Una ricerca tutta italiana pubblicata su Scientific Reports
Roma, 22 gen. - Cosa accadrebbe se il nostro cervello smettesse di produrre la serotonina, ovvero la cosiddetta molecola della felicita'? La risposta arriva da uno studio tutto italiano pubblicato su 'Scientific Reports', rivista del gruppo 'Nature', che ha mostrato l'esistenza di un legame causale fra la riduzione dei livelli di serotonina nel cervello e l'insorgenza del disturbo bipolare.
Lo studio e' stato condotto dal professore Massimo Pasqualetti del dipartimento di Biologia dell'Universita' di Pisa, dal professore Alessandro Usiello dell'Universita' della Campania e del Ceinge di Napoli e dalla dottoressa Chiara Mazzanti del Fondazione Pisana per la Scienza. La ricerca ha inoltre coinvolto competenze di elettrofisiologia e imaging funzionale delle e'quipe guidate da Alessandro Gozzi dell'Istituto Italiano di Tecnologia di Rovereto e da Raffaella Tonini dell'Istituto Italiano di Tecnologia di Genova.
"Il nostro studio ha permesso di associare il deficit di serotonina allo sviluppo di sintomi riconducibili alla sindrome maniacale- spiega Pasqualetti dell'Universita' di Pisa- infatti abbiamo dimostrato che la cosiddetta molecola della felicita' e' fondamentale per attenuare lo stress da 'insulti' ambientali provenienti dal mondo esterno, senza di essa il nostro cervello e' piu' attivo e da cui appunto la fase 'up' o maniacale che fa da contraltare alla depressione".
I ricercatori hanno condotto lo studio attraverso una sperimentazione su modelli animali e cosi' hanno visto che i topi a cui veniva inibita la produzione di serotonina mostravano comportamenti, come ad esempio la perdita del senso del rischio, assimilabili a quelli delle persone in fase maniacale. Se pero' agli stessi animali veniva somministrato l'acido valproico, un farmaco comunemente usato per la cura del disturbo bipolare, ecco che i loro tratti comportamentali alterati si normalizzavano. Oltre all'analisi comportamentale, i ricercatori hanno condotto lo studio anche nelle cellule nell'ippocampo dove i geni sono risultati piu' attivi proprio in corrispondenza della fase maniacale.
"La conoscenza dei complessi meccanismi che governano la fenomenologia del disturbo bipolare- conclude Massimo Pasqualetti- costituisce senz'altro un passo in avanti per l'identificazione di modelli validi per testare terapie farmacologiche sempre piu' avanzate".
(Red/ Dire)