I bambini e le emergenze, il ruolo dell'adulto
Intervista a Federico Bianchi di Castelbianco, direttore IdO Roma
(DIRE - Notiziario settimanale Psicologia) Roma, 31 ott. - Il terremoto in Abruzzo, Marche ed Umbria, come tutti gli eventi catastrofici, ci mette di fronte agli interrogativi sul ruolo degli adulti nell'aiutare i bambini. Ecco le domande piu' frequenti a cui risponde Federico Bianchi di Castelbianco, psicoterapeuta dell'eta' evolutiva e direttore dell'Istituto di Ortofonologia (IdO) di Roma: - Fin da che eta' i bambini possono risentire di un evento traumatico come il terremoto? "Purtroppo non vi e' un'eta' che consenta ai bambini di non subire gli effetti negativi- chiarisce Castelbianco- perche' l'evento di morte o un vissuto di perdita portano conseguenze ad ogni eta'. È solo la capacita' nel sostenere il bambino da parte dell'adulto, insegnante, parente, o meglio ancora del genitore, che permette il superamento dei sentimenti negativi associati alla catastrofe. Il bambino ha estrema necessita' di un adulto che gli stia accanto, che lo aiuti a ricompattarsi, che lo capisca, che condivida la sua rabbia e la sua angoscia, che possa consolarlo. Direi quindi che le parole chiave sono presenza e condivisione. Molti bambini non mostrano segni o comportamenti indicatori del trauma subito, e puo' accadere che dopo pochi giorni i sintomi comparsi non siano piu' presenti e, come conseguenza, spesso viene attribuita al bambino la capacita' di superare le situazioni gravi grazie alle caratteristiche tipiche della giovane eta'".
- In tal caso il problema si puo' considerare piu' o meno superato? "Assolutamente no, sicuramente la capacita' di reazione puo' essere di gran lunga migliore di quella dell'adulto, ma vi sono due aspetti da tener presente- continua il direttore dell'IdO- il primo riguarda gli effetti del trauma che albergano nel bambino senza segni apparenti (e per questo deve essere aiutato nell'affrontarli), il secondo e' che la figura dell'adulto presente deve saper controllare la propria angoscia e non trasmetterla al bambino".
- Quali sono i sintomi piu' frequenti? "Ipersensibilita', fragilita' emotiva, angoscia, tristezza, nostalgia, paura, rabbia, solitudine, disturbi dell'alimentazione, del sonno, incubi, difficolta' di concentrazione", afferma Castelbianco.
- Quali i percorsi pratici da proporre? "Sicuramente informare perche' negare la realta' e' assolutamente negativo. Far acquisire sicurezza tramite esercitazioni, simulando situazioni di emergenza per permettere ai bambini di essere interpreti nelle difficolta', e di non vivere i posti abituali della vita quotidiana come minacciosi. Far si'- sottolinea lo psicoterapeuta- che abbiano una figura di adulto come riferimento che li sappiano accogliere e al quale possano ritornare nei momenti di sconforto".
- Vi sono tecniche o modalita' particolari che vanno usate con i bambini? "L'adulto deve saper ascoltare il bambino, parlare in modo semplice, farsi capire, non stupirsi di cambiamenti d'umore, di modifiche a comportamenti o schemi d'azione abituali. La paura del bambino deve trovare uno spazio di accettazione e comprensione. Far riemergere i vissuti dal mondo interno per elaborare, tramite i racconti e i giochi, gli incubi, le angosce e tutto cio' che di negativo il bambino ha cercato di negare per non essere costretto a sperimentarlo emotivamente. L'esperienza traumatica deve poter essere affrontata, rivissuta e ricatalogata affinche' l'immaginazione non rimanga imbrigliata nelle trame della negazione. Anche quando apparentemente la fantasia del bambino appare scollegata alla realta', si deve utilizzare ogni spunto creativo per poter ricostruire ed elaborare quanto si sia frammentato. Il bambino e' grazie al contenimento e alla guida dell'adulto che riconquista sicurezza e fiducia in se stesso e si dispone a una nuova progettualita'. A questo proposito e' importante sottolineare che se i genitori sono le prime figure di riferimento, gli insegnanti sono le seconde, perche' e' con loro che i bambini passano molto tempo, insieme al gruppo dei coetanei, altrettanto fondamentali per un recupero soddisfacente. In questo momento gli adulti che stanno con i bambini devono essere aiutati, perche' un loro cedimento comprometterebbe il recupero effettuato o da effettuare. Non si puo' sperare che l'adulto superi da solo le proprie angosce, perche', per quanto reattivo, e' anche lui un soggetto che e' stato sottoposto a un trauma- conclude il direttore dell'IdO- il cui superamento non puo' essere differito nel tempo".
(Wel/ Dire)
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