(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 11 ott. - Individuare i bisogni
dei fratelli dei bambini disabili, che spesso manifestano
difficolta' relazionali e psicologiche: e' l'obiettivo dello
studio che l'Acp (Associazione culturale pediatri) ha proposto in
occasione del suo XXII Congresso nazionale. L'appuntamento,
incentrato quest'anno sul tema "Bambini... in mente", ha dedicato
un'attenzione particolare alla condizione dei cosiddetti
"siblings", spesso condannati ad essere dimenticati dal piani
d'intervento e dalle persone e dalle istituzioni che ruotano
intorno alla famiglia. Un ruolo fondamentale riveste, in questo
contesto, il pediatra di famiglia.
Secondo gli ultimi dati Istat, sono circa 2,6 milioni, in
Italia, le persone disabili con piu' di 6 anni che vivono in
famiglia, cioe' il 4,8% della popolazione italiana. Si calcola
che in un distretto di 100.000 abitanti ci siano circa 20 bambini
in queste condizioni. Un pediatra di famiglia con 800 assistiti
ha 3-4 pazienti con malattia genetica e/o disabilita' congenita
complessa.
"Gli interventi di supporto, centrati sul disabile, quasi mai
rispondono ai bisogni della famiglia, e non considerano quelli
dei fratelli", spiega Tommaso Montini, rappresentante di Acp
Campania e referente dello studio. "Per un efficace sostegno -
continua - e' piu' che mai necessario individuare 'fattori di
protezione' che siano mirati anche ai fratelli: operatori che
supportino la famiglia, che ne facilitino l'apertura ad altre
realta' sociali; interventi che permettano ai fratelli di creare
relazioni amicali con coetanei esterni (sport, scuola, ludoteche)
e ai genitori un operatore che accompagni il figlio con
disabilita' a scuola o al centro di riabilitazione o che lo aiuti
a lavarsi".
Non e' la prima volta che l'Acp affronta la questione: "Avevamo
gia' affrontato il tema dei fratelli e delle sorelle di un
bambino con disabilita' o colpito da una malattia cronica, che si
sono definiti essi stessi come gli 'sconosciuti' dentro la storia
della malattia o dell'handicap", commenta Paolo Siani, Presidente
dell'Acp nazionale. "Gia' nel 2005 l'associazione aveva segnalato
che gli studi si sono in gran parte dedicati all'impatto
dell'handicap sul bambino colpito e sui suoi genitori e il
vissuto della fratria e' stato pressoche' ignorato."
(Wel/ Dire)