Gestione delle reazioni psicologiche post-donazione. Articolo di trapianti.net
(DIRE - Notiziario settimanale Psicologia) Roma, 17 mag. - La domanda di donatori viventi di rene e' aumentata costantemente dal 1960 soprattutto in relazione al perfezionamento delle tecniche chirurgiche di prelievo e trapianto, facendo diventare questa procedura una valida alternativa all'emodialisi e al trapianto da donatore cadavere. All'inizio c'erano dubbi che i benefici del ricevente potessero oscurare la sicurezza e il benessere dei donatori. Donare un rene e' un atto generoso, ma puo' anche essere una complicata esperienza psicologica.
Mentre molti donatori hanno forti motivazioni altruistiche vi e' la preoccupazione che alcuni di essi maturino la decisione con ambivalenza, passivita' o in risposta a pressioni familiari (Lennerling A, et al. Motives for becoming a living kidney donor. Nephrol Dial Transplant, 2004). Queste preoccupazioni con il tempo sono state mitigate giacche' diversi studi hanno dimostrato che i donatori, se accuratamente selezionati e seguiti, possono beneficiare psicologicamente dalla donazione. Di riflesso l'opinione pubblica ha cominciato a guardare a questo potenziale beneficio (Surman O, et al. Live organ donation: social context, clinical encounter, and the psychology of communication.
Psychosomatics, 2005). Ciononostante, molti operatori sanitari hanno espresso la preoccupazione che i donatori in valutazione possano omettere alcune informazioni cliniche, comportamentali o altre nozioni anamnestiche per timore che queste possano pregiudicare la loro idoneita' alla donazione. Finalita' di questo studio e' quella di ottenere una migliore comprensione delle motivazioni dei donatori di rene e di valutare in che misura vengono nascoste informazioni per influenzare i medici che ne valutano l'idoneita'. Secondo gli autori tali comportamenti rientrano nelle "strategie comportamentali che la gente usa per creare l'immagine sociale desiderata".
La creazione artificiosa di un'immagine positiva o l'occultamento delle informazioni riguardanti la storia medica o psichiatrica di ognuno, le finanze e l'occupazione, il sostegno sociale, la tendenza a prendere decisioni impulsive e ancora l'augurio di un rapporto speciale con il ricevente nel post donazione, possono influire direttamente sull'autostima del donatore e sulle reazioni post-donazione.
Lo studio e' stato condotto da un centro trapianti nel Midwest degli Stati Uniti tramite un sondaggio telefonico e ha coinvolto 144 donatori, 76 dei quali hanno accettato di partecipare alla conversazione. Il campione era composto sia da donatori correlati sia da non correlati al ricevente. Sono stati esclusi i donatori samaritani perche' erano in numero esiguo e le loro motivazioni tendono a differire da coloro che donano a riceventi noti. Il metodo di lavoro e' stato molto dettagliato, con suddivisione del campione in un focus group all'interno del quale i partecipanti sono stati suddivisi in sottogruppi in modo che l'esperienza di ciascun donatore potesse essere discussa piu' a fondo. In sostanza la grande maggioranza dei donatori (78,9%) ha indicato che la principale motivazione alla donazione era il "desiderio di aiutare", un numero molto piu' piccolo ha indicato "un senso di responsabilita' o dovere morale" (17,1%) e due donatori hanno riferito "convinzioni religiose" come principale motivo della donazione. Molti hanno ammesso di aver cercato di creare una buona impressione durante la loro valutazione in modo da poter essere accettati come donatori ma solo uno ha ammesso di aver nascosto le informazioni che pensava avrebbero ridotto la possibilita' di essere giudicato idoneo alla donazione. Le reazioni post-donazione tendevano ad essere abbastanza favorevoli, anche se non in tutti i casi. Tutti i donatori nei focus group hanno convenuto che la donazione del rene e' stata un'esperienza psicologica positiva. In 15 hanno aggiunto che il loro atto e' stato tenuto in grande considerazione da parte dei familiari anche nei casi in cui il trapianto non ha avuto esito positivo a seguito della perdita dell'organo. Un altro vantaggio riferito e' stato l'aumento di autostima. Altri hanno evidenziato un senso di maggiore significato e scopo della loro vita. Una donatrice che ha donato al coniuge riferisce testualmente: "Questo gesto mi ha fatto pensare alla domanda che ognuno di noi si pone in punto di morte, e cioe', cosa ho fatto di significativo nella mia vita? La donazione e' stato una delle migliori azioni che ho fatto, e' stato come mettere alla luce i miei figli".
Per contro, un piccolo numero di donatori ha riferito reazioni negative post-donazione, sia nei casi di ritardata ripresa funzionale del trapianto, sia nei casi di rigetto. In particolare un donatore il cui organo e' stato rigettato dal ricevente ha riferito di sentirsi ancora oggi ansioso ed emotivamente semi-responsabile del fallimento del trapianto.
Eppure quando agli intervistati e' stato chiesto se avrebbero preso di nuovo la stessa decisione, tutti hanno detto che lo avrebbero rifatto, senza esitazione, compresi coloro che hanno sperimentato reazioni meno favorevoli.
Gli autori concludono che non e' stata trovata alcuna prova convincente che suggerisca un abituale comportamento di occultamento d'informazioni riguardanti il consumo di alcolici, l'utilizzo di droga, problemi psicologici, difficolta' finanziarie o problemi di salute, che potrebbero essere fondamentali nel determinare l'idoneita' del donatore.
Tuttavia, la meta' dei donatori ha mostrato una tendenza alla creazione artificiosa di un'immagine positiva e un piccolo numero ha riconosciuto di nascondere qualche informazioni al team di valutazione. I centri di trapianto devono, quindi, essere attenti alla possibilita' che questi fattori possono influenzare le informazioni ricevute durante il percorso valutativo.
Le questioni affrontate sono indubbiamente importanti.
Pertanto, replicando ed estendendo l'esperienza a campioni piu' ampi, si potrebbero verificare le tendenze qui riscontrate in modo da approfondire in dettaglio le reazioni favorevoli e meno favorevoli dei donatori. Questo aiuterebbe sicuramente a identificare i possibili ambiti di miglioramento nel processo di valutazione della donazione da vivente.
(Wel/ Dire)