ENTRO 2025 ANDRANNO IN PENSIONE 3 SU 4, E MANCANO I NEOLAUREATI.
(DIRE - NOtiziario Sanita') Bologna, 11 giu. - Un futuro
(prossimo) senza medici di famiglia. Molto piu' che un'ipotesi
pessimistica, almeno secondo lo studio condotto dal Centro studi
Snami (sindacato nazionale autonomo dei medici italiani) di
Bologna, ma una vera e propria realta' confortata dai dati.
Secondo l'analisi condotta nel corso degli ultimi mesi dalla
dottoressa Giannina Raggiotto e presentata oggi nel capoluogo
emiliano alla stampa, infatti, gia' oggi i medici di famiglia
rappresentano soltanto il 13% del totale dei camici bianchi, con
46.478 presenze su 332.834. Di questi, oltre il 70% ha piu' di 50
anni e vede quindi avvicinarsi sempre di piu' l'agognato
traguardo della pensione. Nei prossimi 15 anni, quindi, sempre
secondo lo studio dello Snami, basato su dati dell'ente
previdenziale medico (Enpam), per tre medici di base su quattro
scattera' il momento di appendere il camice al chiodo. Numeri
impressionanti, soprattutto se messi in relazione con quelli dei
giovani neolaureati in medicina e chirurgia, che in Italia e'
ormai costante da qualche anno, in media 6.688 ogni 12 mesi con
una fetta sempre piu' limitata di quelli che scelgono la strada
della medicina di base, e assolutamente non in grado di garantire
il ricambio generazionale. Il tutto, in un paese sempre piu'
'vecchio' e' percio' sempre piu' bisognoso di cure mediche, con
un'aspettativa di vita in costante crescita e che attualmente
raggiunge i 78 anni per gli uomini e gli 84 per le donne.
Ma cosa accadra' se il numero dei medici di base si ridurra' in
maniera cosi' drastica? "Verra' a mancare un punto di riferimento
per il paziente- spiega Raggiotto- e un collettore tra i vari
specialisti, per non parlare di tutti i progetti come ad esempio
quelli per il diabete e lo scompenso cardiaco che andranno
letteralmente in fumo".
La soluzione? "Aumentare il rapporto tra laureati e
immatricolati- prosegue la dottoressa- e valorizzare la
professione in base al merito usando meccanismi incentivanti. A
questo, devono aggiungersi maggiori garanzie e tutele, le stesse
dei medici che lavorano in ospedale".
(Wel/ Dire)