' a lungo -dice Michele Vitacca, tra gli
organizzatori del convegno, responsabile della divisione di
Pneumologia della fondazione Salvatore Maugeri di Lumezzane
(Bs)-. La vita quindi si e' allungata, ma insieme si e' allungato
il tempo in cui queste persone hanno bisogno di cura. Oltre alle
fragilita' cliniche, poi, ci sono anche le possibili fragilita'
sociali".
"Per questo -prosegue Vitacca- la persona dev'essere presa in
carico attraverso un sistema complesso di piu' discipline che si
sforzi di essere il piu' individuale possibile e cerchi di tarare
gli interventi sulle esigenze della singola persona e della sua
famiglia, tenendo conto anche di altri parametri, come il posto
in cui il paziente vive, con l'obiettivo di recuperare la
qualita' della vita e la partecipazione sociale della persona".
Tutto questo, pero', costa in termini di tempo e di assistenza a
tutti i soggetti coinvolti nella cura della persona: dalle
Regioni alle Asl, dagli ospedali ai pazienti e ai loro familiari.
"Dire che il luogo migliore per assistere i familiari e' il loro
domicilio e' vero, ma non e' una cosa da mitizzare -dice
Vitacca-, perche' non sempre e' facile trasportare i pazienti
dall'ospedale a casa e il caregiver, cioe' la persona di
riferimento per il paziente (spesso non un infermiere ma
piuttosto un familiare, un volontario o un badante) non e'
sufficientemente informato o preparato".
"I costi di queste cure, in termini umani e di tempo, sono
veramente molto importanti -continua Vitacca-: la realta' e' che
le famiglie sono molto spesso abbandonate, oltre al fatto che ci
sono anche famiglie che rifiutano di farsi aiutare. Bisognerebbe
tornare in qualche modo alle origini, puntando meno sulla
tecnologia e sull'emergenza e cercando di recuperare
l'accoglienza, l'ospitalita' e la carita'. È necessario -conclude
il medico- passare dalla prestazione sanitaria aggressiva e
tecnologizzata alla presa in carico, prima di tutto ascoltando di
piu' le necessita' del paziente, attuando il concetto di
sussidiarieta' della cura".
(Wel/ Dire)