Roma, 5 nov. - Cosa significa per una persona reclusa recitare a teatro, cimentarsi nella scrittura di un monologo e addirittura poi interpretare un personaggio in divisa per il grande schermo? "Mi sono preparato per nove mesi. All'inizio ero proprio attanagliato dalla timidezza". Risponde cosi', all'agenzia Dire, Roberto C., ex detenuto della casa di reclusione di Civitavecchia, ora interprete del film 'Fortezza', pellicola liberamente ispirata al 'Deserto dei Tartari' di Dino Buzzati dai registi Ludovica Ando' e Emiliano Aiello, portata alla Festa del cinema di Roma.
Grazie alla recitazione, infatti, Roberto si e' "sentito come liberato di quella timidezza, l'ho sentita proprio svanire- racconta- È stata proprio una grande esperienza terapeutica ed emotiva".
Marco E., invece, racconta che ha anche "scritto una parte in questo film. Un monologo che, in un certo senso, racconta un po' la mia vita. Un certo stile di vita che avevo in precedenza" . E poi, nel tempo, i cambiamenti. "Quello che ho scritto e' una riflessione sul tempo che e' scaturita da questa mia detenzione, chiaramente".
'Fortezza', la pellicola presentata al Maxxi nella sezione 'Per il sociale e per l'ambiente', tenta e riesce a comunicare cio' che la reclusione e' veramente, in quanto concetto umano e non soltanto fisico.
Le attivita' culturali, dunque, a detta di Marco E., "al livello psicologico sono una grande crescita. Credo che questi siano strumenti che dovrebbero essere sempre piu' incentivati da chi dovrebbe farsene carico. Sono un impulso di riflessione".
Ma gli attori, detenuti o ex-detenuti, cosa si portano veramente a casa? "Mi porto un'altra personalita'- chiosa Roberto- Un me stesso, un Roberto nuovo, diverso da quello che e' entrato in prigione tanti anni fa. Un Roberto che mi piace, sotto tanti aspetti sicuro di se' ma che ha scoperto le sue fragilita', anche grazie al teatro".
Marco, invece, a casa non e' ancora tornato e sulla reclusione vuole dire un'altra cosa: "Mi e' servita soprattutto per conoscere ancora di piu' chi era Marco. Sono convinto che molta gente stando fuori, non avendo mai commesso reati, non avendo mai vissuto il carcere, non sapendo neanche cosa sia, non si conosca veramente. Il carcere se lo prendi in una determinata maniera ti porta a far capire veramente chi sei. Io sono arrivata a questo, o almeno penso. Mi sento una persona diversa non lo nego- conclude- Sono contento di quello che sono ora, perche' molta gente vive freneticamente per raggiungere chissa' cosa ma poi, del resto, si perde tanto altro. E la vita non torna indietro".
(Wel/ Dire)