Per malattie non trasmissibili, salute mentale e materno-infantile
Roma, 14 mag. - Per i migranti le malattie non trasmissibili e le problematiche legate alla salute mentale e a quella materno-infantile tendono spesso ad acuirsi con il passare del tempo, a causa dell'esposizione continua a determinanti sociali negativi nei Paesi ospitanti, specie laddove il sistema di integrazione del Paese ospitante risulti carente. È quanto emerge dal primo 'Rapporto sulla salute dei rifugiati e dei migranti nella Regione Europea dell'Oms', presentato al ministero della Salute dall'Organizzazione mondiale della Sanita' e dall'Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e il contrasto delle malattie della poverta'. "Molte malattie non trasmissibili tra i rifugiati e i migranti appena giunti- hanno spiegato- sembrano avere tassi di prevalenza piu' bassi rispetto alla popolazione che li ospita, ma i due tassi iniziano a convergere man mano che aumenta la durata del soggiorno del migrante nel Paese. E questo e' particolarmente evidente per l'obesita'".
Inoltre, sebbene i rifugiati e i migranti abbiano un rischio piu' basso per quasi tutte le neoplasie, e' "piu' probabile che queste possano essere diagnosticate in una fase piu' tardiva rispetto alla popolazione ospite". La salute mentale del migrante, che di suo puo' gia' risentire di esperienze traumatiche legate al percorso migratorio, puo' invece "addirittura peggiorare- hanno fatto sapere-, come nel caso della depressione, una volta raggiunto il Paese di destinazione, per via delle cattive condizioni socioeconomiche e dell'isolamento sociale".
Il Rapporto sottolinea ancora come i migranti nei luoghi di lavoro mostrino, tra gli uomini, incidenti piu' frequenti rispetto ai cittadini residenti, con condizioni di impiego e di accesso alla protezione sociale e sanitaria molto difformi. Anche i risultati sulla salute materno-infantile mostrano esiti peggiori correlati alla gravidanza tra le donne migranti, mentre i fattori protettivi possono essere legati sia alla persona, quali il livello di istruzione o la conoscenza della lingua, sia all'efficacia delle politiche di integrazione.
Infine, le evidenze disponibili in tema di accesso ai servizi sanitari descrivono un quadro variegato nella Regione europea, che dipende da molti fattori: tra questi, lo status giuridico (in particolare la condizione di regolarita' nel Paese), l'organizzazione stessa dei servizi e la loro gratuita'. In conclusione, il Rapporto mostra come le malattie infettive abbiano ricevuto "maggiore attenzione nella letteratura scientifica, ma cresce la consapevolezza che esiste una vasta gamma di problematiche sanitarie, come le malattie non infettive, la salute materno-infantile e la salute dei lavoratori, che richiedono politiche mirate e culturalmente orientate".
Occorre pertanto "rafforzare la raccolta delle evidenze, la collaborazione intersettoriale e multidisciplinare, nonche' i sistemi informativi nazionali. È necessario infine abbattere le barriere d'accesso ai servizi sanitari- hanno concluso- con l'obiettivo di una sempre maggiore equita' nella salute ed efficacia delle politiche di sanita' pubblica".
(Wel/ Dire)