(DIRE - Notiziario Psicologia) Roma, 12 gen. - "È necessario conoscere la realtà per dare un volto umano agli psicoanalisti, figure che rientrano spesso in un immaginario ideale come se si trattasse di supereroi. Sono invece persone normali, che vivono con le loro angosce e difficoltà. In un mio libro ho pubblicato una lista di 18 psicoanalisti (contemporanei di Freud) tutti morti per suicidio". Lo rivela alla DIRE
Claude Lorin, professore all'Università di Reims, psicoanalista all'Ospedale di Sainte-Anne (Parigi) e consulente scientifico dell'Associazione internazionale di storia della psichiatria e della psicoanalisi.
"Victor Tausk, Paul Federn, Vittorio Benussi, Wilhelm Stekel, Otto Weininger, Géza Roheim, Herbert Silberer, Gaëtan Gatian de Clérambault, Bruno Betthleim, Gilles Deleuze e molte donne- aggiunge- tra cui Tatiana Rosenthal, Clara Happel, Eugénie Sokolnicka( che fu la psicoanalista dello scrittore francofono André Gide)sono tutti morti volontariamente".
- Ha scritto un libro dal titolo 'La mia analisi. Diario di un futuro analista', pubblicato dalla casa editrice Magi. Perchè ha deciso di intraprendere un percorso di analisi? "Per ragioni personali, oltre che professionali essendo uno psicologo. Il cammino intellettuale coincideva con il motivo affettivo, legato alla morte di mia madre. Fu allora- continua Lorin- che decisi di contattare degli esponenti dell'Istituto psicoanalitico di Parigi per evitare ciarlatani o personaggi poco raccomandabili".
- Cosa vuol dire per uno psicoanalista stare male? "Significa provare angoscia, alienazione da sé, isolamento, tristezza o la vergogna di non riuscire a superare tali stati d'animo.
All'inizio di un percorso psicoanalitico si desidera limitare le proprie angosce, solo successivamente si aspira a comprendere il senso da dare alla propria esistenza".
- Cosa spinge una persona ad entrare in analisi? "Negli anni '70 era piuttosto una moda interessante, la psicologia era utilizzata per approfondire delle questioni esistenziali. Negli anni '80 e '90 invece il mercato della psicoterapia è stato invaso dagli americani con le terapie comportamentali- afferma il professore- e molte persone hanno abbandonato la psicoanalisi". Perché? "Si riteneva un percorso che durasse troppo a lungo. In ogni caso non potrà mai essere rimpiazzato dalle terapie comportamentali e cognitive, che possono sopprimere un sintomo ma non arriveranno mai a comprendere la vera causa della sofferenza".
Lorin ha sia una formazione psicoanalitica che comportamentale. Nel suo testo 'Il duro mestiere dello psicologo' (2014) racconta 20 storie di pazienti seguiti all'ospedale di Sainte-Anne: "Ricordo una paziente che aveva paura di entrare negli ascensori. In sei mesi ho guarito i suoi sintomi con una tecnica comportamentale chiamata la 'desensibilizzazione sistematica'- spiega il terapeuta- però l'anno successivo questa donna mi ha ricontattato perché era ancora inquieta. Non aveva compreso il perché di quella paura. La terapia comportamentale permette appunto di aiutare una persona senza conoscere la causa del suo malessere, ma per affrontarlo realmente bisogna ricorrere alla psicoanalisi".
- Cosa ha consigliato alla sua paziente? "Le ho suggerito di porre alcune domande ai suoi genitori. Ha così scoperto che a circa 8 mesi di vita, durante un trasloco, i genitori la misero nel cofano posteriore della macchina. Ecco l'origine della sua paura- precisa Lorin- e due anni dopo è guarita. Ho lavorato anche con soggetti che avevano timore di volare. Ricordo un giornalista del New York Times che non accettava una promozione per evitare di prendere l'aereo. Per tre mesi l'ho accompagnato personalmente nei vari viaggi ed è guarito".
- Le persone che scelgono di andare in terapia si assomigliano? "Esistono problematiche comuni legate alla tristezza, a difficoltà economiche e/o politiche ma che poi hanno ripercussioni psicologiche sebbene all'origine non siano tali.
Perdere il lavoro a 50 anni e non avere la possibilità di trovarne uno nuovo è un esempio. Le persone che vengono da me sono angosciate, e lo sono spesso per ragioni reali- afferma il professore- è ciò che Freud chiamava 'angoscia reale', come quella di morire. È normale che chi si trovasse al Bataclan a Parigi senta adesso il bisogno di parlare con uno specialista.
Tante persone sono morte per nulla, solo perché si trovavano in una sala di spettacolo. È un non senso".
- Secondo lei oggi si sta creando un esercito di nuovi malati? "Il problema è in parte dovuto alle lobby farmaceutiche. Lavoro da 35 anni all'ospedale psichiatrico di Sant'Anna a Parigi e vedo la pressione che esercitano i rappresentanti dei laboratori. La Francia è il primo paese di consumatori di antidepressivi, ansiolitici e neurolettici nel vecchio continente. In Europa e Stati Uniti le lobby sono terribili. Si patologizzano le persone per evitare di pensare che alla base della loro sofferenza ci siano ragioni economiche e/o politiche- accusa il medico- in questo modo si fa camminare l'industria farmaceutica".
- Nel libro 'La mia analisi' parla dell'importanza di rigettare l'oblio, cosa significa? "Dimenticare qualcosa non è sempre una buona cosa- risponde Lorin- è importante non dimenticare, ovvero ricordare, perché è più facile sapere dove si va quando si sa da dove si viene. Per farlo bisogna indagare sul proprio passato. Le terapie comportamentali aiutano a sopprimere un sintomo ma per comprendere la propria storia bisogna ricordare rigettando l'oblio". Lorin allora racconta un'altra storia: "Cinque anni fa una studentessa mi venne a trovare e mi disse che la madre l'aveva abbandonata all'età di 1 anno e mezzo o due, e che da allora soffriva di crisi d'asma gravi. Le proposi di scrivere una tesi su se stessa, non potendo prenderla in analisi essendo una mia allieva. Nel suo lavoro di ricerca lei scoprì di non essere stata abbandonata, ma di avere un vissuto di abbandono: la madre dopo i sei mesi di maternità aveva ripreso il lavoro, e di questa esperienza non le parlò mai- ricorda il professore- mancavano quindi le parole. La settimana successiva la ragazza mi rivelò che non ebbe più crisi d'asma. Non è un miracolo, ha semplicemente compreso le reali intenzione della madre".
- È uscito da poco il suo ultimo libro su 'L'elogio delle nostre angosce'. Perché 'elogio'? "Le nostre angosce possono essere utilizzate per creare. Grandi scrittori del passato erano molto angosciati. In questo libro racconto le terribili angosce di monsieur F. (Gustave Flaubert), monsieur B. (Hervé Bazin) o madame D (Marguerite Duras). È stato come mettere Flaubert, Durass o Luis Aragon sul mio divano, facendoli diventare miei pazienti- conclude- sono delle simulazioni di analisi".
(Wel/ Dire)