(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 1 ott. - Gli infermieri del Lazio sono demotivati e rischiano l'esaurimento emotivo. Lo rivela uno studio Ugl Sanita' realizzato con l'Universita' di Milano, secondo cui questo esercito silenzioso, un pezzo importantissimo della sanita' laziale, la figura piu' prossima al paziente e spesso impegnata in prima linea non solo per le esigenze sanitarie e di assistenza, ma anche per essere presenti nei momenti piu' difficili di fragilita' e malattia, si sente poco attaccato alla propria professione e ha una forte predisposizione all'esaurimento emotivo, nel Lazio piu' che in Italia. Analizzando un campione di 673 infermieri laziali, al 98,32% donne, spesso costrette come spesso capita alle donne a dividersi tra lavoro, casa e cura di parenti disabili o anziani, l'impressione emersa e' che si abbiano poche possibilita' di realizzarsi sul lavoro, di non riuscire a fare molto per influenzare l'organizzazione del proprio lavoro, e di svolgere compiti spesso non pertinenti con la propria professionalita'. Di conseguenza il personale sente un basso attaccamento alla professione e alla propria struttura di riferimento. Lo testimonia lo studio condotto dalla Ugl Sanita' e dal Dipartimento di Medicina del lavoro dell'Universita' degli Studi di Milano, curato dal professor Camerino. In particolare, poi, nel Lazio l'esaurimento emotivo (burn-out) e la disabilita' associata a disturbi muscolo scheletrici sono piu' alti che in Italia, con una molto bassa capacita' lavorativa (secondo il 'work ability index'), segno probabile di prepensionamenti e malattie professionali."Si tratta di dati impietosi che fotografano una situazione troppo ignorata a livello nazionale e, in questo caso, regionale- ha commentato Paolo Capone, Commissario Ugl Sanita'- La confusione che regna nel campo sanitario nel Lazio disorienta chi vi lavora, aumenta i livelli di stress fisico e psicologico, crea demotivazione e quindi disattenzione. Le infermiere del Lazio sono un patrimonio di professionalita' e di attenzione, preziose per il sistema sanitario tutto. Un patrimonio che rischia di perdersi nella demotivazione e nei prepensionamenti". Per Capone, "occorre quindi una seria e incisiva strategia che torni a guardare al personale infermieristico come a un protagonista della sanita' pubblica e privata nel Lazio ed in Italia, che riconosca all'infermiere un adeguato livello professionale". Nelle prossime settimane, secondo quanto afferma in conclusione Capone, "avvieremo una campagna nel Lazio proprio per coinvolgere il personale infermieristico, per informarli meglio dei rischi che derivano dallo stress e dalla demotivazione, in termini di rischi per se stessi e per i malati. Perche' quando si parla di sanita' si parla di persone deboli, per le quali l'attenzione non puo' essere mai ridotta". (Wel/ Dire)