(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 10 nov. - Settantacinquemila ettari di territorio contaminato da fibre di amianto che, "in attesa della bonifica dei siti, continuano a mettere a rischio la salute dei cittadini". Cittadini "in molti casi, uccisi dalla sostanza estratta, lavorata, smaltita, abbandonata". Dal 1993 al 2004, infatti, sono stati riscontrati "oltre 9.000 casi di mesotelioma pleurico, il tumore dell'apparato respiratorio strettamente connesso all'inalazione della fibra di amianto, con una esposizione che nel 70% dei casi e' stata di tipo professionale". Questi, in estrema sintesi, i dati di 'Liberi dall'amianto', il dossier di Legambiente presentato a Torino nel corso della seconda conferenza nazionale non governativa 'Amianto e giustizia', promossa da un vasto cartello di associazioni tra cui Aiea (associazione italiana esposti amianto), Legambiente, Medicina democratica nazionale e Isde (Medici per l'ambiente). L'amianto, denuncia Legambiente, "in Italia e' presente in molte zone e in varie forme": da quello naturale che emerge in superficie e giace all'aria aperta nelle miniere abbandonate da almeno vent'anni, a quello grezzo contenuto in sacchi "malamente stoccati nei magazzini o nei piazzali degli stabilimenti produttivi", fino a quello miscelato con il cemento nella classica ondulina dei tetti e nelle tamponature degli edifici industriali o domestici degli anni Settanta e Ottanta, materiale "presente diffusamente in tutta Italia". Per Legambiente i numeri dei casi di mesotelioma alla pleura si spiegano anche con "il record non invidiabile" della produzione di amianto che deteneva l'Italia fino al 1992, quello di "secondo produttore europeo con oltre 3,7 milioni di tonnellate di amianto grezzo estratto, prodotto e commercializzato in tutto il paese", con alcune situazioni eccezionali. Come il caso del milione di metri quadrati utilizzati nelle coperture di edifici privati di Casale Monferrato (Alessandria), ai 45milioni di metri cubi di pietrisco di scarto contaminato utilizzato per il rimodellamento dei versanti e delle valli circostanti la miniera di Balangero (Torino), passando per i 90 mila metri cubi di fibra contenuti nello stabilimento produttivo di cemento amianto nella citta' di Bari, fino ad arrivare ai 40mila big bags con rifiuti d'amianto prodotti fino ad oggi nella bonifica di Bagnoli a Napoli. Oggi, continua l'associazione, "ci sono ampie porzioni di province come quella di Alessandria (con Casale Monferrato e 47 comuni limitrofi costruiti con l'amianto), citta' come Napoli (a Bagnoli) e Siracusa , caratterizzate dalla presenza di stabilimenti di produzione di cemento amianto nelle loro zone industriali", e ci sono comuni come Bari e Broni (Pavia) che "ospitano nel centro abitato importanti siti produttivi dismessi che lavoravano la fibra killer, fino ad arrivare alle miniere di Balangero (Torino), la piu' grande d'Europa". Per Legambiente "sono almeno 2.000 all'anno le morti causate dall'esposizione all'amianto nel nostro Paese". Di queste, circa 900 decessi avvengono per mesotelioma pleurico, "altrettanti" per il tumore ai polmoni, il resto per il tumore alla laringe e alle ovaie. Ma altre fonti, evidenziano gli ambientalisti, "parlano addirittura di 3.000-4.000 decessi all'anno". Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente, parla di "urgenza sanitaria", ma "nonostante questa situazione le bonifiche vanno a rilento", denuncia. Cio', critica, "grazie anche all'inefficiente gestione da parte del ministero dell'Ambiente delle conferenze dei servizi per la valutazione e autorizzazione dei piani e dei progetti per la bonifica". Per l'ambientalista "bisogna spostare la gestione dell'iter in ambito locale, presso le Regioni o i Comuni, assicurando al ministero e agli enti tecnici nazionali il compito di supportare, verificare e indirizzare il procedimento, garantendo ai cittadini trasparenza e disponibilita' delle informazioni sullo stato di avanzamento del risanamento ambientale". Inoltre, aggiunge Ciafani, "bisogna trovare le risorse economiche per bonificare i 'siti orfani' (gli stabilimenti produttivi di aziende fallite) attraverso la creazione di un Fondo nazionale sul modello del 'Superfund' statunitense". Ancora, serve "una campagna informativa sui rischi derivanti dall'esposizione alle fibre di amianto dovuta al deterioramento e allo smaltimento illegale delle strutture in cemento-amianto dismesse". (Wel/ Dire)