(DIRE-Notiziario settimanale Psicologia) Roma, 8 mar. - Proporre personaggi che hanno rivendicato per il femminile la capacita' di poter pensare filosoficamente. Cosi' il Centro di Psicologia Umanistico Traspersonale e di Analisi Fenomenologico -Esistenziale festeggera' l'8 marzo, ricordando Simon Weil, "una grande filosofa ebrea del 900, portatrice di un messaggio di autonomia e liberta' al di fuori di qualsiasi schema e compromesso".
L'iniziativa si svolgera' nell'ambito del progetto 'Soggettivita' e psicologia del femminile', con la proiezione del film di Emanuela Piovano, 'Le stelle inquiete', nella Sala San Benedetto della Banca Popolare di Cassino, dalle 16 alle 19.
Seguira', alla visione del lungometraggio, il dibattito con Magda Di Renzo, psicoterapeuta e analista junghiana del Centro italiano di psicologia analitica.
"Da Weil arriva un forte messaggio di coraggio e autonomia femminile- spiega alla DIRE Maria Felice Pacitto, responsabile del Centro- e' questa l'idea che vogliamo veicolare nel mondo contemporaneo, oggi cosi' conformista".
Weil e' una delle prime tre grandi filosofe insieme ad Hannah Arendt ed Edith Stein. "Stein sara' la prima donna a parlare di empatia nel suo testo del 1916. La Weil morira' il 27 agosto del '43, esattamente un anno dopo la Stein (che finisce il 2 agosto del '42). La Arendt sara' invece la piu' longeva, morira' nel '76". Il film riporta un momento di pace nella vita di Weil, che non fu molto tranquilla: i mesi dell'estate del '42 che la donna trascorre nella fattoria di Gustave Thibone, un contadino appassionato di filosofia, a cui insegnera' Platone.
"Lei era una persona irriducibile- prosegue la psicologa- caratterizzata anche da una vena di autodistruzione perche' la trascuratezza per la sua salute la portera' alla morte. Infatti, dopo la parentesi americana con la famiglia (i tempi erano diventati difficili per gli Ebrei in Europa), la studiosa si spostera' in Gran Bretagna, a Londra, dove morira' di tubercolosi a soli 36 anni. Weil si alimentava poco per assimilarsi a quelli che non avevano i mezzi per mangiare. Uno dei punti centrali della sua filosofia era: 'Non possiamo comprendere gli altri se non ci assimiliamo alla loro condizione'".
- Perche' ricordare Simon Weil nel giorno della donna? "Solo due categorie di donne, le filosofe e le psicoanaliste, hanno cominciato ad interpretare e a teorizzare il mondo. Le donne fino al '900 sono state sistematicamente escluse dal 'sapere' e dal 'potere', relegate in una presunta inferiorita' razionale rispetto al soggetto maschile egemone, razionale e universale. La centrale del ragionamento apparteneva ai maschi. Invece,con loro tre inizia il pensiero filosofico femminile- ricorda Pacitto- teorizzano su temi che fino ad allora furono toccati solo dal maschile".
- Come appaiono queste donne filosofe? "Erano tutte e tre ebree e teorizzavano in solitudine, al di fuori di qualsiasi corrente di pensiero, sullo sfondo della vicenda nazista. Sono stati tre percorsi diversi, ma con uno stesso grado di autonomia: Weil e' una filosofa antiaccademica, ha partecipato alla Resistenza, e' andata in fabbrica, ha insegnato nei licei e si e' tenuta fuori da qualsiasi organismo di potere. Arendt, che fu quella che ebbe una vita meno difficile e godette di un successo conclamato, rifiuto' sempre la cattedra universitaria per mantenere la sua liberta' di movimento e di indagine. Infine Edith Stein, allieva di Husserl, autrice del primo testo sistematico sull'empatia, subira' le restrizioni del regime nazista relative all'insegnamento e finira' ad Auschwitz. Tutti personaggi fuori dalle righe".
Weil e' una filosofa "radicale, estremamente ispida e difficile da inserire in qualsiasi corrente di pensiero- chiosa la filosofa- non solo per i contenuti, ma anche per il suo stile molto apodittico". Figlia di genitori ebrei "che appartengono a quella parte della societa' ebraica assimilata all'Occidente e che ha dimenticato le sue tradizioni- continua la direttrice-, la giovane studiera' filosofia alla Normale per poi andare ad insegnare nei licei. Sin da giovanissima inizia a scrivere e sara' molto prolifica".
- Quali sono i contenuti della sua filosofia? "Tutta la prima fase, fino al '38, e' una riflessione di filosofia politica.
Scrivera' sulla condizione dei piu' deboli, l'ingiustizia, l'idea di progresso e lavorera' in fabbrica per condividere la condizione degli operai. (E' per questi contenuti che Olivetti, l'allora proprietario delle Edizioni Comunita' volle, agli inizi degli anni'50, la traduzione di alcuni scritti della Weil). Poi la sua riflessione si allarghera' ad altri temi: la liberta', l'oppressione, il totalitarismo, la filosofia greca, il Sacro, ecc..".
- Sembra una filosofa piena di contraddizioni, cosa ne pensa? "Si- risponde la psicologa- Weil cerca la concretezza, ma ha difficolta' ad entrare in contatto con la fisicita'. Si costringe a fare cose non adatte a lei, come il lavorare nei campi da Thibone e nessuno la capisce. Si avvicina al Marxismo, ma lo critica definendolo totalitario, cosi' come critica l'azione dei sindacati e delle lotte operaie, smontandone pero' anche le speranze. La stessa adesione al Cristianesimo e' particolare: non e' la devota classica. Non si battezza, eppure usciranno da lei delle pagine bellissime su Gesu' e sul Cristianesimo. La cifra autentica della filosofa e' la totale autonomia e liberta' di riflessione rispetto a qualsiasi tradizione di pensiero- ripete Pacitto- per questo e' difficile interpretarla. Una riflessione animata dalla ricerca appassionata della verita', supportata da un'austerita' di vita che le attribuisce autorevolezza. Non ebbe una vita affettiva ma fu capace di relazioni amicali, a distanza, intensissime, come testimoniano i carteggi. Scrisse sul tema dell'attenzione come cura per l'altro, ma non comprese la drammaticita' della condizione degli Ebrei in quel terribile momento storico. Anzi assunse una posizione (deprecabile) decisamente antigiudaica".
- Cos' e' per Simon Weil l'amicizia? "Non ha nulla a che vedere con la dipendenza, perche' si odia cio' da cui si dipende. L'amicizia- aggiunge Pacitto- e' per lei una forma di amore divino, e' l'unico tipo di rapporto affettivo di cui sara' capace. L'amicizia e' la massima forma di relazionalita' e deve essere presente anche nell'amore coniugale".
- Cosa direbbe, secondo Lei, Simon Weil sui fatti di Colonia? "Direbbe che solo la forza delle donne, morale e intellettuale, si puo' opporre alla violenza e al nazismo. Le donne devono essere autonome, consapevoli e non dipendenti dal maschile".
Weil tratta l'elemento della dipendenza: "Nei rapporti umani, ovvero amichevoli, ci deve essere rispetto della distanza, mai dipendenza perche' la dipendenza uccide i rapporti. Se dovessimo esprimerci in termini psicologici potremmo dire che Simon Weil e' una donna di animus, coraggiosa, riteneva che la donna dovesse essere presente in tutti gli ambiti. Non e' un caso che lavora in fabbrica, partecipa alla Resistenza e ad alcune operazioni di guerriglia nel '36 e '37. Non e' un caso che si propone di organizzare un corpo di assistenza infermieristica fatto di sole donne al Fronte nella seconda guerra mondiale". Sullo sfondo della vicenda nazista, Weil "si chiede come sia stato possibile che la cultura tedesca (propria di un popolo piu' colto degli altri nel '900) abbia potuto cedere al nazismo. Un fatto per il quale non abbiamo ancora trovato una risposta. È certo un pensiero attuale piu' che mai- conclude Pacitto- in un momento in cui c'e' una recrudescenza sostanziale dell'antisemitismo in Occidente, e soprattutto in Danimarca".
(Wel/ Dire)