(DIRE - Notiziario Sanita') Modena, 21 ott. - Circa il 10% delle
donne modenesi che interrompono una gravidanza utilizzano la
pillola Ru486. Secondo i dati dell'Ausl di Modena, l'utilizzo
della pillola abortiva nel territorio modenese e' iniziato nel
gennaio del 2006 ed e' limitato al Policlinico di Modena e
all'ospedale Ramazzini di Carpi. Nel 2007, su un totale di 1.081
interruzioni volontarie di gravidanza effettuate nei due
ospedali, le procedure farmacologiche sono state 114. Nel 2008,
su 985 aborti, 94 sono avvenuti con la pillola Ru486. Nell'intero
territorio modenese, nel 2007 sono state effettuate 1.615
interruzioni volontarie di gravidanza, di cui 659 (circa il 40%),
chieste da donne immigrate.
Nel 2008 gli aborti sono stati 1.545, di cui 594 (circa il
38%) su donne immigrate. "L'interruzione volontaria di gravidanza
indotta farmacologicamente si pone come un metodo alternativo e
sicuro al pari dell'intervento chirurgico, se praticata nelle
prima settimane di gravidanza. Il percorso assistenziale e'
analogo a quello previsto per l'interruzione chirurgica e la
donna non e' quindi mai abbandonata a accompagnata e sostenta in
tutto il percorso". Cosi' Mario Galli, vicepresidente della
Provincia di Modena con delega alle Politiche sociali, ha
risposto in Consiglio provinciale alle due interpellanze
sull'utilizzo della pillola Ru486 presentate dal Pdl, presentate
la prima dai consiglieri Giovanna Bertolini, Claudia Severi e
Dante Mazzi; la seconda da Luca Ghelfi. Galli ha sottolineato poi
che "per il ruolo esercitato dalla donna che richiede di
utilizzare questo metodo, si dedica grande cura al consenso
informato". L'assessore spiega infatti come alla donna venga
consegnata una nota con informazioni dettagliate sull'assistenza
ospedaliera, sui farmaci utilizzati, sulla loro efficacia e
sicurezza, sulle indicazioni cliniche e sulle procedure da
applicare, e sulle possibili complicanze. Per l'ammissione alla
procedura, l'assessore spiega ancora come sia necessario che la
donna possa garantire la presenza alla visita di controllo a 14
giorni, che abbia accesso a un telefono e possa disporre di un
mezzo di trasporto in caso di necessita', e che abbia mostrato di
comprendere le indicazioni fornite.
Per quest'ultimo motivo, la consigliera del Pd, Cecile Kyenge,
ha confermato che la pillola viene usata piu' dalle donne
italiane che da quelle straniere. Fabio Vicenzi (Udc) riporta in
aula invece i dati che le associazioni di aiuto alla vita hanno
raccolto in provincia di Modena. "Il 7,8% delle donne che hanno
abortito dichiara di esservi stata costretta, per il 57% il
medico che ha rilasciato il certificato non ha proposto dei
percorsi alternativi all'aborto, il 59% non sapeva dell'esistenza
dei servizi socio sanitari che tutelano la maternita', il 49% non
sapeva che e' possibile richiedere un affido temporaneo dopo la
nascita, e per il 61% delle donne, i problemi che le hanno
condotte ad abortire non rappresentavano un serio pericolo per la
loro salute psichica o fisica nella prosecuzione della
gravidanza, presupposto previsti dalla legge per procedere
all'interruzione". Bertolini spiega invece come l'assunzione
della pillola Ru486 venga visto dalle donne "come una cosa piu'
semplice da fare rispetto all'aborto chirurgico", e auspica che
"le Asl locali si facciano carico di aiutare le donne nella
scelta, in particolare per fare capire che questa e' una scelta
abortiva e non contraccettiva". Ghelfi, infine propone un
"Consiglio provinciale sul tema, e un fondo per assistere la
maternita', gestito assieme alle associazioni".
(Wel/ Dire)