Roma, 30 apr. - Il magistrato squadra Stefano e ne dispone la liberazione immediata, rinviando a un'udienza in primavera. Non per pieta'.
Semplicemente non sussistono i presupposti per la custodia cautelare. 'Mi bastera' guardarla negli occhi per sapere se si sta drogando ancora', lo ammonisce. 'Io voglio curarmi', afferma Stefano uscendo dal gabbione. Stringe mani a chiunque gli si palesi davanti, come un politico in campagna elettorale. 'Grazie a lei giudice e all'avvocato, per questa possibilita''. Poche ore prima, mentre era rinchiuso nelle celle di sicurezza al piano interrato del Tribunale di Milano, ha ammesso di far uso di stupefacenti durante un veloce colloquio con gli operatori del Sert del Palazzo di Giustizia. E' stato quindi portato da due carabinieri al piano terra, ingresso via Manara, negli uffici del Sert per un colloquio piu' approfondito. Quando e' entrato ha parlato chiaro: 'Brucio tutti i miei soldi in cocaina. Mi dovete mettere in comunita'. Adesso. Altrimenti so che lo rifaccio'. Non e' un violento - tutt'altro, quasi un bonaccione - ma si procura i soldi per alimentare la sua dipendenza rubando oggetti e utensili di scarso valore nei negozi, per poi rivenderli.
Ventiquattro ore prima lo hanno bloccato gli uomini della security dentro a un Brico, mentre puntava un trapano.
Quando a Milano si parla di droga, l'immaginario collettivo corre al boschetto di Rogoredo, la piu' grande piazza di spaccio del Nord Italia, e al 'ritorno dell'eroina' fra i giovani. Un ritorno 'parziale e legato alle vecchie popolazioni - spiega Roberto Ranieri, responsabile di medicina penitenziaria per Regione Lombardia - In realta' sono i nuovi tipi di droghe a preoccupare: i derivati della ketamina usati a scopo ricreativo, anche da professionisti alto borghesi, assieme a cocaina e alcol. Parliamo di tossicofili, non tossicomani'. Sono in pochi a sapere che proprio all'interno del Tribunale meneghino esiste un osservatorio privilegiato per guardare al fenomeno della tossicodipendenza in citta'. E' qui che, dal 1995, opera in pianta stabile il Sert Tribunale, primo presidio dedicato per le dipendenze dentro a un Palazzo di Giustizia. A cui sono seguiti quelli di Padova, Roma, Catania, Reggio Calabria (chiusi per mancanza di fondi dopo la sperimentazione) e Genova. E' nato all'epoca dalle intuizioni dell'allora Direttore del servizio dipendenze della Asl di Milano, lo psicoterapeuta Dario Foa', con la collaborazione dell'avvocato Vito Malcangi, della giudice Nicoletta Gandus e dell'ex magistrato di sorveglianza Francesco Maisto. Il Sert Tribunale ogni anno intercetta circa 600 tossicodipendenti o consumatori che sono finiti nei guai con la giustizia. Qui si prova a mettere in pratica quanto previsto dal Testo unico stupefacenti, il Dpr 309/90, vera e propria Bibbia per operatori, psicologi, assistenti sociali del settore. Gli articoli 89, 90 e 94 di quella legge prevedono alternative terapeutiche alla carcerazione, per persone con problemi di dipendenza appena arrestate o condannate. Cosi' quando al mattino gli operatori scendono nelle celle di sicurezza e incontrano arrestati che ammettono di far uso di droghe (un'eventualita' meno frequente di quanto ci si aspetti, anche per persone visibilmente in stato di alterazione), parte una filiera: chiamata alla famiglia, telefonata al servizio territoriale e infine breve relazione redatta per il magistrato. Di quei 600 tossicomani, intercettati 'una forbice fra i 200 e i 250 ottengono i domiciliari e frequentano il Sert della zona in cui vivono - spiega lo psicoterapeuta Francesco Scopelliti, oggi responsabile del servizio in corso di Porta Vittoria e al carcere di Bollate -. Ma l'aspetto piu' importante e' quello conoscitivo, nel senso che loro e le famiglie vengono informate del fatto che possono avere la cura a prescindere dagli aspetti giuridici'.
Aldo Generoso, molisano di origine, di poche parole, e' l'operatore del servizio con l'esperienza piu' lunga maturata in tribunale. Ci lavora dal primo giorno. I giudici della sezione 'Direttissime' gli chiedono pareri e consigli. E' conosciuto da gran parte delle forze dell'ordine che quotidianamente conducono gli arrestati in Tribunale. Alza la cornetta del telefono per fissare a Stefano (il ladro del Brico) un appuntamento con uno dei presidi territoriali di Milano: 'Buongiorno sono Aldo Generoso del Sert Tribunale, chiamo perche' in direttissima si celebra una udienza di convalida per un uomo che utilizza cocaina e hashish da vent'anni, attualmente vaga fra Milano, Bollate, Garbagnate e Arese'. L'uomo ha smesso di usare cocaina solo per un breve periodo, mentre si trovava a San Vittore, ha un diploma di terza media, e' senza fissa dimora e vive temporaneamente nello scantinato dei genitori, nonostante un ordine di allontanamento. Fratelli? 'Uno in Svizzera ma ci non posso andare' per dei precedenti penali che gli impediscono l'espatrio. Degli altri tre 'preferisco non parlare, non abbiamo un bel rapporto'. Quando quella mattina esce libero, sulla gradinata del tribunale di Milano dice: 'Per fortuna non mi hanno chiesto dei vestiti'. Sorride. Indossa quattro felpe di tute diverse. Sono il frutto illegittimo di un 'prelievo' alla Decathlon. Stefano non va subito in comunita'. Aldo Generoso e' riuscito a trovare un appuntamento, per il mese successivo, in uno Smi-Cad: e' il Servizio Multidisciplinare Integrato, ex Centro Aiuto Drogati, oggi Centro Accoglienza per le Dipendenza e il Disagio Sociale. Di fatto un Sert privato convenzionato con Regione Lombardia.
Perche' non puo' andare in comunita' terapeutica subito? 'In genere le comunita' destinano solo il 30 per cento dei loro posti a chi arriva dal tribunale e dall'area penale - risponde Francesco Scopelliti -. Lo fanno per non trasformarsi in succursali del carcere. Se avallassero tutte le nostre richieste sarebbero saturati in tempi brevi'. Inoltre 'per un percorso residenziale di cura e' necessario l'avvallo amministrativo del Sert che ha in carico il paziente - aggiunge Generoso - per questo chiediamo innanzitutto alle famiglie la disponibilita' di ospitare l'arrestato, in attesa di farli entrare in comunita''. Vista la penuria di posti in queste strutture, lo scotto lo pagano soprattutto i senza fissa dimora e gli stranieri irregolari: senza un domicilio stabile, in genere, finiscono in carcere. I dati lo dimostrano: su 2251 nuovi fascicoli per la sezione Direttissime che nel 2018 si sono chiusi con una misura cautelare detentiva, 803 riguardano reati connessi alla droga. Di questi 618, il 76,9 per cento, con indagati stanieri.
Per i condannati definitivi a vigilare sulla frequentazione dei Sert e' invece l'Ufficio di esecuzione penale esterna (Uepe) che relaziona ai giudici. A Milano e in Lombardia e' guidato da Severina Panarello e supervisiona la vita di oltre 8 mila detenuti in regione, circa 2.500 su capoluogo e hinterland, coinvolti in programmi terapeutici: dagli aspetti legati alla salute mentale, passando per il lavoro all'esterno, dagli orari in cui possono uscire di casa, fino ai divieti di frequentazione di certi ambienti o persone. 'Non si tratta di benefici carcerari ma di condanne eseguite sul territorio - spiega Panarello -.
Costa meno della galera, anche in termini sociali'.
Le testimonianze degli operatori socio-sanitari della ex Asl, oggi Asst, che da 23 anni si avvicendano nel servizio dipendenze in tribunale e nelle carceri milanesi, sono state raccolte in un manoscritto. Il titolo e' 'Che ci faccio io qui?'. 'E' la frase che pronuncio' uno dei detenuti - racconta Scopelliti - perche' accade che al sabato sera un giovane si scambi la dose con un altro e non ha nessuna contezza del fatto che la sua condotta puo' portarlo in un tribunale e rischiare una condanna: incontriamo ragazzi di 18-20 anni e i loro famigliari che spesso vengono a conoscenza dell'abuso di sostanze solo durante l'arresto in flagranza. E' traumatico'. I fascicoli con ragazzi poco piu' che diciottenni sono stati 5 l'anno scorso, ma il 33 per cento del totale (204) riguardava ragazzi fra i 20 e 25 anni. La madre di Giorgio viene raggiunta da una telefonata secca, di primo mattino: 'Buongiorno signora, chiamo perche' hanno arrestato suo figlio. Lei sarebbe disponibile ad accoglierlo?', chiede Generoso mentre fissa un primo incontro per il ragazzo nel Sert di via Albenga. Giorgio ha precedenti penali e fa uso sistematico di stupefacenti, da tempo non vive con la madre, che sembra non sappia nulla. Il giorno prima e' stato arrestato e tradotto in tribunale per l'udienza di convalida e giudizio per direttissima, con l'accusa di indebito utilizzo di carte di credito e ricettazione. Si e' presentato tre volte allo stesso Esselunga per acquistare due telefoni Samsung e un iPhone. Valore complessivo, 1.500 euro. Lo ha fatto con carte di credito di cui non conosceva il codice. I commessi, insospettiti, hanno avvisato la Questura che lo ha fermato in via Solari. Le carte appartengono ad altri. Gli vengono concessi i domiciliari dalla madre, il Sert di zona deve relazionare sulla sua frequentazione. Forse anche Carlo, che si presenta tirato a lucido nelle aule di giustizia, ha scoperto solo oggi la tossicodipendenza del fratello maggiore, Daniele. E offre casa sua - via Salomone, quartiere popolare di case Aler - come possibile dimora per i domiciliari. La Squadra Mobile teneva sott'occhio il ristorante di Daniele, una trattoria di viale Jenner, e a una prima perquisizione gli hanno trovato addosso sette grammi fra erba e fumo e 880 euro in contanti. 'L'incasso del locale' dira' il ragazzo in un curioso siparietto con gli agenti, che vengono ringraziati per aver atteso l'orario di chiusura del ristorante prima di intervenire. A casa di Daniele, sono stati sequestrati altri 3,2 chilogrammi di marijuana, 800 grammi di hashish e 57,2 grammi di Mdma. Il ragazzo prova a convincere la giudice di turno che le sostanze siano per uso personale, che una buona parte di erba sia lecita perche' lui si sta lanciando nel business della cannabis legale (gli avvocati presentano una serie di documenti che lo attestano) e che l'Mdma lo ha comprato dieci anni prima: 'Lo lascio nel mobiletto e quasi mai ne faccio uso. La mia ragazza mi tiene sulla buona strada'. La fidanzata piange fuori dall'aula. Ottiene i domiciliari, a casa del fratello, in attesa delle fasi successive del processo.
'La vera rivoluzione sta nel trasformare il tribunale, che nel vissuto di ognuno e' un luogo di leggi e punizioni, in un luogo di cura - sottolinea Scopelliti -. Il 90 per cento di coloro che facciamo uscire o non entrare in carcere finiscono il periodo di affidamento terapeutico senza interromperlo. Le terapie funzionano durante l'esecuzione penale. Ma una volta scontata la pena, rischiano di ricadere nella tossicodipendenza'. Gli operatori milanesi sono stati invitati in vari Paesi - Polonia, Romania, Bulgaria, Ucraina, Spagna, Francia, Inghilterra - per raccontare e insegnare le loro pratiche oggetto di interessamenti anche da parte delle Drug Court statunitensi. E oggi a Varsavia, pur in un contesto normativo differente, c'e' un servizio simile calcato sul modello di Milano. (I nomi citati sono di fantasia) (Wel/ Dire)