Roma, 22 ott. - Esistono molti modi per narrare le proprie immagini, qual e' allora la differenza tra un'espressione scritta, una grafica in forma di disegno e una di tipo scultoreo? L'Icsat (Italian Committee for the Study of Autogenic Therapy and Autogenic Training) fa il punto il 26 e 27 ottobre a Roma, al seminario nazionale su 'La narrazione scritta, grafica e plastica dei vissuti delle tecniche della psicoterapia', per attivare un confronto tra i diversi tipi di espressione di queste tecniche. L'appuntamento e' alle 8.30 nell'aula dell'Istituto di Ortofonologia (IdO) in Corso d'Italia 38A.
Il training autogeno e' una tecnica psicoterapica che consente di far emergere le immagini dal profondo. ""Abbiamo diversi modi di raccontare queste immagini, modalita' piu' verbali, scritte ma anche disegnate o modellate attraverso delle sculture. In particolare, il seminario si focalizzera' sul resoconto che i pazienti danno degli esercizi che fanno a casa, sul valore che hanno le loro narrazioni". È un passaggio intermedio tra le immagini che emergono dal profondo e come vengono raccontate a livello piu' cosciente. Riflettere su queste produzioni e', quindi, un "pretesto- spiega Walter Orru', presidente Icsat- per confrontarci. Anche altri approcci psicoterapici prevedono delle tecniche immaginative dove i pazienti devono narrare le loro esperienze immaginative. L'approccio cognitivo comportamentale usa, ad esempio, solo il diario scritto, poi ci sono le immagini della Sandplay Therapy (Terapia con il gioco della sabbia), o ancora la tecnica del Vissuto immaginativo catatimico e altro ancora".
Tra tutte le modalita' che abbiamo per dare espressione all'immaginario almeno uno spazio minimo dovrebbe allora essere riservato al linguaggio verbale, perche' "e' li' che avviene un passaggio determinante tra lo strato preverbale, quindi piu' inconscio, a quello verbale e piu' conscio. Nel momento in cui l'immagine passa dallo stato preverbale a quello verbale acquista una definizione diversa e un livello di coscienza maggiore". A dirlo e' Claudio Widmann, psicoanalista junghiano e socio didatta Icsat .
"Il training- continua Widmann- come tutte le terapie immaginative con le loro diversita' e specificita', e' abbastanza interessante in quanto esperienza intermedia tra la veglia e il sonno. Nel sonno noi facciamo delle importantissime esperienze immaginative e simboliche che sono appunto i sogni. Questi sono caratterizzati da un bassissimo livello di consapevolezza, di vigilanza, e da una inattivazione ampia dell'Io a cominciare da quella paralisi motoria, o quasi, che caratterizza il sonno e che immobilizza il corpo. Nelle terapie immaginative, invece, il livello di coscienza e' piu' elevato e l'Io e' piu' attivo nel bene e nel male- sottolinea lo psicoanalista- nel senso che puo' mettere in campo meccanismi di difesa ma puo' anche interagire attivamente con le immagini e fare quindi un'esperienza autenticamente immaginale".
Tutti immaginiamo e certamente non serve una scuola per apprendere ad immaginare. "La questione vera e' cosa l'Io possa fare con le immagini. Delle volte semplicemente ne viene invaso o pervaso, e raramente coltiva una relazione costruttiva con le immagini. Un approccio analitico serve per mettere l'Io in dialogo costruttivo col proprio immaginario". Le immagini possono spaventare? "A me spaventa di piu' l'atteggiamento di una persona che non e' in rapporto con le proprie immagini- risponde il socio didatta Icsat- perche' in quel momento le immagini prendono campo, o trascinano la persona in una dimensione di inconscieta', o ancora la persona si dissocia rapidamente da loro. In quest'ultimo caso, pero', si trattera' di una vita svuotata. Jung diceva che la psiche alla fine e' solo immagine. Una vita dissociata dal proprio immaginario e' dissociata dalla psiche. Oggi abbiamo una grande opportunita'- ricorda l'analista- lo sviluppo delle immagini in digitale. Abbiamo la possibilita' per la prima volta nella storia di dare spessore pressoche' concreto alle immagini della mente. La grande sfida sara' capire se si trattera' di una imaginatio fantastica, una semplice produzione fantasmagorica di immagini che non hanno risonanza psichica, oppure se sara' una imaginatio vera- conclude Widmann- una vera esperienza psichica attraverso le immagini".
La seconda giornata, il 27 ottobre, sara' dedicata all'infanzia. "Il percorso passa dall'immaginario profondo all'emersione delle immagini. I bambini disegnano le immagini che emergono dal loro immaginario profondo- termina Orru'- che noi coltiviamo perche' ha tanto da dire". A trattare i resoconti creativi nell'infanzia e nell'adolescenza saranno gli psicoterapeuti dell'eta' evolutiva dell'Istituto di Ortofonologia. Da Magda Di Renzo, responsabile del servizio terapie, a Laura Sartori, coordinatrice del progetto Alto potenziale IdO, e Bruno Tagliacozzi, segretario della scuola di Psicoterapia psicodinamica dell'eta' evolutiva.
Qui il programma.
(Red/ Dire)