Mondo (analista junghiano): Il tema fondamentale e' il gioco
(DIRE - Notiziario settimanale Psicologia) Roma, 12 dic. - Ci sono delle parole speciali e intorno ad esse si costellano dei campi che permettono all'analista di approfondire la relazione con il paziente. "Sono le Keywords analitiche, quelle 'parole chiavi' che se giocate all'interno di un dialogo tra psicoterapeuti vedranno alcuni improvvisare e altri rispondere con risonanze e riflessioni". Spiega cosi' Riccardo Mondo, analista junghiano, il senso dei dialoghi sulle 'keywords essenziali al processo analitico', realizzati con Magda Di Renzo, responsabile del servizio terapie dell'Istituto di Ortofonologia (IdO), in occasione dell'ultimo 'Venerdi' culturale' dell'IdO.
"E' un tipo di incontro in cui cerchiamo di rompere la routine delle classiche conferenze programmatiche dove ognuno porta la propria impostazione, teoria, opinione e prospettiva. Abbiamo pensato di creare un setting di conferenze che fosse piu' vicino e simile allo stato di relazione che si struttura in una terapia- spiega Mondo alla Dire- dove non sappiamo cosa accadra', ne' dove andremo. E' un confronto dialogico, da una parte c'e' qualcuno che da' e dall'altra qualcuno che riceve, ma nell'eco delle parole cosi' scambiate si creano delle risonanze, accadono cose inaspettate".
Il tema fondamentale e' il gioco. "Il terapeuta deve saper giocare per far accadere situazioni creative. Noi cerchiamo di riportare la creativita' nel soggetto sofferente- afferma lo psicoterapeuta- e per fare cio' dobbiamo essere capaci noi di giocare, improvvisare, lasciarci andare e di perdere anche le nostre sicurezze terapeutiche".
Un esempio di Keyword e' l'umilta'. "Nell'Amleto di Shakespeare, il principe di Danimarca dice al cugino Orazio 'Ci sono piu' cose tra cielo e terra di quanto possa comprenderne la tua filosofia'. Riprendo questa metafora per sottolineare che le nostre teorie- precisa l'analista junghiano- alle quali spesso difensivamente ci arrocchiamo, sono solo degli sguardi prospettici che devono contenere la possibilita' di incontrare altri sguardi, diversi dai nostri. Se necessario devono permettere di incontrare cio' che e' inconscio, cio' che e' invisibile. Solo in questo modo, ricordandoci che c'e' molto di piu' di quello che conosciamo, possiamo avere l'umilta' per aiutare l'altro. Adolf Guggenbühl-Craig, famoso analista zurighese, diceva che noi psicologi dobbiamo essere umili, questa e' la qualita' piu' difficile da realizzare in una formazione terapeutica. Altrimenti il rischio- avverte- e' quello di gonfiare l'Io del terapeuta con gli apprendimenti del training, con delle conoscenze che aumentano la conoscenza del terapeuta e spesso la sua arroganza, pensando finalmente di avere l'autorita' per conoscere definitivamente l'altro, per indirizzare la sua vita".
L'umilta' e' quindi "la conquista maggiore di un terapeuta, che sulla scia della funzione socratica del 'conosci te stesso e apprendi di non sapere', rinuncia all'arroganza interpretativa che le proprie conoscenze possono strutturare in questo ipertrofico stile di diagnosi, di parcellizzazione dell'altro, che caratterizza la contemporaneita', per cui supponiamo esattamente di sapere cosa succede. L'umilta' ci consegna spazi nuovi- ricorda Mondo- zone in penombra che permettono di ascoltare diversamente l'altro, perche' quello che di nuovo puo' accadere richiede umilta'".
Un'altra parola chiave si ritrova nel guaritore ferito: "Il guaritore ferito parte dalla coscienza del terapeuta di avere anche lui una ferita psichica che in qualche modo puo' diventare feritoia- prosegue l'analista- e che soprattutto e' consapevolezza della sua ombra esistenziale. Questa consapevolezza di imperfezione, di portare con se' una ferita psichica, mette in gioco un campo nel quale il guaritore e il ferito sono due componenti che si costellano inizialmente nella polarita' distinta di terapeuta-guaritore e paziente-ferito, ma progressivamente l'umanizzazione della relazione terapeutica porta alla scoperta del guaritore interno del paziente, il reale elemento di cura psichica per ognuno di noi. Per fare cio' bisogna ricordare che lo stesso terapeuta e' in parte ferito, un individuo che ha fatto i conti con la sue umane imperfezioni e che continua ad ascoltarle per non perdere la compassione e non ripiombare nell'arroganza del curatore onnipotente. L'archetipo del guaritore ferito e' la coscienza di esistere, di evolversi, ma di essere umani e quindi imperfetti- conclude Mondo- come diceva Freud 'Se non possiamo correre, possiamo perlomeno imparare a camminare claudicando".
(Wel/ Dire)