(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 4 mag. - Dopo tredici anni di
lavoro all'interno della stessa impresa, Luca (il nome e' di
fantasia, ma la storia e' vera) si e' tristemente reso conto a
sue spese che ammalarsi puo' compromettere un'intera carriera
lavorativa. E che i proprietari dell'azienda - anche quando sono
sempre stati gentili e disponibili se non addirittura degli amici
- possono decidere che l'unico metro che conta nei rapporti di
lavoro e' quello del profitto. Luca, tornitore trentanovenne
romano, e' uno dei tanti lavoratori con disabilita' che si e'
rivolto allo sportello H della Cgil di Roma e del Lazio.
I problemi sono cominciati nel 2003 quando a Luca e' stata
diagnosticata la sclerosi multipla. All'inizio non e' cambiato
nulla, ma con il passare del tempo i primi effetti della malattia
hanno cominciato a farsi sentire. E da un anno mezzo circa ha
cominciato a dover seguire alcune accortezze. "Ora non posso fare
piu' gli sforzi di una volta, mi affatico piu' facilmente e
risento sia del freddo che del caldo", racconta. Insomma, non e'
che Luca non possa piu' fare il tornitore, ma ha bisogno di stare
piu' attento e, secondo il parere dello stesso medico del lavoro,
deve effettuare una pausa di dieci minuti ogni ora. Risultato?
"Siccome non riuscivo piu' a lavorare come prima, il datore di
lavoro mi ha chiesto in modo chiaro di andarmene".
E per dare maggiore forza alla richiesta ha invocato la crisi
che, si sa, sta colpendo le piccole imprese come la sua dove
lavorano appena sette dipendenti. Ma c'e' di piu': il datore di
lavoro ha prospettato anche chiusura delle azienda. "Pero' nel
frattempo l'impresa non chiude, e questo mi fa pensare che il
problema sono io".
Il problema forse e' un altro: Luca e' uno che e' stato sempre
abituato a lavorare sodo. Ha conosciuto il suo datore di lavoro
venti anni fa, quando lavoravano insieme in un'altra impresa. Nel
momento in cui questo ha deciso di aprire un'attivita' autonoma,
ha deciso di seguirlo. "Non ci sono mai state tensioni- prosegue-
Potevo lavorare anche dieci ore al giorno, e anche il sabato
quando serviva. Ma per me era normale, ed ero contento del mio
lavoro". È come se l'amicizia, la lealta', l'impegno degli anni
passati ora non valessero piu' nulla: "Mi fanno sentire un peso,
mi trattano come se fosse colpa mia. Pensavo che fossimo amici e
che mi sarebbero stati vicini, e ora mi sento abbandonato".
(Wel/ Dire)