(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 18 giu. - L'accoglienza degli
immigrati nei servizi sanitari e la presenza di strutture a loro
dedicate e' ancora a macchia di leopardo nel nostro paese. Da una
parte si distinguono regioni particolarmente virtuosa, mentre
dall'altra si assiste a un vuoto di assistenza. Lo ha
sottolineato Giovanna De Giacomi, dell'A.ge.nas (l'Agenzia
nazionale per i servizi sanitari regionali), intervenendo questa
mattina a Roma al convegno "Immigrazione e promozione della
salute. Sfide, opportunita' e strategie per il cambiamento",
organizzato dallo studio Come.
"C'e' una difformita' sostanziale nel modello di emanazione dei
servizi sanitari- ha detto-. In molte regioni le iniziative
vengono lasciate alle singole Asl. Si parla molto dei problemi
dei migranti ma spesso in maniera strumentale e a volte
vessatoria. Mentre le istituzioni restano chiuse e lasciano da
soli i singoli. È, invece, necessario omogeneizzare i servizi:
non possono esserci disparita' cosi' evidenti tra chi abita in
Calabria e chi in Veneto, anche perche' sarebbe un valore
aggiunto per tutti, vorrebbe dire cioe' migliorare il servizio
anche per gli italiani".
In particolare sono 14 le regioni in cui sono presenti gli
ambulatori stp (per stranieri temporaneamente presenti), in 6
regioni tali strutture sono in convenzione, mentre gli ambulatori
di volontariato esistono solo in tre regioni. "Da queste regioni
dobbiamo ormai escludere il Veneto- continua Giacomi- in cui e'
stato fatto un gioco al massacro in campagna elettorale e sono
stati chiusi gli ambulatori stp". In termini di costi, aggiunge
Giacomi, non si puo' dire che la spesa sanitaria degli immigrati
sia particolarmente gravosa per lo Stato italiano. Per la salute
degli stranieri si sono spesi, infatti, nel 2007 71 milioni di
euro a fronte dei 27 miliardi spesi per gli italiani. "Bisogna
inoltre ricordare che la popolazione immigrata e' giovane e sana
nella maggior parte dei casi, perche' viene qui per lavorare-
continua- la domanda e i costiin termini di sanita' sono percio'
limitati". Le principali cause dei ricoveri tra gli immigrati
sono legate alla salute riproduttiva o alla mancanza di
prevenzione. "Rispetto alle malattie, poi, e' in lieve crescita
l'hiv, mentre piu' alto e' l'incremento della tubercolosi-
aggiunge- che prendono pero' in Italia si tratta, infatti, di una
malattia di poverta'".
Nel corso del convegno sono state, poi, presentate alcune buone
prassi legate alla salute degli stranieri, messe in atto in
alcune regioni. Tra queste il progetto "Mum Health" della regione
Toscana, nato con l'obiettivo di promuovere la consapevolezza
delle donne straniere rispetto ai diritti di salute e assistenza
di qualita'. "Nel 2006 l'assessorato regionale alla sanita' ci ha
convocato perche' preoccupato per l'alta incidenza delle
interruzione di gravidanza tra le donne immigrate- racconta
Elisabetta Gonfaloni, responsabile del progetto-. Noi abbiamo
elaborando un progetto finalizzato in maniera globale
sull'accesso delle popolazioni migranti al servizio sanitario".
Anche nel Lazio il progetto portato avanti dall'Agenzia di
sanita' pubblica ha visto coinvolta la popolazione femminile
straniera attraverso un progetto di promozione del programma di
screening citologico. "Nel portare avanti la nostra iniziativa-
ha detto Barbara Giordani- ci siamo resi conto di quanto sia
importante coinvolgere i leader delle comunita' straniere,
tramite loro e' piu' facile promuovere una cultura della
prevenzione". Tra le eccellenze spicca anche l'ospedale San
Camillo Forlanini, per l'utilizzo della mediazione culturale come
strumento di lotta alle discriminazioni.
(Wel/ Dire)