È IL PRINCIPALE SOSTEGNO PER MOLTE FAMIGLIE, MA NON BASTA.
(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 4 nov. - In Italia vivono 2
milioni e 240 mila persone non autosufficienti. È la stima del
Network non autosufficienza (Nna), riunito oggi e domani a
Bologna per la seconda edizione del Forum sulla non
autosufficienza. E la cifra e' destinata ad aumentare nei
prossimi anni, tanto da contare nel 2025 due milioni di anziani
non autosufficienti in piu'. Questa fetta di popolazione,
composta da anziani e persone con disabilita', deve fare i conti
con i continui tagli al welfare e ora anche con la crisi
economica. "Negli ultimi dieci anni il sistema e' rimasto in
piedi grazie al ricorso alle badanti e soprattutto all'indennita'
di accompagnamento", spiega Cristiano Gori, sociologo alla
Bicocca di Milano e all'Istituto per la ricerca sociale. La spesa
per l'indennita' e' raddoppiata nel giro di 10 anni: se nel 2002
le risorse ad essa destinate consistevano in circa 7,5 miliardi
di euro, nel 2010 l'Inps ne ha preventivati 12,5 miliardi (di
cui, secondo le stime del Nna, quasi 11 miliardi per anziani non
autosufficienti).
"L'accompagnamento ha preso il posto della pensione
d'invalidita' - continua Gori -, anche perche' i criteri per
accedervi sono meno rigorosi. E come l'invalidita', anche
l'accompagnamento e' diventato una politica 'nascosta' di
contrasto alla poverta'". In assenza di una vera politica contro
la poverta', e' il ragionamento del sociologo, l'accompagnamento
e' diventato il principale sostegno di chi si trova in
difficolta'. Lo conferma il fatto che nelle regioni del sud le
indennita' sono molto piu' numerose, segno che sull'indennita'
fanno affidamento non solo i non autsufficienti ma i poveri in
generale. "Ma per le persone non autosufficienti un assegno
mensile di 480 euro non basta, e manca soprattutto l'informazione
e l'orientamento, in altre parole qualcuno a cui chiedere". Il
risultato? Cresce la spesa pubblica ma non diminuisce la
solitudine delle famiglie. "Si continua a pensare di risolvere il
problema distribuendo soldi - spiega Gori - ma nel frattempo gli
anziani vengono rimossi dall'agenda politica: parlare dei loro
problemi non crea consenso, perche' nessuno vuole pensare a come
sara' a 80 anni".
Ancora piu' grave secondo il sociologo l'atteggiamento nei
confronti dei disabili: "Proporre di abbassare la percentuale
d'invalidita' significa usarli come caprio espiatorio".
Su molti versanti l'Italia e' indietro nelle classifiche
europee: terz'ultima per numero di posti letto per anziani, fra
gli unici tre paesi dell'Europa a 27 a non disporre di un piano
contro la poverta', l'Italia continua a delegare l'assistenza
alla famiglia e alla societa' civile. Il Forum fa il punto anche
sullo stato dei servizi per la non autosufficienza, da quelli
residenziali a quelli domiciliari. Per quanto riguarda
l'assistenza domiciliare integrata (Adi), in particolare, negli
ultimi anni e' cresciuta la copertura: nel 2001 il servizio
raggiungeva in media l'1,9% degli anziani italiani, mentre oggi
l'utenza e' cresciuta al 3,3%. Allo stesso tempo pero' sono
diminuite le ore di assistenza (da 26 a 22). "Significa che i
servizi offerti sono sempre piu' semplici e limitati nel tempo -
spiega la sociologa Georgia Casanova -: non a caso nel 68% dei
casi le prestazioni sono di tipo infermieristico. Ma per gli
utenti piu' gravi, come nel caso della disabilita' e delle
demenze, l'assistenza domiciliare non riesce a dare risposte".
L'abbassamento della qualita' dei servizi riguarda anche le
strutture residenziali. "Nonostante negli ultimi anni il numero
degli accessi non sia cresciuto (ma lo fara' nel prossimo futuro)
- spiega Enrico Brizioli dell'Istituto Santo Stefano -, il
sistema e' sotto pressione sia per le difficolta' delle famiglie
a pagare le rette, che in media sono di 1.500 euro al mese, sia
per i tagli al welfare". Preoccupa in particolare una circolare
del ministero che impedisce alle regioni di coprire piu' del 50%
della retta. "A questo le regioni stanno reagendo in modi diversi
- continua Brizioli -: alcune riducono le tariffe, altre riducono
gli standard di assistenza, altre mettono in atto un downgrading
dell'assistenza, collocando i pazienti in strutture non adatte
alla loro situazione".
(Wel/ Dire)