(DIRE - Notiziario settimanale Psicologia) Roma, 28 nov. - Un Paese spaccato a meta', tra chi condanna "senza se e senza ma" la violenza sulle donne e chi invece ritiene che sia comunque un fatto privato o che in alcuni casi anche le vittime abbiano delle responsabilita'. E' quanto emerge da una ricerca su un campione di mille persone, rappresentative della popolazione adulta degli italiani, condotta da Ipsos e da WeWorld, ong che ha progetti in Italia e all'estero a favore dell'infanzia e delle donne.
Il 49% pensa che le colpe della violenza di genere non siano in alcun modo attribuibili alla donna e che sia un fenomeno che riguarda tutti. Il 35% invece, pur condannando la violenza, ritiene che sia piu' una faccenda famigliare, da risolvere in privato. C'e' poi un 16% che attribuisce alla donna qualche responsabilita' perche' magari ha provocato l'uomo, oppure l'ha esasperato o tradito. "Ancora oggi nel 2017 fotografiamo un Paese profondamente diviso nell'opinione su cio' che si configura come violenza di genere -commenta Nando Pagnoncelli, presidente di Ipsos-. Un cambiamento radicale di mentalita' e' ancora piuttosto lontano, ma per fortuna ci sembra che possiamo contare sulle agenzie educative primarie per incidere sulle nuove generazioni a riparazione delle attuali carenze".
L'indagine rivela anche altri aspetti sorprendenti. Sono principalmente le donne, dai 54 ai 65 anni, che vivono nel Nord Ovest dell'Italia a schierasi dalla parte delle vittime senza eccezioni, mentre coloro che ritengono la violenza un fatto risolvere in famiglia sono uomini e vivono nel nord est. Chi tende a giustificare l'uomo e' invece giovane (18-29 anni) e vive nel Centro Sud.
Quel che e' certo, comunque, e' che il fenomeno e' ormai ben conosciuto. Per un italiano su tre la violenza sulle donne e' "molto diffusa" e per il 63% i casi sono aumentati negli ultimi anni e l'85% e' consapevole che accadono soprattutto all'interno delle mura domestiche. Ma poi c'e' ancora uno zoccolo duro di persone che e' portato a tollerare alcuni comportamenti. E cosi' per il 19% degli intervistati e' lecito "fare battute e prese in giro a sfondo sessuale", per il 17% "fare avances fisiche esplicite", il 10% "obbligare una donna a lasciare il lavoro o a cercarne uno", il 9% "impedire a una donna qualsiasi decisione in merito alla gestione dell'economia familiare" e l'8% "controllare o impedire amicizie di una donna con altre persone". La ricerca mette in luce "uno stereotipo e un pregiudizio odioso e assolutamente anacronistico- dichiara Marco Chiesara, presidente di WeWorld-. Per la nostra ong riuscire a scardinare questo modo di pensare e' fondamentale".
Agli intervistati sono state sottoposte anche domande sulla violenza assistita, ossia quella di cui sono vittime i bambini quando vedono episodi di violenza in famiglia (o ne percepiscono le conseguenze sulla mamma). Il 49% non ne ha mai sentito parlare, il 36% l'ha sentita nominare, mentre il 15% sa di che cosa si tratti. Dall'indagine emergono anche alcuni stereotipi duri a morire sul ruolo della donna e dell'uomo all'interno della famiglia. Se l'84% e' d'accordo sul fatto che gli uomini devono partecipare alla gestione della casa (fare le pulizie o la spesa o cucinare), il 65% ritiene comunque che la donna sia capace di sacrificarsi molto piu' di un uomo. Non solo, il 37% ritiene che tutte le donne sognino di sposarsi e il 36% che, quando ci sono i figli, e' meglio che sia il marito a lavorare e la donna a restare a casa.
(Wel/ Dire)