Nella Regione Lazio sono circa 70mila i pazienti in carico ai servizi pubblici per problemi di salute mentale, un'utenza che su Roma rimanda a 35-40mila persone. A questi numeri, pero', ne fanno eco altri assai piu' preoccupanti: nel territorio laziale si assiste a una carenza del numero di operatori presenti nei dipartimenti di salute mentale (Dsm) in media del 59%. "A causa della crisi economico-finanziaria i piani di rientro regionale hanno subito un'evidente riduzione della spesa sanitaria e questo ha comportato provvedimenti che hanno penalizzato l'assistenza. Un dato che incide sull'efficacia degli interventi e sulla qualita' della presa in carico". Lo ricorda Vanni Pecchioli, presidente della cooperativa sociale integrata 'Conto alla Rovescia', membro della Consulta cittadina permanente per la salute mentale e del coordinamento della Regione Lazio dei centri diurni riabilitativi, commentando l'ultimo resoconto presentato dalla Consulta regionale per la salute mentale.
Andando a leggere tra le righe del documento, si passa da un 69% di operatori mancanti nel Dsm della Asl Roma 3 (a cui si deve aggiungere un altro 79% di operatori mancanti nelle nuove articolazioni del Dsm - Serd, Tsmree e Rems - della Uoc del 10° Municipio Ostia) a un 32% di personale mancante nel Dsm di Rieti (www.consiglio.regione.lazio.it/binary/consiglio_regionale/tbl_com missioni_news/rapporto_consulta_salute_mentale.pdf).
Non si arrende la Consulta cittadina permanente per la salute mentale, che insieme al Comune di Roma "sta predisponendo una conferenza sanitaria cittadina per ricomporre in una nuova prospettiva le politiche istituzionali e sanitarie- fa sapere Pecchioli- nonche' le sinergie tra le amministrazioni, la Sanita', le famiglie degli utenti, gli utenti stessi, il terzo settore e il volontariato. A Roma vantiamo un'esperienza davvero importante, nella quale tutti questi elementi si sono ritrovati e hanno sostenuto la fase del superamento dell'ospedale psichiatrico Santa Maria della Pieta', consentendo il dispiegamento dell'assistenza psichiatrica territoriale. Roma- ripete lo psicologo- e' stata la prima capitale al mondo a chiudere il proprio ospedale psichiatrico".
Per ripartire l'esperto punta su tre grandi ambiti: incrementare il numero del personale sanitario, puntare su una formazione particolare e creare un'azione collegiale condivisa. "La questione del personale e' centrale perche' l'assistenza psichiatrica e la presa in carico di una persona con un disagio mentale passa tra e con le persone, quindi il ruolo degli operatori e' centrale. Il fatto che siano in numero insufficiente e' chiaramente un grave e grossissimo problema". Passando alla formazione, "i dipartimenti di salute mentale, i Csm, i servizi di diagnosi e cura, le comunita' e i i centri diurni sono tante piccole universita' in cui in questi anni si sono cimentate proposte e sistemi di cura molto innovativi ed efficaci, che le stesse universita' e scuole di formazione dovrebbero tener presente. Infine- conclude Pecchioli- occorre un'azione condivisa su una dimensione comunitaria quale elemento chiave per una presa in carico efficace della sofferenza mentale. Gli operatori, i medici, gli enti locali, le amministrazioni locali, le famiglie, le associazioni, il terzo settore, la cooperazione sociale integrata, il volontariato sia laico che cattolico, devono tutti convergere. Infondo e' stata questa la risorsa primaria che ha consentito di dismettere gli ospedali psichiatrici e di prendere in carico decine di migliaia di persone in un sistema che purtroppo ha una sua popolazione".
(Red/ Dire)