Inconscio collettivo e centralità immagine, Jung è attuale
Widmann: Concezione junghiana è modo di pensare, percepire e agire
(DIRE - Notiziario Psicologia) Roma, 26 gen. - Non c'è più e solo l'esperienza personale, esiste un rapporto profondo che ogni essere vivente ha con un bagaglio transpersonale, legato a immagini e tradizioni comportamentali depositate nell'inconscio personale. E' il concetto di inconscio collettivo che, a un secolo circa dalla sua elaborazione, contiene tutta l'attualità del pensiero junghiano. L'agenzia DIRE ne parla con Claudio Widmann, psicoterapeuta e analista junghiano, nonché saggista e curatore di numerose opere sul tema.
- Professore cosa cambia con il concetto di inconscio collettivo? "Si azzera la possibilità che l'inconscio sia esclusivamente personale e che la vita psichica sia una questione soltanto privata. È' un concetto che apre a dimensioni transpersonali, a uno sfondo psichico familiare e plurale.
L'attualità dell'inconscio collettivo oggi investe l'etnopsichiatria e la psicologia transculturale (etnopsichiatria), discipline che ci impongono una riflessione su come l'inconscio sia depositario di strutture non solo personali ma collettive".
L'esponente del Centro italiano di psicologia analitica (Cipa) cita allora un episodio "illuminante" riportato da Stefano Carta, professore di Psicologia dinamica dell'Università di Cagliari: "Qualche anno fa un ragazzo quindicenne, nato e cresciuto in una regione dell'Italia Settentrionale, decise di rapinare una farmacia utilizzando un coltello. Il suo agire fu talmente maldestro e goffo che venne subito preso dalla polizia. Quando lo psicologo giunse in Caserma per la consueta consultazione, si trovò dinanzi una scena curiosa: il ragazzino conversava cordialmente con i poliziotti, che gli mostravano come si utilizza, si smonta e si custodisce in sicurezza una pistola.
Stefano Carta rileva che il giovane, figlio di una famiglia sarda emigrata nell'Italia del Nord, portava dentro di sé una tradizione antica relativa ai rituali di passaggio dell'entroterra della Sardegna. Per secoli, un adolescente dava prova di essere pronto alla maturità rapinando un capo di bestiame nei greggi vicini. Sebbene fosse ignaro di tali usanze, questo ragazzo ha riproposto lo stesso schema comportamentale, depositato non tanto nel suo inconscio personale ma in quello collettivo".
Esistono numerosi esempi di "manifestazioni assolutamente anomale per noi, messe in atto da persone giunte ad esempio dall'Africa Subsahariana, che dipendono da un bagaglio di strutture inconsce proprie della psiche di origine". A un recente convegno di psicologia analitica, una collega americana riferì fantasie particolarmente frequenti in puerpere afroamericane- racconta Widmann- timorose che il nascituro venisse rapito, sottratto, perso. Nella storia personale di queste donne non ci sono ragioni per temere simili eventi, ma nel loro passato collettivo (quando i neri erano schiavi in terra d'America), i figli non appartenevano alle madri, appartenevano alla piantagione. Una psiche collettiva abbraccia sempre una vita più ampia di quella individuale".
- Come funzionano le strutture attive nell'inconscio collettivo, che Jung definisce archetipi? "Oggi la teoria del campo ripropone esattamente il modello concettuale junghiano in ambiti diversi della scienza", risponde Widmann. Secondo questa teoria, "esiste un campo di cui non abbiamo percezione, che possiede delle linee di struttura volte a organizzare l'emergere dei fenomeni. Già a livello elettromagnetico, della limatura di ferro non si dispone né a caso né omogeneamente- aggunge lo psicoterapeuta- ma secondo precise linee del campo magnetico; la meccanica quantistica osserva che il passaggio dall'energia alla materia, avviene in un luogo anziché in un altro in base a delle leggi di campo. La Gestaltpsychologie ha dimostrato sperimentalmente che leggi di campo strutturano la percezione, così che si può perfino vedere un'immagine dove non c'è". - Il pensiero junghiano può essere uno stile di vita? "In generale i sistemi di pensiero e le concezioni del mondo o rimangono un esercizio puramente teorico e sterile, o diventano uno stile di vita. In particolare, la concezione junghiana non è solo un modo di pensare, ma anche di percepire e agire. Nella sua concezione della vita psichica Jung introduce espressi riferimenti alla coscienza. Per esempio, nel concepire l'archetipo dell'Ombra- sottolinea lo psicoterapeuta di Ravenna- avanza una formulazione esplicita e implicita al fatto che ognuno di noi è responsabile della propria Ombra. La coscienza non è responsabile solo di quello che facciamo consciamente ma anche di ciò che facciamo inconsciamente. Nell'abituale 'contratto' analitico si ha un'implicazione minimale e immediata di ciò: la persona è responsabile delle sedute programmate ed è tenuta a conferire l'onorario concordato anche se si dimentica dell'appuntamento. Se l'Ombra appartiene all'individuo, c'è sempre meno spazio per dire 'non lo sapevo', 'non volevo', 'mi sono dimenticato'. Contemporaneamente- ricorda Widmann- una parte dell'inconscio si fa carico del disegno di vita e del senso esistenziale, talvolta perfino scavalcando la coscienza".
Jung "punta su una relazione sempre dialettica e reciprocamente feconda tra inconscio e coscienza". Il medico svizzero aveva un interesse profondo verso tutte le manifestazioni dell'inconscio, basti pensare che arrivò ad "estendere le categorie della psicologia a quelle discipline (magia, superstizione, divinazione) che per tanto tempo sono state appannaggio del pensiero magico".
Un ultimo grande tema di attualità del pensiero junghiano, secondo Widmann, tocca la centralità dell'immagine: "Per Jung tutta la psiche è immagine e tutta la vita psichica è un immaginare. L'archetipo, quale pattern che opera nell'inconscio collettivo, si manifesta per immagini. Il ruolo dell'immagine non è mai stato centrale come nella civiltà contemporanea: apprendiamo, comunichiamo e pensiamo attraverso immagini che passano per i media, la rete, gli smartphone o i selfie". Jung è stato un "anticipatore della potenza e del potenziale delle immagini, in un'epoca in cui queste non erano altrettanto diffuse".
- In che senso è stato un anticipatore? "Nel ritenere che attraverso le immagini emerga e si profili l'identità dell'individuo. Non tanto creando un 'profilo' in facebook o costruendo un proprio alias che vive e opera nella second life, ma plasmando progressivamente l'essenza individuativa che giace nel profondo della psiche. Attualmente l'uso prevalente delle immagini è estroversivo e auto-rappresentativo (spesso auto-celebrativo); per Jung invece l'uso elettivo delle immagini è introversivo e individuativo. La vita immaginativa è la dimensione privilegiata in cui la coscienza accede all'inconscio e l'inconscio accede alla coscienza. La recente pubblicazione del Libro Rosso ne è un esempio alto e probante.
L'intuizione junghiana del valore delle immagini fu talmente ampia che Pauli, premio Nobel per la fisica, scriverà- conclude Widmann- che dietro una scoperta scientifica non c'è un processo intellettuale di pensiero, ma un'immagine archetipica".
(Wel/ Dire)
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