(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 4 mag. - In un bambino di otto
anni che soffre di esostosi multipla, una malformazione
scheletrica grave, la malattia inizia ad "attaccare" in modo
particolarmente aggressivo le costole, con rischio di gravi
problemi respiratori e compromissione di organi a partire dal
fegato. I medici di Reggio Emilia che lo seguono decidono,
quindi, di rivolgersi all'ospedale Rizzoli di Bologna, dove il
piccolo paziente viene visitato e, a seguito della valutazione
degli specialisti, operato: il problema acuto delle esostosi alle
costole e' risolto. Il bambino continuera' a essere seguito, per
la malattia scheletrica rara ad oggi inguaribile, a Reggio
Emilia, vicino a casa e con continuita' nelle cure, con la
possibilita' di avere nuovamente assistenza al Rizzoli in caso di
ulteriori complicazioni. Il caso e' tra quelli che hanno
"inaugurato" la rete emiliano-romagnola delle malattie rare
scheletriche, attivata con l'obiettivo di dare una risposta
efficace alle persone con malattie rare dell'apparato
muscolo-scheletrico. In ogni provincia e' presente un nodo
periferico (spoke), pediatrie, ortopedie, fisioterapie
opportunamente formate, mentre il nodo centrale (hub) e'
costituito dal Centro per le malattie rare scheletriche
dell'Istituto ortopedico Rizzoli, integrato con le funzioni di
pediatria del Policlinico S.Orsola-Malpighi e con l'Ospedale
Bellaria per la neurochirurgia infantile. Il modello "Hub&spoke"
fa si' che gli ospedali del territorio di tutta la regione, a cui
normalmente si rivolgono i cittadini, siano collegati
direttamente a un centro di alta specialita' per riuscire a fare
la diagnosi di una malattia rara e in seguito per curarla nel
modo migliore possibile.
Oltre al contatto diretto, la rete assicura ai sanitari la
formazione necessaria per occuparsi di questa complessa e
amplissima famiglia di malattie. "Sono oltre 400 le malattie rare
scheletriche oggi conosciute - spiega Luca Sangiorgi,
responsabile del Centro per le malattie rare scheletriche
dell'ospedale bolegnese - Alcune colpiscono centinaia di persone,
altre poche unita'. Riconoscerle e curarle e' dunque ancora molto
complicato e non esiste una formazione standardizzata che
consenta di acquisire tutte le competenze necessarie. Per questo
dobbiamo ricorrere a qualcosa di diverso dal classico congresso
scientifico per arrivare a colmare le carenze formative che
potrebbero limitare l'efficacia della nostra assistenza ai
malati."
(Wel/ Dire)