(DIRE - Notiziario Psicologia) Roma, 12 gen. - Conoscere e saper valorizzare le diversita', differenziare per arricchire e migliorare. Sono queste le basi teoriche, ma soprattutto pratiche, da cui prende vita il diversity management. Si tratta di un nuovo modo di gestione delle risorse umane, partendo dal principio cardine che vede nelle diversita' un valore aggiunto, l'elemento vincente che puo' fare, appunto, la differenza in un contesto di lavoro non piu', ormai, solo nazionale, ma internazionale e mondiale.
Nasce negli Stati Uniti alla fine degli anni '80, probabilmente in seguito ad n emendamento costituzionale del '74-'75 in base al quale il gverno americano spingeva affinche' le imprese assumessero piu' donne e persone appartenenti alle minoranze etniche, dando loro maggiori opportunita' di crescita in ambito professionale. Oggi il Diversity Management inizia a diffondersi anche in Italia, benche' il 47% delle persone non ne conosca ancora il significato.
Una ricerca di PageGroup uscita a metà dicembre del 2015 fa emergere che solo due aziende su cinque applicano politiche e attivita' di diversity & inclusion. Tra i numerosi casi di analisi vi sarebbe quello relativo ad un campione di 1.202 intervistati, di cui 372 impiegati in contesti aziendali dove sono state adoperate tali politiche. E' emerso che in due casi su cinque le suddette pratiche vengono adottate da circa tre anni. Tra i fattori deterrenti all'utilizzo di attivita' inclusive spesso ci sono l'infondata convinzione che non siano teorie poi cosi' efficaci per il benessere dell'azienda (39,6%); o, ancora, si pensa che si tratti di un fattore culturale che trova radice nella mentalita', evidentemente ancora arretrata sull'argomento, del dipendente e, di conseguenza, la non accettazione di determinati gruppi di persone (37,1%). Da non sottovalutare l'ipotesi che il 27,5% degli uffici non siano, a detta di alcuni, adatti a ospitare personale con disabilita'. Tra chi, invece, si mostra disponibile ad integrare il proprio piano d'intervento con le pratiche di diversity management, c'e' chi vede, in queste politiche, l'adattamento alle imposizioni legali e alle ragioni etiche. Il 62,9% delle donne, ad esempio, ritiene che sia importante la ricezione di finanziamenti, mettendo quindi in primo piano l'aspetto economico. Ancora, il 60,2% ritiene che le questione di genere siano le ragioni principali per cui siano state realizzate le suddette pratiche; a seguire, la nazionalita' per il 59,1%, la razza per il 53,5% e l'eta' per il 49,5%.
Quest'ultimo aspetto sarebbe, peraltro, l'ambito per il quale il 36,2% dei dipendenti pensa che sia piu' necessario implementare pratiche di diversity, perche' ancora troppo spesso oggetto di discriminazione.
Ma perche' c'e' bisogno di un diversity manager? "Questo tipo di approccio nasce dalla necessita' di ottimizzare le differenti risorse presenti in azienda- dicono gli esperti dell'executive program in 'Politiche e Gestione delle diversità', promosso dall'universita' Luiss Guido Carli, in collaborazione con Telecom Italia e che si propone di offrire a studenti e lavoratori che intendano interfacciarsi con quello che si puo' definire il lavoro del futuro-. Lo scopo e' di mettere a disposizione di tutti le stesse opportunita', stimolando i singoli a fare meglio, creando un clima aziendale per ottenere risultati e performance superiori". Insomma, "fare leva sulle differenze per aumentare la competitivita' dell'azienda e le occasioni di successo". Spiegano ancora gli esperti che "nel corso degli ultimi anni e' incrementata la partecipazione di donne, persone disabili, persone anziane e di diverse nazionalita' nel mondo del business. La diversa composizione della forza lavoro che ne sta uscendo raggiunge i piu' alti livelli dirigenziali". E la valorizzazione delle diversita' e' anche in linea con le sempre piu' eterogenee esigenze dei consumatori".
Il diversity management si pone una domanda precisa: quali sono le politiche che rendono felici i lavoratori e, di conseguenza, i consumatori finali e, quindi, le persone? Dando centralita' alla persona nella gestione delle risorse umane, fa da "protettore" e garante di questo cambiamento culturale e organizzativo; il suo obiettivo e' di creare un ambiente "inclusivo" in cui le differenze dei gruppi e degli individui non siano fonte di discriminazione, ma oggetto di reale attenzione e ascolto. Sempre piu' spesso nei luoghi di lavoro- assicurano gli esperti-, a livello nazionale ma soprattutto internazionale, e' richiesta la figura del diversity manager.
I principali vantaggi per le imprese che adottano politiche attive per la diversita' sono il rafforzamento dei valori culturali all'interno dell'organizzazione, la promozione dell'immagine dell'impresa, maggiore capacita' di attrazione di personale qualificato, miglioramento della motivazione e dell'efficienza della forza lavoro, miglioramento dell'innovazione e della creativita'. I manager di domani non saranno piu' gli stessi di oggi, dovranno essere consapevoli che piu' i luoghi di lavoro saranno inclusivi e con una maggiore attenzione alla gestione delle differenze piu' le aziende avranno un ritorno economico, di immagine e di maggior produttivita'.
(Wel/ Dire)