UNA SU DIECI NE SOFFRE, PIÙ ATTENZIONE PER EVITARE OMICIDI
(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 4 giu. - "Alla luce del recente
fatto di cronaca che ha visto una giovane madre di Passo Corese
(Rieti) uccidere il proprio figlio di pochi mesi proponiamo al
ministro della Salute, Ferruccio Fazio, di applicare la procedura
del Tso (Trattamento sanitario obbligatorio) extraospedaliero per
le donne affette da depressione post partum, a rischio di
infanticidio". A scriverlo sono il professor Giorgio Vittori,
presidente della Sigo (Societa' italiana di ginecologia e
ostetricia) e il dottor Antonio Picano, presidente
dell'Associazione strade onlus e responsabile del progetto
Rebecca per la prevenzione e il trattamento della depressione in
gravidanza e nel puerperio.
Secondo i due dottori, "questa procedura consente di adottare
limitazioni della liberta' personale per ragioni di cura,
all'interno dell'abitazione del paziente. Un'equipe specializzata
potrebbe occuparsi continuativamente 24 ore su 24 delle donne con
comportamenti potenzialmente omicidi, tutelando cosi' in maniera
efficace sia la madre che il figlio. La depressione post partum-
ha continuato Vittori- si puo' prevenire e i ginecologi italiani
sono impegnati da tempo per diventare 'sentinelle'".
Per gli specialisti i campanelli d'allarme ci sono. Al primo
posto si trovano episodi di ansia o depressione durante la
gravidanza o una storia personale o familiare di depressione
(81%). A seguire, precedenti casi di depressione post partum
(78%), isolamento e condizioni socioeconomiche svantaggiate (63%)
e problemi con il partner (58%). I casi che richiederebbero un
provvedimento di Tso extraospedaliero possono essere valutati,
secondo Strade onlus, in circa 1.000 interventi per anno. La
depressione post partum colpisce, secondo la letteratura
scientifica circa il 10% delle donne, da 50.000 a 75.000 neomamme
l'anno nel nostro Paese, con un costo sociale valutato in circa
500 milioni di euro in 12 mesi.
"Nonostante questi dati- ha detto Vittori- il rischio di
sviluppare depressione viene valutato di routine solo dal 30% dai
ginecologi durante gli incontri pre parto. Dopo, solo nel 45%
delle strutture e' previsto un monitoraggio delle mamme 'a
rischio'. E il tempo dedicato all'informazione prima della
dimissione e' inadeguato per il 72% dei ginecologi".
Questi dati sono stati raccolti dalla Sigo nel corso di
un'indagine promossa fra i propri soci. Su questa base, la
Societa' scientifica ha attivato, gia' nel 2008, "Non lasciamole
sole", una campagna nazionale con l'obiettivo di costruire una
rete di protezione per tutelare soprattutto le donne piu' fragili.
Il progetto della Sigo ha coinvolto piu' specialisti: se il
ginecologo si afferma come prima figura di riferimento (molto
importante per il 63%), rivestono un ruolo chiave anche lo
psicologo (59%), l'ostetrica (52%), il medico di famiglia (30%) e
il pediatra (24%).
"Alla prevenzione deve pero' immediatamente seguire una presa
in carico del problema da parte dei singoli professionisti, un
concreto impegno delle autorita' nazionali e locali, anche dal
punto di vista organizzativo-gestionale e una stretta
collaborazione con le donne e i loro familiari- ha spiegato
Vittori- senza esitare. È questa infatti la chiave di volta per
evitare che si ripetano episodi drammatici, purtroppo troppo
frequenti, che segnano per sempre la vita di chi li subisce. La
donna affetta da depressione post partum non puo' essere trattata
come una qualsiasi criminale- ha aggiunto Picano - l'impulso di
eliminare il proprio figlio e' purtroppo un sintomo tipico e ben
conosciuto. Si tratta di una forza estranea alla volonta' della
persona contro la quale la donna depressa lotta strenuamente e
di cui si vergogna profondamente. Non puo' comunicare a nessuno i
suoi pensieri, in particolare al marito, ma anche la mamma o la
sorella vengono tenute all'oscuro di questo dramma. Oggi non
esiste una protezione reale per il bambino e per la donna. Non
basta infatti come per la mamma di Passo Corese, ottenere una
corretta diagnosi e una terapia farmacologica per salvare un
bambino dalla defenestrazione e una donna dal dramma e dal
carcere- ha concluso Picano- sono necessarie delle attenzioni
particolari per la paziente che ha una condizione a rischio e il
bambino deve essere tutelato esplicitamente".
(Wel/ Dire)