(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 6 dic. - 'Non e' vero che le
persone colpite da sindrome di Down hanno sempre un ritardo
mentale', mentre 'le persone autistiche sono praticamente dei
geni'. Sono i risultati di una indagine condotta dal Censis, che
ha reso pubblico il quarantaquattresimo rapporto sulla situazione
sociale del Paese. I risultati sono frutto di una "onda lunga
della comunicazione sulla salute. Il boom dell'informazione
sanitaria cui si e' assistito dagli Anni 90 mostra oggi gli
effetti positivi del diffondersi nel corpo sociale di
comportamenti preventivi e stili di vita corretti, ma al contempo
si osservano alcuni effetti perversi che la spettacolarizzazione
dell'informazione sanitaria produce a livello di conoscenze
individuali".
Secondo questa ricerca, quindi, 'il 50,2% degli italiani e'
convinto che non sia vero che le persone con sindrome di Down
abbiano pressoche' sempre un ritardo mentale, e addirittura e' il
73% a pensare che le persone autistiche siano quasi sempre
geniali nella matematica, nella musica o nell'arte. Le narrazioni
mediatiche in cui prevale la spettacolarizzazione di singole
vicende (come quelle di persone con sindrome di Down che hanno
capacita' cognitive nella norma e che riescono a laurearsi,
oppure i casi degli "autistici sapienti"), statisticamente
rarissime, finiscono per sedimentarsi sotto forma di
pseudonozioni per ampi settori della popolazione'.
Ma non solo. Perche' secondo un'indagine del Censis
sull'ictus, 'per la maggioranza degli italiani questa patologia
e' quasi sconosciuta: meno della meta' sa che colpisce il
cervello, e la grande maggioranza non conosce ne' la trombolisi
(la terapia specifica che puo' ridurne in modo significativo le
conseguenze), ne' la stroke unit (il reparto specifico). Eppure,
si tratta della terza causa di morte in Italia, mentre per chi
sopravvive all'evento si prospetta in molti casi la disabilita'
permanente, ma se la corretta informazione sull'ictus fosse piu'
diffusa tanti casi potrebbero avere un esito diverso'.
Secondo l'indagine un'altra tipologia di informazione sulla
salute che puo' produrre distorsioni e' quella sui casi di
malasanita': 'Il problema esiste, ed e' compito dei media fare
luce sulle inefficienze del sistema con il massimo rigore, ma il
diffondersi della convinzione che l'errore medico sia frequente e
probabile, alimenta la conflittualita' nel rapporto tra cittadini
e istituzioni sanitarie, e soprattutto contribuisce allo
schiacciamento su dimensioni narrativamente piu' efficaci della
comunicazione sulla salute, a scapito di un'informazione che
fornisca ai cittadini strumenti concreti per far valere i propri
diritti in modo stringente'.
Altro passaggio importante, nel lavoro svolto dal Censis,
quello del consumo farmaceutico. Secondo l'indagine si 'osserva
la tendenza a un costante aumento dei consumi complessivi in
termini di dosi e confezioni, a fronte di un aumento molto
contenuto della spesa territoriale totale. All'interno della
stessa spesa territoriale, quella a carico del Ssn
(convenzionata) e quella privata (a carico dei cittadini)
mostrano andamenti di segno opposto: dal 2001 la spesa
convenzionata e' rimasta sostanzialmente stabile, mentre la spesa
privata fa osservare un aumento continuo.
Le politiche di contenimento mostrano quindi la loro
efficacia, ma solo sulla spesa a carico del Ssn, mentre i
cittadini hanno pagato in questi anni sempre di piu', sia per
l'aumento dei ticket che per l'aumento dei prezzi dei farmaci non
rimborsabili. Nell'anno in cui la crisi ha fatto sentire i suoi
effetti sulle famiglie italiane, circa il 50% ha dichiarato che
la spesa per la salute e' molto (11,4%), abbastanza (28,2%) o un
po' (8,3%) aumentata, mentre oltre la meta' degli italiani (il
53,3%) ha indicato di aver intensificato nel 2009 il ricorso ai
farmaci generici con l'obbiettivo del risparmio'.
La dimensione sociale di invisibilita' o comunque una visione
distorta assunta dalla disabilita' si allinea con l'arretramento
delle politiche per le persone disabili. In questo altro
passaggio dell'indagine emerge come 'gli italiani tendano infatti
a sovrastimare da un lato il peso della disabilita' motoria (il
62,9% pensa anzitutto a questo tipo di limitazione), dall'altro a
non includere in questo concetto, o a farlo solo in parte, la
questione della non autosufficienza degli anziani, che pure
rappresenta un tema che pesa nella vita quotidiana di moltissime
famiglie nel nostro Paese: il 29,4% pensa che la disabilita' sia
equamente distribuita tra i bambini e i giovani, gli adulti e la
popolazione anziana. La visione distorta del problema e' un
importante indicatore della persistente negazione sociale che e'
alla base delle condizioni delle famiglie, spesso lasciate sole a
gestire tutte le difficolta' che la disabilita' comporta'.
Secondo la recente stima del Censis 'si tratta
complessivamente di circa 4,1 milioni di persone disabili, pari
al 6,7% della popolazione, con cui gli italiani mostrano di
relazionarsi con difficolta''. Sull'accettazione sociale delle
persone con disabilita' intellettiva, 'la maggioranza degli
italiani (il 66%) ritiene che esse siano accettate solo a parole,
ma che nei fatti vengano spesso emarginate, mentre il 23,3%
condivide un'opinione piu' negativa, per cui la disabilita'
mentale fa paura e queste persone si ritrovano quasi sempre
discriminate e sole'.
La sua fondamentale importanza ha quindi il volontariato,
definito 'pilastro della comunita''. Secondo l'indagine 'oltre il
26% degli italiani dichiara di svolgere attivita' di
volontariato, all'interno di realta' organizzate o in modo
spontaneo, informale. La scelta di fare volontariato e' molto
piu' radicata tra i giovani (piu' del 34%), rimane elevata tra i
30-44enni (piu' del 29%), per poi calare al 23% tra i 45-64enni e
al 20,3% tra gli anziani. È all'interno di realta' organizzate
che circa tre quarti dei volontari svolgono il proprio impegno, e
di questi la maggioranza (54,5%) lo fa all'interno di una
specifica organizzazione, mentre poco meno del 10% lo fa in piu'
di una organizzazione. Riguardo alle motivazioni, oltre il 38%
dei volontari intervistati dichiara di svolgere attivita' di
volontariato perche' vuole fare qualcosa per gli altri, mentre il
27,3% richiama ragioni etiche, ideali. Un plebiscitario 97%
valuta positivamente l'attivita' di volontariato in cui e'
impegnato, il 59% perche' fa una cosa alla quale crede nel
profondo e che e' gratificante, il 38% perche' e' convinto di
incidere positivamente sulla vita delle persone, in particolare
quelle che hanno piu' bisogno'.
I settori in cui i cittadini constatano una maggiore presenza
di volontari nelle comunita' in cui vivono sono: Ospedali, case
di cura, strutture sanitarie in generale (69%), case di riposo,
comunita' alloggio, presidi socio-assistenziali di vario tipo
(54,3%), poi le varie forme di assistenza a domicilio per anziani
e non autosufficienti (39,9%).
(Wel/ Dire)