(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 11 ott. - L'azione di malattie
o procedure chirurgiche di asportazione sul fegato attiva un
esercito di cellule staminali. Tali cellule partono dal midollo
osseo ed arrivano in tale organo, sostengono, potenziando o
riattivando il suo processo autorigenerativo.
E' lo scenario descritto da una ricerca dell'Universita'
Cattolica del Sacro Cuore e del Policlinico Agostino Gemelli
(Roma), diretta dai professori Antonio Gasbarrini, Gennaro Nuzzo
e Felice Giuliante e pubblicata su "Digestive and Liver Disease".
Gli studiosi hanno scoperto come il fegato possegga di per se'
una riserva di cellule staminali rigeneranti, ma esse si attivano
solo se il tessuto e' sano o non troppo danneggiato da cirrosi o
cancro. Tale situazione obbliga i medici quando ipotizzano una
resezione epatica a valutare costi e benefici dell'intervento.
Allora, se la porzione di fegato e' troppo ampia, il paziente non
si opera e viene inserito nella lista trapianto.
Il lavoro della squadra del Sacro cuore cambia la situazione.
Come i ricercatori fanno notare, puo' attivarsi un meccanismo di
salvataggio. Il sistema fa si' che il midollo osseo (fabbrica
delle staminali del sangue) invii delle cellule di rinforzo, in
grado di effettuare riparazione altrimenti impossibili.
Prossimo obiettivo degli studiosi e' quindi cercare un modo per
gestire artificialmente tale processo.
Conclude infatti Gasbarrini: "La scoperta e' importante,
'perche'' indica la via verso nuove terapie per stimolare il
processo naturale di riparazione del fegato assistito dalle
cellule staminali del midollo osseo: attraverso fattori di
crescita, per esempio, si potrebbe intensificare il lavoro delle
staminali del midollo e quindi ottenere la riparazione di un
fegato molto compromesso che da solo non ce la fa a ricrescere''
(Wel/ Dire)