La scrittrice di Rete Rua: Il biomercato e' un business colossale
Roma, 30 apr. - In Nebraska (Stati Uniti) una donna di 61 anni ha partorito una bambina concepita in vitro per il figlio gay e il suo compagno. La notizia di questo particolare caso di maternita' surrogata ha fatto il giro del mondo e dappertutto si e' messa in evidenza la questione del "dono" di una madre al figlio. "Il caso del Nebraska e' insignificante, molto suggestivo certo, ma la realta' della maternita' surrogata e' un'altra cosa", commenta Marina Terragni, giornalista, scrittrice ed esponente della Rete Rua (Resistenza all'utero in affitto), che sul tema ha scritto l'ebook "Temporary mother - Utero in affitto e mercato dei figli" (Vanda epublishing).
"Mettere al mondo una creatura in questo modo con la mamma di uno dei due futuri genitori che porta avanti la gravidanza e la sorella dell'altro che mette gli ovuli e' una situazione ad alto rischio per la costellazione psicologica di questa bambina che si ritrovera' come zia la madre genetica e come nonna la persona che l'ha partorita - dice Terragni - Certo in questo caso verranno mantenute le relazioni e la piccola potra', prima o poi, rimettere insieme i pezzi, cosa che non accade con i casi commerciali, che sono la norma per la surrogata, in cui i legami vengono recisi. Cio' che mi domando e' se fosse davvero indispensabile un'operazione del genere". Il riferimento e' all'adozione per le coppie omosessuali, possibile in tutti gli Stati degli Usa, Nebraska compreso. E in Italia? "In Italia la lotta per l'adozione Lgbt non e' mai realmente partita perche' hanno puntato tutto sui figli biologici - continua - Io sono favorevole alle adozioni per chiunque, ma non c'e' l'obbligo di avere figli biologici. Soprattutto quando questo crea un business".
Una battaglia per i diritti? Come riferisce Terragni, secondo l'Osservatorio Lgbt di Milano, le maternita' surrogate in carico alle coppie dello stesso sesso sono circa il 30% di quelle totali, mentre il restante 70% va a coppie eterosessuali. "Le stime sulla popolazione omosessuale e lesbica la indica al 4% piu' o meno - spiega - Quindi questo significa che, suddividendo in modo arbitrario a meta' questo numero, il fenomeno della maternita' surrogata e' prevalente tra gli omosessuali maschi, che ne fanno oggetto di una battaglia per i diritti, che invece non accade per le coppie eterosessuali". Sono 18 i Paesi nel mondo in cui la maternita' surrogata e' legale, tra questi c'e' l'Ucraina, "dove vanno soprattutto le coppie etero e si spendono circa 30 mila euro per un bambino", ma anche il Canada e la California, dove le cifre sono 4 o 5 volte piu' alte. Ma non l'Italia dove la pratica e' vietata dall'articolo 6 legge 40/2004. "E chi parla di 'contratti etici' forse non ne ha mai letto uno - continua Terragni - Sono contratti di schiavitu' volontaria per la gestante che, ad esempio, non puo' assumere farmaci o mettersi lo smalto, la sua vita sessuale viene controllata, non puo' scegliere di tornare indietro, ma se lo decide la coppia e' costretta ad abortire".
Le diverse posizioni. "Noi femministe contrarie alla maternita' surrogata veniamo censurate - dice Terragni - In tv quando si parla di questo tema non veniamo invitate perche' abbiamo un sacco di argomenti a sostegno della nostra posizione e potremmo aprire il contraddittorio. Io ho una storia di sinistra non puoi dirmi che sono omofoba come puoi fare con qualche esponente della destra". Ma qual e' la posizione della sinistra italiana rispetto all'utero in affitto? "Anomala - risponde - Non ne parla nessuno, a parte Monica Cirinna' che vuole cambiare la legge 40, ma dagli altri nemmeno una parola, neanche da Zingaretti". La situazione e' diversa in altri Paesi europei, "come la Francia dove Jean-Luc Me'lenchon ha parlato di sfruttamento, la Spagna dove Podemos ha detto no all'utero in affitto o la Svezia dove si e' stabilito che solo il genitore biologico del bambino concepito con la surrogata puo' essere iscritto, mentre l'altro deve adottare. Non mi sembra che possano essere considerati Paesi omofobi". Anche se in Italia non e' consentita la maternita' surrogata, c'e' pero' la questione dell'iscrizione dei genitori di un bambino concepito con questa pratica in un Paese straniero. "E ogni volta si crea un caso - dice Terragni - A Milano siamo riuscite a bloccarle e adesso si possono fare solo con una sentenza del Tribunale". E ricorda come in Italia l'adozione in casi particolari da parte del partner di uno dei due genitori sia possibile: "Ma e' un percorso di adozione come tutti gli altri, con i colloqui con gli assistenti sociali e tutto il resto, e il cui esito non e' certo - continua - Non capisco perche' in questi casi si vorrebbe creare una corsia preferenziale".
Altra questione e' quella della salute, sia della donna a cui vengono prelevati gli ovuli sia di quella che portera' avanti la gravidanza, che del bambino. "Un tema di cui non si parla mai", precisa Terragni. "Per prelevare gli ovuli una donna e' sottoposta a svariati cicli di stimolazione ovarica che comportano rischi a breve termine come la sindrome da iperstimolazione ovarica o a lungo termine come le patologie oncologiche e la stessa gestante rischia di doversi sottoporre a cicli di ormoni per tutta la gravidanza. Sono diversi gli studi secondo i quali tutte le tecniche di fecondazione, compresa la surrogata, sono a maggiore rischio di patologie per il bambino, fra cui quelle oncologiche", afferma. "La 61enne del Nebraska e' un'ottima testimonial perch e' ti dice che si puo' qualsiasi cosa a qualsiasi eta' - conclude - Ma nessuno ci racconta che 9 volte su 10 la fecondazione non ha successo e che ti puo' distruggere fisicamente. Perche' il biomercato e' un business colossale".
(Wel/ Dire)