Usando analogia vitale e simbolo crea nuove esperienze attaccamento sicuro
Roma, 19 mar. - La psicoterapia ecobiopsicologica ricostruisce il corpo. "Le neuroscienze hanno confermato che il trauma puo' creare delle alterazioni sinaptiche, definite modelli operativi dissociati, che la psicoterapia puo' riparare intervenendo sulla parte biologica. In sostanza e' possibile riparare i circuiti sinaptici proteggendo con attivita' di holding il paziente e ristabilendo nuove connessioni a livello cerebrale". Come? "Attraverso l'uso dell'analogia vitale e' possibile stabilire le corrette analogie funzionali fra psiche, corpo e il mondo circostante- spiega Sonia Colombo, psicoterapeuta ecobiopsicologica e formatrice- risalendo al significato simbolico sottostante alla psicopatologia".
Colombo e' la coordinatrice del comitato organizzativo del primo Congresso Nazionale di Ecobiopsicologia dal titolo 'Il Corpo come Mandala dell'Universo. Il corpo in psicoterapia', che si svolgera' a Milano il 18 e 19 maggio. Il congresso sara' preceduto da una giornata di laboratori a mediazione corporea.
Qui il programma (http://www.aneb.it/congresso-nazionale).
"Studiando le relazioni tra il corpo, la psiche e la natura, siamo abituati a lavorare con i pazienti creando un campo molto complesso e vasto che ci aiuta a svelare il significato simbolico sottostante ad una malattia psicosomatica o a un sintomo psicosomatico. Lavoriamo sviluppando l'immaginario". Con questo metodo Colombo segue un ragazzo di 19 anni che soffre di emetofobia (timore patologico del vomito): "Lamenta dolori di stomaco, fatica nella digestione, nausee. Ha una sintomatologia conclamata nella paura di poter vomitare in pubblico e quando esce da casa controlla che lo stomaco non sia mai troppo pieno, perche' se sente i morsi della fame sa che non vomitera'. Ha strutturato fortissime restrizioni- racconta la psicoterapeuta- non mangia in pubblico, si e' negato le situazioni conviviali e in casa fatica a mangiare con la famiglia. Mangia di meno e si immagina allettato e dimagrito".
La domanda guida del percorso terapeutico e': "Com'e' stato il rapporto nutrizionale tra il ragazzo e il suo caregiver? Cos'e' che il giovane non riesce a digerire? Attraverso l'uso dell'analogia e' possibile ad esempio prendere in esame la funzione del corpo colpita, arricchendo nel tempo l'immaginario del paziente e arrivando a dare un significato alla sofferenza. Il tema in questo caso fa riferimento a una conflittualita' venutasi a creare nei primi anni di vita- precisa Colombo- epoca in cui non ci sono ricordi in quanto la memoria e' implicita.
L'alimentazione ci rimanda a un disturbo affettivo/emotivo.
Cos'e' che non ha funzionato? La famiglia di questo paziente e' presente- precisa la terapeuta- ma e' molto pragmatica e le emozioni non vengono mostrate: mai una carezza, mai un bacio. Se vengono manifestate, lo fanno attraverso il dolore del corpo, attraverso la malattia. Il vomito e' quindi il tentativo di questo adolescente di buttare fuori le sue emozioni aggressive e antiche. Un cibo affettivo ed emotivo che non ha digerito".
Per fortuna questo ragazzo rompe uno schema e "il dato di realta' ci dice che la situazione e' ancora gestibile- continua Colombo- il peso e' di buon livello, ha un buon rendimento scolastico e una buona tenuta in termini sportivi, ma non riesce piu' ad eccellere. Cerco lentamente di capire con lui come mai il problema si sia focalizzato sul cibo- continua nel racconto l'analista- perche' il suo corpo non trattiene piu'? Il giovane mostra un bisogno antico, primario, di nutrimento, empatia e cura rimasto inconscio e celato, ma si svela quando la tensione sull'esterno diventa troppo alta. È un tratto tipico dei pazienti alessitimici- spiega Colombo- che non trovano significato alle emozioni che provano e che non sanno utilizzare il linguaggio per svelarle. Inoltre, il paziente alessitimico scarica spesso sul corpo cio' che non e' riuscito a comunicare. Non e' per niente consapevole, e' come un bambino che esprime con il corpo il suo malessere".
Come si affronta un disturbo psicosomatico cosi' invalidante? "Il primo periodo di terapia e' dedicato all'accoglienza- afferma la specialista- poi si procede nel riparare i modelli operativi interni dissociati, fornendo un'esperienza di attaccamento sicuro. La nuova esperienza relazionale tra il paziente e il terapeuta e' una seconda occasione per creare una relazione di attaccamento funzionale, stabile e protettiva".
L'ecobiopsicologia esplorando il sintomo da cosi' un senso, un nuovo significato, correlandolo alla storia del paziente e leggendo nella maniera piu' profonda cosa c'e' dietro quel malessere. Il terapeuta propone delle connessioni, dei nuovi collegamenti e significati che il paziente comincia ad introiettare. "In termini concreti attualmente il giovane sta migliorando- fa sapere la terapeuta- si e' ampliato il suo rapporto con il cibo. La sua carriera scolastica e' ripresa e comincia a riconoscere il tema della rabbia e della famiglia anaffettiva che non e' in grado di parlare di emozioni. Il paziente sogna immagini di luoghi in cui si mangia (ristoranti) ma dove non lo puo' fare, svelando in qualche modo la sua necessita' di nutrimento e affettiva: non e' forse il seno materno il nostro 'primo ristorante'? Si e' pero' concesso di stare male, di non celare piu' il dolore. La terapia sta facendo emergere su un piano piu' profondo e complesso la vera problematica che il giovane ha traslato sul cibo".
Il metodo Ecobiopsicologico e' stato fondato dal dottor Diego Frigoli "e chi lo applica sa che funziona- afferma Colombo- In Italia la scuola di psicoterapia Aneb e' attiva da 30 anni e impegnata nel diffondere una pratica che si situa a tutti gli effetti come sviluppo della psicoanalisi e della psicologia analitica junghiana, in accordo con le piu' recenti acquisizioni delle scienze della complessita', delle neuroscienze, delle teorie del trauma e dell'attaccamento. A differenza di altre scuole mette il corpo al centro, senza rischiare di cadere in interpretazioni rigide o schematiche, del tipo mal di stomaco uguale rabbia, per capirci. Il metodo ecobiopsicologico richiede che il terapeuta sappia approcciarsi alla vita e alla complessita' del paziente, attraverso anche lo sviluppo di un'ampia cultura. La cura di tutte quelle patologie che non hanno una causa organica richiede infatti un ascolto piu' profondo, una capacita' di accostarsi all'anima del paziente, spesso ferita ma ancora in grado di esprimere il proprio dolore attraverso il sintomo. In qualche modo tutte le malattie sono psicosomatiche- conclude Colombo- tutto e' collegato e nulla puo' essere tralasciato".
(Wel/ Dire)