(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 24 set. - Anche se negli anni e' aumentata la conoscenza dell'Alzheimer, la malattia resta ancora oggi un "universo di isolamento e sofferenza che si tende a nascondere e a sottovalutare". È proprio alle malattie neurodegenerative che "Aggiornamenti Sociali" dedica il numero di settembre-ottobre, focalizzando l'attenzione sulle questioni etiche nella gestione di persone affette da demenza di Alzheimer e da altre malattie che determinano la perdita di competenza a decidere del malato. "In un contesto nel quale- si legge nello studio-, sotto il profilo sia giuridico sia etico-deontologico, la capacita' decisionale appare l'elemento cardine delle scelte in ambito sanitario, la condizione di chi, avendone consapevolezza, perde nel tempo tale possibilita', viene a configurarsi quale condizione limite, che necessita di essere analizzata da differenti angolature". Sono Dat, dichiarazioni anticipate di trattamento, e contenzione, ovvero l'insieme di strumenti fisici, chimici e ambientali che limitano coercitivamente la capacita' di movimento del malato, due degli argomenti spinosi affrontati nella ricerca. Per quel che riguarda le dichiarazioni anticipate, spiega lo studio, andrebbero compilate "dal medico insieme al malato" e nelle fasi iniziali della malattia. Per la contenzione, invece, la tutela della salute del paziente ne giustifica l'applicazione, ma soltanto come "risorsa ultima, non scelta prioritaria, quando non vi siano realistiche e attuabili alternative". Il ricorso alla contenzione, inoltre, non puo' trasformarsi in pratica ordinaria. In Italia i malati di Alzheimer sono circa 520 mila, ma il dato e' destinato ad aumentare. Ogni anno si registrano 80 mila nuovi casi. Per il 2020, i nuovi casi di demenza saliranno a 213 mila all'anno, di cui 113 mila attribuibili all'Alzheimer. L'eta' media dei malati di Alzheimer in Italia e' di 77,8 anni, di cui oltre il 66% ha piu' di 75 anni, un quarto sono quelli di eta' compresa tra i 66 e i 75 anni, e quasi il 9% dei malati ha meno di 65 anni. Data anche la superiore speranza di vita, la malattia si manifesta maggiormente nelle donne, con circa il 67% dei casi. La diagnosi, pero', e' spesso tardiva. In molti casi la malattia viene scambiata con invecchiamento fisiologico o con depressione, e i tempi medi dalla comparsa dei primi sintomi alla diagnosi e' di 2,5 anni, anche se non sono pochi i casi in cui si superano i 5 anni. L'assistenza ad un malato di Alzheimer, oggi, ha dei costi diretti e indiretti calcolati intorno a 60 mila euro l'anno. Costi che spesso incidono in maniera considerevole sul bilancio familiare: dal 1999 al 2006, infatti, i costi sostenuti dalle famiglie sono raddoppiati, passando dai 5 mila euro l'anno agli oltre 10 mila, ma quelli piu' ardui da sostenere sono altri. Si parla di costi 'intangibili', cioe' la sofferenza fisica e psicologica del paziente e dei familiari. L'Alzheimer e' definita, infatti, una malattia 'familiare', perche' invalidante al punto da richiedere un'assistenza continuativa che spesso i servizi pubblici non riescono a fornire. Anche per questo, sono le stesse famiglie ad essere a rischio. Secondo lo studio molto spesso accusano ansia o depressione, affaticamento e isolamento. Un valido sostegno sono le badanti, ma anche se le famiglie ritengano che sia la propria casa il luogo dove il paziente debba rimanere piu' a lungo possibile, non mancano servizi pubblici specifici come le Unita' di valutazione Alzheimer (Uva), centri specializzati che dovrebbero coordinare medico di base, dipartimenti specialistici e assistenza domiciliare. Sono quasi l'80% dei malati a frequentare questi servizi e per la meta' e' l'unico riferimento per il trattamento della malattia. Sono un quarto del totale, invece, i malati che si rivolgono ai servizi di sostegno pubblico, come i centri diurni, mentre solo uno su cinque usufruisce dell'assistenza domiciliare. "È necessario- conclude lo studio- che la cultura sociale e il potere politico valorizzino la cura dell'altro, riconoscendo la funzione pubblica della cura dei familiari anziani, come pure le professioni ad alta valenza relazionale, quali quelle infermieristiche e assistenziali, oggi tra le piu' penalizzate. È entro questa relazione familiare, sostenuta professionalmente e socialmente, che le problematiche piu' spinose legate alla perdita di coscienza della persona malata di Alzheimer, al suo contenimento forzato, all'interpretazione di sue precedenti volonta', possono trovare soluzioni migliori di quelle stabilite dalle pur necessarie norme legali, insufficienti rispetto alla singolarita' delle situazioni". (www.redattoresociale.it) (Wel/ Dire)