Roma, 15 ott. - "Prima di arrivare alle posizioni bioetiche sull'eutanasia c'e' altro". Che cosa sia questo altro di cui "non si parla mai in tv, sui giornali e nei salotti politici" lo spiega alla Dire Suor Costanza Galli, primaria di oncologia dell'hospice dell'Ospedale di Livorno (Usl Toscana Nord Ovest) intervistata sulla sentenza della Consulta per il suicidio assistito di DJ Fabo e la non perseguibilita' di Marco Cappato che l'ha accompagnato a morire.
"Siamo tutti i giorni a dare risposte alle famiglie. Perche' se ho un tumore e mi si blocca il catetere vescicale di domenica, chi viene a casa mia?". E' solo un esempio tra tanti di chi vive il fine vita tutti giorni, tra i migliaia di casi che abbiamo di "pazienti che hanno il diritto, perche' la legge lo prevede, di avere assistenza domiciliare per le cure palliative e la terapia del dolore. Non pensiamo solo ai pazienti oncologici, ma anche a quanti hanno malattie croniche degenerative. Tutti insorgono per le liste d'attesa, la malasanita', ma nessuno, nemmeno la cittadinanza fa pressioni per queste persone. Il vulnus in questo paese sono le cure palliative".
"Il paziente nella mia esperienza ricorre al suicidio assistito se raggiunge gradi di sofferenza immani ed e' questo il punto in comune tra tutte le posizioni: la vita umana ha un significato enorme e prima di sacrificarla bisognerebbe ricorrere a qualsiasi tipo di sforzo. Attendiamo le motivazioni della Consulta, ma quello che sappiamo gia' e' che con l'aumento di servizi di cure palliative la richiesta eutanasica si abbatte. Ci troveremmo forse- spiega- ad affrontare comunque alcuni casi di chi non accetterebbe determinate condizioni di vita, ma pochi" ne e' sicura Suor Costanza Galli che ribadisce: "Esiste una gerarchia di priorita' per cui prima garantiamo che le cure palliative siano pienamente erogate. Tutti vivrebbero e morirebbero meglio e soprattutto questi casi sarebbero gestiti meglio. Assistiamo a malati terminali che fanno terapie inutili, che finiscono in pronto soccorso, che vengono sottoposti a tracheotomia pochi giorni prima di morire".
Colpa anche, secondo suor Costanza Galli, della "scaramanzia, di una vera e propria superstizione" che esiste quando si parla di fine vita. E infatti "di cure palliative parla la legge, anche la 219 sulle disposizioni anticipate di trattamento, ma poi? Quanti hanno fatto queste disposizioni? Paginate sul parere della Cei, sull'associazione Luca Coscioni, ma chi si occupa delle migliaia di cittadini come DJ Fabo che non hanno garantite cure palliative e terapia del dolore? Sa che nell'80% dei casi- aggiunge la dottoressa- gli psicologi che nelle cure palliative sono fondamentali, vengono pagati da onlus e fondazioni?".
Secondo suor Costanza Galli in Italia si fa fatica a parlare di cure palliative: "A pronunciar la parola morte o malattia grave o terminale sembra di parlare di cose oscene" dice la dottoressa. "Eutanasia e accanimento terapeutico sono due opposti della stessa difficolta' di accettare la morte. L'eutanasia vuole controllarla. Qui c'e' il grande equivoco- dice suor Costanza Galli- noi non siamo ne' l'una, ne' l'altra cosa".
"Da medico- puntualizza suor Galli nel corso dell'intervista alla Dire- dico che la richiesta di farla finita arriva da quei pazienti che sono piu' soli, che non hanno supporto affettivo ed e' difficile affrontare da soli il momento culminante della vita. Oggi anche molti familiari non si vogliono prendere carico del malato. A questo- commenta- vuole che aggiunga che un posto letto per uno stato vegetativo costi molto di piu' di un'iniezione e via?".
Esiste poi, ma solo dopo questa disamina dell'"equivoco sull'eutanasia" e sulle "cure palliative che non vengono garantite" un tema bioetico che vede ovviamente la religiosa a difesa della sacralita' della vita, ma "non posso giudicare il vissuto e le scelte di altri. Se avessimo garantite le cure palliative ci occuperemmo dei tanti Dj Fabo di cui non parla mai nessuno". Per Suor Costanza Galli, come religiosa la vita e' sacra, ma come cittadina e come medico rivendica che "lo Stato dia tutto cio' che deve dare, prima che si spenga la luce per sempre".
(Wel/ Dire)