SANITÀ. FORLÌ, BUFERA AUSL: DOPO IL BUCO, LA CORTE DEI CONTI
ESAMI VIETATI PER PRIVATI ACCREDITATI, ANCHE MAZZONI A PROCESSO.
(DIRE - Notiziario Sanita') Bologna, 16 feb. - Prestazioni
pubbliche per quello stesso privato accreditato che doveva
svolgerle autonomamente al posto dell'azienda sanitaria. Non
bastava il buco di 60 milioni di euro, che ha portato
all'avvicendamento del direttore generale Claudio Mazzoni. Ora
emerge che i vertici dell'Ausl di Forli' tra il 2001 e il 2005
(Mazzoni compreso) sono anche nel mirino della Procura della
Corte dei conti dell'Emilia-Romagna, che contesta un danno
erariale di 429 mila euro. In quegli anni l'azienda sanitaria, e'
la tesi dell'accusa, ha praticamente 'affittato' il proprio
laboratorio di Anatomia patologica (e anche i medici e i biologi
che vi lavoravano) per eseguire esami di laboratorio e altre
analisi diagnostiche per conto di due case di cura private, Villa
Serena e Villa Igea, che invece avrebbero dovuto provvedervi
autonomamente. L'Ausl lo ha fatto in base a contratti firmati
annualmente dai propri vertici. Per questo servizio e' stata
pagata e ha girato la maggior parte dei guadagni ai sanitari
(propri dipendenti) che hanno lavorato alle analisi in regime di
libera professione.
Ma tutto cio', secondo la Procura contabile, e' contrario alla
legge (i sanitari dipendenti dal servizio pubblico non possono
lavorare e neanche collaborare, come liberi professionisti, con
le strutture accreditate) e ha causato, ne e' certo il pm
contabile Paolo Novelli, un danno erariale alle casse dell'Ausl e
del servizio sanitario nazionale per oltre 429.000 euro. A
processo, a dicembre scorso, sono finiti i vertici che ressero
l'Ausl in quegli anni e i dirigenti che diedero parere favorevole
a quei contratti: Lino Nardozzi, Sandro Casoli, l'ex direttore
generale Claudio Mazzoni, Carlo Adamczyk, Francesco Soldati e
Lucio Boattini.
Il danno erariale che dovrebbero risarcire e' quantificato in
base alle 'indennita' di esclusivita'' che l'Ausl ha corrisposto
a medici e biologi (che non ne avrebbero avuto diritto, essendo
venuti meno al vincolo di esclusivita') e per la Procura devono
essere condannati per dolo contabile. La sentenza della Sezione
giurisdizionale arrivera' prossimamente: se i giudici contabili
daranno ragione al pm Novelli, l'eventuale condanna potrebbe
trasformarsi in una sentenza 'pilota' con ripercussioni su tutta
la sanita' emiliano-romagnola e non solo.
I contratti stipulati negli anni dall'Ausl di Forli' con le
due strutture private accreditate Villa Serena e Villa Igea,
prevedevano che l'Unita' operativa di Anatomia patologica potesse
eseguire esami su richiesta delle case di cura, in regime libero
professionale di intramoenia. Ogni mese, poi, l'Ausl inviava le
relative note di addebito alle due strutture. Secondo il pm
Novelli, tutto questo 'sistema' di contratti altro non fu che uno
strumento per eludere il divieto assoluto vigente per i medici
dell'azienda sanitaria di lavorare (o anche solo collaborare) con
le strutture accreditate, valido per chi sceglie il regime libero
professionale di extramoenia ma tanto piu' per chi sceglie
l'intramoenia, cioe' la libera professione interna alla struttura
sanitaria pubblica.
Un 'sistema', secondo l'accusa, che ha creato un innegabile
conflitto di interessi e violato l'incompatibilita' (prevista non
solo tra singolo sanitario e struttura privata, ma anche tra
struttura pubblica e struttura privata, sostiene la Procura in
contrapposizione alla difesa dei dirigenti), turbato il regime di
concorrenza e parita' tra pubblico e privato (ma anche tra
strutture private), oltre che contraddetto il presupposto per cui
le strutture accreditate devono essere in grado di far fronte con
i propri mezzi agli esami di laboratorio (e' un requisito
essenziale richiesto, pena la perdita dell'accreditamento).
Infine, secondo Novelli, si e' trattato di un sistema privo di
fini di pubblico interesse (come la riduzione delle liste di
attesa, a cui dovrebbe tendere l'attivita' di libera professione
svolta intramoenia), ma messo in piedi a esclusivo vantaggio
delle case di cura e di medici e biologi che da queste sono stati
pagati. L'Ausl in tutto questo, secondo il magistrato, ha giocato
un ruolo di interposizione pressoche' fittizia.
Proprio in riferimento ai compensi percepiti dai singoli
medici e biologi (13 nel complesso) che hanno lavorato nel
laboratorio di Anatomia patologica per conto delle due strutture,
poi, c'e' un capitolo a parte che il pm Novelli si riserva di
aprire e sviluppare in altra sede: ammesso che le loro
prestazioni fossero lecite (cosi' hanno sostenuto le difese dei
dirigenti) sono stati pagati troppo, sostiene il procuratore
contabile, perche' hanno ricevuto dall'Ausl percentuali che vanno
dal 72 all'81% delle somme fatturate alle due case di cura.
Decisamente troppo, di certo ben oltre il 50% del valore
tariffario stabilito dalla Regione per le prestazioni di
diagnostica strumentale e di laboratorio: tale percentuale e'
posta come cifra massima, per legge, con cui ricompensare le
prestazioni istituzionali 'aggiuntive' che i medici possono
svolgere in regime libero-professionale a fronte di carenze di
organico e per ridurre le liste d'attesa (fermo restando
l'obbligo di svolgerle in orari extra rispetto al contratto di
lavoro).
Dei cinque dirigenti chiamati a processo dalla Procura contabile
(all'appello manca Massimo Pieratelli, direttore generale
dell'Ausl forlivese nel 2002-2003, scomparso nel 2005), Nardozzi
fu direttore generale nel 2001 e Mazzoni lo fu nel 2004 (e fino
all'anno scorso); Boattini fu il responsabile del distretto di
Forli' dal 2001 al 2004; Casoli fu il direttore amministrativo
dell'Ausl dal 2002 al 2005, mentre Soldati lo fu nel 2001.
Infine, Adamczyk fu il direttore amministrativo del distretto nel
2002-2003. Secondo il pm Novelli, tutti loro devono rispondere di
'dolo contabile', perche' hanno agito in palese e consapevole
violazione dei principi di incompatibilita' tra il contratto di
lavoro col servizio sanitario pubblico e la libera professione.
Se i giudici riterranno che il 'dolo' non ci sia, il pm Novelli
ha chiesto la condanna per 'colpa grave', o almeno per omessa
vigilanza. Tra l'altro, la prassi illecita e' proseguita anche
dopo le verifiche ministeriali del 2003 (da cui poi ha preso il
via l'indagine).
Le difese dei dirigenti, nel corso dell'istruttoria, hanno
sostenuto che da parte dei medici fosse lecito svolgere quelle
prestazioni, perche' servivano a ridurre le liste d'attesa. La
difesa di Mazzoni, poi, ha sostenuto anche che, se la legge
proibisce ai singoli sanitari di svolgere prestazioni per le
strutture accreditate, non vieta invece accordi e contratti tra
Ausl e strutture accreditate.
(Wel/ Dire)
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