GRUPPO INTERNAZIONALE COORDINATO DA BIOFISICO ITALIANO.
(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 21 gen. - Sulla rivista
scientifica americana 'Proceedings of the National Academy of
Sciences' (Pnas), un gruppo di ricerca internazionale coordinato
da Cristian Micheletti, biofisico della Sissa di Trieste, fa luce
su una questione finora irrisolta relativa all'organizzazione
spaziale del Dna virale, e presenta risultati che possono aprire
la strada a futuri sviluppi in campo biomedico. I ricercatori
della Sissa, infatti, spiegano come i virus riescano a iniettare
il proprio Dna, e a essere cosi' infettivi, nonostante la
presenza di numerosi nodi distribuiti lungo l'intero filamento
del Dna.
Il team di ricerca - tra cui gli italiani Enzo Orlandini
(Universita' di Padova), Davide Marenduzzo (Edimburgo), Luca
Tubiana e Cristian Micheletti (Sissa), oltre a ricercatori di
Losanna e della Florida State University - ha chiarito come i
nodi presenti nel Dna impacchettato siano distribuiti su una
grande porzione del filamento e ha verificato che il Dna puo'
agevolmente uscire dal capside senza rimanere bloccato dal
canale, perche' tali nodi si sciolgono naturalmente. "Proprio per
questo- commenta Micheletti- riuscendo a intervenire sul
filamento del Dna al fine di generare nodi molto complessi, non
in grado cioe' di sciogliersi naturalmente, si potrebbe impedire
al virus di rilasciare il proprio Dna nella cellula ospite,
rendendolo cosi' non infettivo".
Il Dna di tutti gli organismi, infatti, e' soggetto a un
immenso confinamento spaziale, detto impacchettamento. Si
consideri, per esempio, che il nucleo di ogni cellula umana, dal
diametro di circa un centesimo di millimetro, racchiude filamenti
di Dna che distesi raggiungerebbero due metri di lunghezza. Molti
degli aspetti che riguardano come il Dna sia impacchettato sono
ancora ignoti, in quanto avvengono su scale spaziali
inaccessibili all'indagine sperimentale diretta. Questo e' vero
non solo per il caso complesso del Dna umano, ma anche per quello
dei batteri e dei virus. Micheletti e colleghi hanno dimostrato,
grazie alle simulazioni al computer, che questi nodi non
costituiscono un ostacolo al rilascio da parte del virus del
proprio Dna perche', contrariamente a quanto si riteneva finora,
non si tratta di nodi "stretti" ma di nodi distribuiti lungo
l'intero filamento e si sciolgono naturalmente durante il
rilascio. Questa ricerca contribuisce a comprendere le modalita'
di impacchettamento del Dna virale: i pezzetti di Dna, infatti,
all'interno del capside tendono a formare delle pile di piani,
con ciascun piano leggermente ruotato rispetto al precedente.
"I segmenti di Dna, cioe', messi a stretto contatto non sono
indifferenti al reciproco orientamento spaziale, ma tendono a
disporsi in modo quasi parallelo, formando un piccolo, ben
preciso angolo", spiega Micheletti. L'aggiunta di questo
ingrediente ha modificato radicalmente i risultati delle
simulazioni di impacchettamento. Infatti, i ricercatori hanno
ottenuto configurazioni con il corretto grado di distribuzione
del filamento, come osservato con potenti tecniche sperimentali
di cryo-electron microscopy, e con la corretta proporzione delle
varie tipologie di nodi.
(Wel/ Dire)