"DIARIO DI UN ADDIO" DI SCARNERA: LA 'CONDIZIONE DI VITA SOSPESA'
(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 7 ott. - Cinque anni accanto al
padre in coma, in bianche stanze d'ospedale. Con un taccuino
sempre a portata di mano per disegnare i volti, le attese, i
silenzi: quella condizione di "vita sospesa" che, oltre al
malato, finisce per coinvolgere familiari e amici. È questa la
difficile, delicata materia di "Diario di un addio", il graphic
novel d'esordio di Pietro Scarnera, giovane autore di fumetti
vincitore del Premio Komikazen, bolognese d'adozione, che dalla
sua esperienza di figlio di un paziente ha tratto un libro di
parole e immagini: quei disegni nati in ospedale, forse per
esorcizzare incertezze, angosce e paure, hanno preso la forma di
un racconto autobiografico. Per spiegare agli altri che cosa
significa davvero avere un familiare in coma. Il libro sara'
presentato venerdi' 8 ottobre alle 19 a Ravenna durante il
Festival Komikazen.
Non ci sono mezze misure. Delle persone in stato vegetativo, in
Italia, si parla poco, oppure molto ma spesso a sproposito.
Accade quando si accendono brevemente i riflettori su un "caso":
l'ultima volta, un anno e mezzo fa, per Eluana Englaro. Intorno
al suo corpo, alla battaglia di suo padre Beppino per sospendere
l'alimentazione forzata, si sono spesi fiumi di parole e
polemiche. Sull'autodeterminazione del proprio destino, sui
confini tra vita e morte. Poi naturalmente, morta Eluana e
svanita l'occasione mediatica, e' calato di nuovo il silenzio. E
i familiari delle persone in stato vegetativo sono rimasti, come
prima, abbandonati a se stessi.
Il fumetto di Scarnera, forse mosso anche dal caso Englaro,
rompe questo silenzio intorno al dramma nascosto di almeno 2.500
famiglie in Italia. Ma lo fa senza proclami. Raccontando il
proprio vissuto, l'autore si guarda bene dal prendere una parte
nel dibattito. Non vuole gridare o convincere, ma solo raccontare
un'esperienza. Fatta di attese, incubi e paure, dubbi e deboli
speranze. Dei sentimenti di chi ha visto scomparire una persona
amata, eppure continua ad averla sotto gli occhi ogni giorno. È
materiale intimo e delicato. Come il tono della narrazione, con
le tenui bicromie e i grandi spazi bianchi dei reparti di
rianimazione dove si svolge gran parte della storia. Il libro
ospita anche due interventi di Beppino Englaro e Fulvio De
Nigris, fondatore della Casa dei risvegli di Bologna e direttore
del Centro studi per la ricerca sul coma. Il 7 ottobre a Bologna
c'e' la dodicesima edizione della Giornata dei risvegli
organizzata dall'associazione "Gli amici di Luca", una giornata
di riflessione sul coma che terminera' con lo spettacolo di
Alessandro Bergonzoni "Serata dedicata a chi" al Teatro delle
Celebrazioni.
Alle parole che non bastano mai, per attraversare i territori
del dolore e della perdita, il racconto a fumetti aggiunge il
disegno. Che in questo diario serve a tanti scopi. Prima di tutto
a farci vedere la realta' di chi e' in coma e dei luoghi di cura:
le macchine per nutrirsi e la tracheostomia, le piaghe, i
cateteri e il lento decadere del corpo, i tremori e i movimenti
degli occhi che fanno restare gli altri aggrappati alla speranza
di un improbabile risveglio. Scarnera disegna tutto, senza sconti
ne' astrazioni: con tratto fine e stilizzato, non realistico, ma
non per questo meno preciso. Ma soprattutto il disegno, la
narrazione per immagini, e' il suo modo per esorcizzare la paura
e il senso di impotenza di un figlio davanti al padre malato. Ed
e' anche un modo per ricostruire l'immagine del padre stesso che
il coma ha mandato in pezzi. È la memoria di un uomo che ritorna
intera e viva, fissata con carta e matita, al termine di questo
graphic novel che e' in fondo un percorso di ricerca. Dice
Lorenzo Mattotti, un maestro del graphic novel contemporaneo, che
una delle sfide del buon fumetto e' riuscire a raccontare gli
itinerari interiori. Non le azioni ma la contemplazione, i
sentimenti, le emozioni e le cose impalpabili. Una scommessa
vinta poche volte: di sicuro il piccolo, intenso "Diario di un
addio" e' una di queste.
(Wel/ Dire)