Parla Crepaldi, presidente dell'associazione Hikikomori Italia
Roma, 5 feb. - "Per un hikikomori il computer e' una valvola di sfogo. Incapace di portare avanti relazioni reali, si rifugia in quelle virtuali. Se gli si toglie il pc, non ricomincia a uscire di casa, ma si isola ancora di piu'. Hikikomori non significa dipendenza da Internet, sostenerlo significa fare disinformazione. La spettacolarizzazione genera ulteriore confusione". Marco Crepaldi, presidente dell'associazione Hikikomori Italia, non ha dubbi: il caso della famiglia pugliese, che per oltre 2 anni e' rimasta davanti a un computer senza mai uscire di casa non e' una famiglia hikikomori, ma un nucleo con un altro genere di problemi.
"Come associazione, non siamo mai stati contattati da famiglie cosi' ritirate. Anzi, nella maggior parte dei casi i genitori di ragazzi hikikomori sono in carriera, con un alto livello di scolarizzazione, molto attivi a livello sociale".
Era il 2013 quando Marco Crepaldi, dopo una tesi sul fenomeno in Giappone, apriva un blog per cercare di capire quanto fosse diffuso anche in Italia. Quel blog oggi e' l'associazione Hikikomori Italia, punto di riferimento per ragazzi ma, soprattutto, per genitori che non sanno piu' come gestire quel figlio che ha smesso di andare a scuola e non esce piu' di casa, realta' che incanala un bisogno di aiuto che ancora non trova riscontro nei servizi sociali territoriali. Si stima che siano circa 100 mila i ragazzi ritirati nel nostro Paese, un ordine di grandezza compatibile sia con i riscontri forniti dalle tante organizzazioni sul territorio che hanno cominciato a occuparsi di questa condizione, sia con il numero delle richieste dei genitori che ogni giorno arrivano sul sito. "Si tratta soprattutto di maschi, forse perche' la pressione sociale nei loro confronti e' maggiore. Ma dobbiamo ancora capire se questi dati siano legati anche a problemi di emersione dei dati che riguardano le ragazze".
Come spiega Crepaldi, alla base dell'hikikomori c'e' l'incapacita' di affrontare la competizione sociale. I ragazzi in ritiro sociale volontario sono fragili "e soffrono il confronto con i compagni di classe. Solitamente hanno buoni voti, ma hanno difficolta' a mantenere standard e performance. Sono ragazzi umorali, che non si riconoscono nella societa' ne' nei valori che essa propone". Un'ansia da prestazione che porta anche all'inversione dei ritmi sonno/veglia e al preferire le relazioni virtuali a quelle reali, che di solito sono mantenute solo con i genitori e i parenti. "Il fenomeno in Italia e' relativamente giovane. In ogni caso, possiamo confermare che, in media, l'insorgenza si manifesta intorno ai 15-20 anni. I ragazzi tendono a ritirarsi sempre piu', fino a non essere piu' in grado di frequentare la scuola. Questo comportamento porta uno scompenso in tutta la famiglia, che non sempre riesce ad attraversarlo indenne, anche perche' questi giovani sono molto restii ad abbandonare la loro situazione".
L'associazione ha stilato una serie di buone prassi per approcciarsi a un ragazzo ritirato: in primis, vanno aiutati i genitori. "Diciamo loro che devono allentare la pressione. Spingere perche' il figlio torni a scuola, a uscire con gli amici o a fare attivita' sportive e' controproducente: questo atteggiamento porta il ragazzo a isolarsi ancora di piu', diventando 'inagganciabile'. Quello su cui noi lavoriamo e' ricucire il rapporto genitori-figli, in modo che si recuperi fiducia e comprensione. A quel punto interviene, a domicilio, un nostro psicologo". Hikikomori Italia organizza anche gruppi di auto-mutuo aiuto supportati da uno psicologo dell'associazione.
"Tanto c'e' ancora da fare, ma in questi anni abbiamo anche ottenuto grandi risultati". In Emilia-Romagna l'Ufficio scolastico regionale ha presentato la prima rilevazione sui ragazzi che non vanno piu' a scuola e si chiudono in casa dal titolo "Adolescenti 'eremiti sociali'". "Si tratta della prima ricerca europea condotta nelle scuole, e' un riconoscimento importantissimo". In Piemonte, invece, Hikikomori Italia ha sottoscritto un protocollo di intesa con la Regione e l'Ufficio Scolastico Regionale per l'identificazione congiunta di strategie di intervento sul fenomeno del ritiro sociale volontario, "una serie di linee guida e di strumenti per riconoscere il fenomeno". Il protocollo, tra le altre cose, fornisce indicazioni su come gestire le assenze in mancanza di un certificato medico, su come far sostenere ai ragazzi verifiche ed esami nel modo piu' consono alla loro condizione, sulle possibilita' di ricorrere all'istruzione familiare, e su come affrontare l'alternanza scuola-lavoro. "Finalmente le famiglie possono disporre di un documento informativo ufficiale. Potranno anche essere intercettati e aiutati molti ragazzi le cui famiglie non conoscono ancora la natura di quanto accade al loro figlio".
(Wel/ Dire)