SANITÀ, ACCESSO A STRUTTURE, PER GLI IMMIGRATI È IL 14% IN MENO
RICERCA DELLO STUDIO COME.
(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 16 giu. - Ancora troppo bassi i
livelli di accesso alla salute dei cittadini stranieri nel nostro
paese. Gli immigrati si rivolgono, infatti, ai servizi sanitari
meno degli italiani e lo fanno soprattutto in casi di emergenza.
L'accesso alle strutture e' il 14% in meno rispetto agli
italiani, sui servizi ospedalieri, invece, la differenza e' quasi
nulla anche se il 66% degli stranieri utilizza in particolare i
servizi di emergenza, cioe' ricorre all'ospedale solo quando sta
molto male. Lo rivela la ricerca realizzata dallo studio Come,
all'interno del progetto europeo "Healty inclusion" (che vede
coinvolti otto paesi) e presentata questa mattina a Roma durante
il convegno "Immigrazione e promozione della salute. Sfide,
opportunita' e strategie per il cambiamento".
Dall'indagine emerge che nell'uso dei servizi sanitari resta
alta per le popolazioni immigrate la centralita' degli ospedali,
per scarsa informazione o resistenza culturale, ma anche perche'
e' ancora poco sviluppata la rete territoriale dei servizi.Nel
caso delle donne, per esempio i tassi di ricovero sono piu' alti
tra le straniere rispetto alle italiane. Questo perche' si arriva
al ricovero spesso in extremis, mentre manca quasi totalmente la
cultura della prevenzione. Alti sono, poi, i numeri legati
all'interruzione della gravidanza per le immigrate: la media e'
di 63,7 su mille, rispetto a quella italiana di 7, 3 donne su
1000. Per quanto riguarda la prevenzione i dati aumentano ancora,
per esempio il pap test viene eseguito dal 71% delle italiane e
dal 50% delle straniere, una percentuale che scende al 42% nel
caso in cui le donne abbiano un titolo di studio basso.
L'istruzione, costituisce, infatti una variabile fondamentale
nell'accesso ai servizi: le straniere che hanno un titolo di
studio alto si rivolgono ai servizi sanitari il 29% in piu' ( per
le italiane la percentuale e' del 19%).
"Per gli immigrati la percezione della propria salute e' legata
fortemente al fatto di poter vivere normalmente ed essere
inserito nel contesto sociale di riferimento- sottolinea Patrizia
Di Santo, responsabile del progetto-. In questo la variabile del
lavoro e' centrale: la salute e' connaturata alla possibilita' di
lavorare, guadagnare, vivere bene e dunque integrarsi". Secondo
Di Santo inoltre la ricerca ha evidenziato come sia necessario
lavorare sull'accoglienza nelle strutture sanitarie, non solo
attraverso l'inserimento di mediatori culturali, ma fornendo a
tutti gli operatori una formazione interculturale adeguata. Dalla
parte degli utenti invece, quasi tutti i cittadini stranieri
intervistati, sottolineano la necessita' di avere informazioni
semplici di base tradotte in tutte le lingue. "La salute e'
vissuta dagli stranieri come eccezione, non diviene quindi
oggetto di attenzione se non nell'emergenza - aggiunge Chiara
Chiarolanza docente di Psicologia di comunita' all'universita' La
Sapienza di Roma-. Promuovere la salute deve tenere conto di
questo paradigma. C'e' bisogno di piu' accoglienza degli
stranieri nei servizi, perche' anche la salute e' uno strumento
di integrazione".
(Wel/ Dire)
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