(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 10 nov. - Il cancro all'ovaio,
che colpisce le donne tra i 50 e i 69 anni, e' possibile
riconoscerlo dal mal di pancia. Spesso si tende a trascurare
sintomi come pancia gonfia,senso di pesantezza all'addome
inferiore, alterazione dell'attivita' intestinale: in realta'
possono nascondere una situazione di tumore gia' avanzata. Non
esistono oggi, a differenza di altri tumori, programmi di ricerca
precoce su vasta scala scientificamente affidabili, quindi il
quadro clinico continua ad essere preoccupante. La malattia,
infatti, non da' segnali fino a quando la massa non ha raggiunto
dimensioni notevoli. La diagnosi si fa mediante l'esame pelvico,
ossia la visita ginecologica e la palpazione addominale e nella
valutazione generale, sono importanti le dimensioni e la
consistenza delle ovaie e l'eta'. Questa forma tumorale e' al
nono posto tra i tumori e costituisce il 2,9% di tutte le
diagnosi di cancro. Da qui l'importanza dell'impegno del gruppo
italiano di ricerca "Mito" (Multicenter italian traials in
ovarian cancer), attivo da oltre dieci anni ed impegnato a
sviluppare collaborazione di ricerca in ambito di ginecologia
oncologica proprio per "spostare in avanti la frontiera della
qualita' della vita attraverso terapie sempre piu'
personalizzate, tecniche chirurgiche meno invasive, farmaci meno
tossici".
Due gli studi attualmente al vaglio dei ricercatori italiani:
MITO-2 e Calypso, nel quale si e' studiata la combinazione
doxorubicina liposomiale peghilata e carboplatino, in alternativa
al protocollo standard con carboplatino e tassolo, sia nelle cura
di prima linea che nelle recidive. I risultati della prima
ricerca parlano di vantaggi in tema di tossicita',con un impatto
molto piu' ridotto di perdita dei capelli (7% contro 84%)e la
neurotossicita' (5% contro 28%) e le reazioni allergiche al
carboplatino (5% contro 19%).Il secondo studio, invece, dimostra
l'efficacia in termini di sopravvivenza libera da progressione e
tossicita' sensibilmente minore. Nel trattamento delle
recidive,in sostanza, si e' ottenuto un nuovo standard piu'
efficace e piu' rispettoso della qualita' di vita delle pazienti.
I risultati, comunque, non sono ancora definitivi, quindi non
consentono ancora di cambiare gli attuali indici di trattamento,
dovendo attendere il quadro definitivo degli intervalli liberi da
recidiva.
(Wel/ Dire)