(DIRE - Notiziario Sanita') Roma, 3 nov. - Una sequenza di incomprensioni, misteri, accadimenti oscuri, domande a cui non si hanno risposte. E' lo scenario verificato ieri mattina dai consiglieri regionali Anna Pizzo (Sl) e Ivano Peduzzi (capogruppo Prc), all'interno del reparto detenuti dell'ospedale Pertini di Roma, dove il 22 ottobre scorso e' morto Stefano Cucchi. Duro il racconto di Pizzo: "Non e' stato curato, non e' stato messo nelle condizioni, che pure aveva chiesto, di parlare con la sua famiglia e con il legale. Vere e proprie anomalie, solo per fare qualche esempio". Il consigliere ha raccolto in particolare una testimonianza, quella del direttore del reparto di Medicina protetta, il dottor Aldo Fierro. "A noi ha detto che non sapeva dell'esistenza della famiglia fuori dal reparto, non ha mai saputo che ci fosse qualche referente familiare- racconta- poi gli abbiamo chiesto come mai dentro la struttura, comunque pubblica e affidata alla gestione del Servizio sanitario nazionale, c'e' una netta prevalenza delle regole carcerarie piu' che della responsabilita' sanitaria: ci e' stato detto che anche lui non ne conosce il motivo, che deve venire a capo di alcuni punti oscuri: ci ha fatto sapere che ha posto delle domande all'autorita' giudiziaria e aspetta delle risposte". In particolare, il dottor Fierro, secondo le parole del consigliere, ha fatto capire che "erano impreparati" ad accogliere un caso come quello di Cucchi, visto che finora i malati ricoverati presentavano patologie acclarate come tumori. E di questo Pizzo e' determinata a capire le ragioni: "Francamente- aggiunge- ho riscontrato un concentrato di corresponsabilita' altissime, e anche la Regione ha le sue con un protocollo che evidentemente non funziona e presenta delle gravi carenze". Il riferimento e' al passaggio della gestione sanitaria dai penitenziari al Servizio pubblico, e quindi alle regioni, che ha determinato alcuni problemi mai affrontati e di conseguenza mai risolti. "Ci sono delle responsabilita'- dice ancora Pizzo- molte, diffuse e particolari. Noi chiederemo conto di questo protocollo che, secondo le parole di Fierro ancora da verificare, contiene delle incongruita' macroscopiche. Ad esempio quella secondo cui un medico di queste strutture non puo' avvertire le famiglie sullo stato di salute del malato ma deve rivolgersi esclusivamente ad autorita' come il direttore del carcere". Un altro punto interrogativo riguarda le condizioni fisiche in cui Cucchi e' arrivato al Pertini. "Era un codice verde- spiega Pizzo- cosi' giudicato dal Fatebenefratelli, il primo ospedale in cui il detenuto e' stato visitato e in cui si era deciso per il ricovero e il successivo viaggio trasferimento per mancanza di posti". Un codice verde che ha lasciato perplessi in molti, considerate le condizioni del ragazzo. "Fierro- continua il consigliere di Sl- ci ha detto che a lui la situazione non sembrava grave, che si', c'erano le tumefazioni alle orbite e i problemi alle vertebre, ma che Cucchi aveva giustificato con una caduta tempo prima. Ma poi il ragazzo ha cambiato versione e sembra che avrebbe parlato solo alla presenza del suo avvocato. Ma gli e' stato impedito di vederlo e poi e' morto". Punti oscuri e macchie di cui trovare l'origine. Il consigliere Pizzo ha gia' un piano per le prossime mosse: "Stiamo preparando una documentazione- spiega in conclusione- e il primo passo sara' fatto in ambito regionale. Dobbiamo vedere carte, visionare regolamenti, sollecitare gli organismi preposti e parlare con la magistratura". Intanto la sorella di Stefano, Ilaria, parla di "gravissime colpe da parte dei medici". Durante il programma tv 'Mattino Cinque', ha chiaramente puntato il dito contro la struttura ospedaliera: "Dicono che Stefano rifiutasse l'alimentazione e le cure, ma era all'interno di un ospedale e non e' possibile che sia morto disidratato". (Wel/ Dire)