Lutto bloccato o patologico tra morte, amore e lavoro
Ne parla Francesco Campione, presidente associazione 'Rivivere'
(DIRE - Notiziario Psicologia) Roma, 9 giu. - Il lutto è un processo psicologico spontaneo che si innesca con la perdita di qualcosa/qualcuno a cui si era legati. Può essere ritardato, bloccato o patologico. È bloccato quando trova ostacoli alla sua rielaborazione. È patologico se porta a sviluppare situazioni di disperazione così gravi da arrivare a comportamenti non normali. A parlarne alla DIRE, in una intervista, è Francesco Campione, docente di Psicologia clinica all'Università di Bologna e presidente dell'associazione 'Rivivere'.
- Come è nata l'associazione 'Rivivere'? "'Rivivere' è un'associazione di psicologi volontari nata negli anni '80, ma concretizzatasi nel 2006 all'interno del progetto 'Rivivere' che punta a sviluppare un volontariato di prossimità per aiutare chi vive un lutto a non essere isolato. Consiste in un aiuto a più livelli- spiega il professore- dallo svuotare la casa, allo sbrigare le pratiche importanti o a fare compagnia nei momenti di difficoltà. Abbiamo seguito centinaia di famiglie a Bologna e in tutta l'Emilia Romagna, puntiamo a farlo diventare un progetto nazionale". Per il lutto l'associazione ha messo in piedi due servizi, uno rivolto agli adulti ed uno ai bambini. "Siamo partiti partecipando al movimento delle cure palliative e organizzando servizi di assistenza psicologica ai morenti. Lì ci sono famiglie che devono elaborare il lutto- continua Campione- e che non devono essere abbandonate. Il progetto Rivivere è rivolto a quanti devono elaborare il lutto o essere sostenuti durante la malattia quale lutto anticipatorio. Le crisi gravi- chiosa il professore- sono vissute anche da chi vive un lutto traumatico, perdendo una persona cara per suicidio, incidenti, omici, ecc.".
- Come si struttura 'Rivivere'? "E' un progetto di aiuto psicosociale gratuito che si basa sull'applicazione di un metodo di intervento focale breve: 7 incontri. Nel 90% dei casi, se il lutto non è bloccato o patologico, questi 7 incontri bastano ad aiutare la persona".
- Quali sono le problematiche ricorrenti di chi vive un lutto? "Uno dei problemi più evidenti è ad esempio la diversa elaborazione di un lutto di un figlio morto da parte dei due genitori. In questo caso- afferma il presidente della Onlus- noi li aiutiamo a trovare uno spazio di rispetto della loro stessa diversità di rielaborazione. La coppia che elabora il lutto in modo diverso, se non aiutata, si può separare. Inoltre, bisogna sostenere le persone autorizzandole a piangere tutte le lacrime e tutta la rabbia che hanno. Forniamo loro un luogo in cui non siano abbandonate, ma aiutate a gestire i problemi che il lutto determina e quindi a superarlo. Una perdita può far riemergere traumi precedenti, come un altro lutto non elaborato prima". - Quali sono le emozioni ricorrenti del lutto? "L'incredulità iniziale quando si perde la persona cara, una difficoltà ad esprimere i sentimenti negativi (rabbia, colpa disperazione, pianto). In una cultura dove in 3 giorni si deve risolvere il lutto per tornare a lavorare- critica il docente di Psicologia clinica- è normale sentirsi repressi nell'espressione del proprio lutto".
- Esiste un lutto da separazione? "Dal punto di vista dei processi psicologici tutti i lutti sono uguali, sono situazioni in cui devi risolvere il problema di un legame che si spezza e che va in crisi. Ciò che differenzia un lutto non è il motivo, ma il tipo di legame che si aveva con chi si è perso. Per esempio, le persone, soprattutto le donne che si separano, dicono spesso 'Sarebbe stato meglio che fosse morto'. Il fatto che quella persona la si può ancora incontrare- sottolinea Campione- rende difficile l'elaborazione del lutto. Slegarsi può essere più facile se non c'è più".
- Come si aiutano le persone che non riescono a slegarsi? "Questi soggetti non riescono a prendere atto che qualcuno li abbia lasciati e non li voglia più, e non riescono a farlo perché hanno molta rabbia. Questo è un modo per rimanere legati. La rabbia e la colpa sono ostacoli importanti e profondi- fa sapere l'esperto- poi c'è la vergogna di essere state lasciate, e questo è un altro ostacolo".
- Come si presenta il lutto derivato dalla perdita del lavoro? "In questo ambito abbiamo il servizio 'Primo maggio'. Dall'inizio della crisi, secondo i centri per l'impiego, circa 90 mila persone hanno perso il posto di lavoro in Emilia Romagna.
Tantissimi ci hanno chiamato per richiedere un sussidio o un aiuto a trovare impiego, centinaia di persone, soprattutto tra i 50-55 anni. Ho scritto il libro 'Non lavoro'- ricorda il professore- per raccontare le problematiche psicologiche di chi sta perdendo o ha perso il lavoro. Si tratta perlopiù di problematiche temporali: più tempo passa e più la situazione di inoccupazione/disoccupazione diventa distruttiva da un punto di vista umano. All'inizio si comincia ad essere insicuri, a perdere autostima, scoraggiarsi, poi ci si dà da fare, ma spesso iniziano i litigi in famiglia, segue la rabbia, l'aggressività si rivolge verso sé stessi e si può arrivare anche al suicidio. - Come funziona il servizio 'Primo maggio'? "Segue lo stesso metodo del progetto Rivivere: 7 incontri, un intervento focale per capire che tipo di distruttività ha determinato la perdita del lavoro nella persona. Cerchiamo di analizzare il significato esistenziale del lavoro per quella persona (si tratta di sopravvivenza, è un modo per realizzarsi, per esprimersi?), cosa stia determinando la mancanza del lavoro e quali siano le risorse del soggetto che ha chiesto aiuto". L'intervento si esplica su due binari: sociale e psicologico. "Nel primo caso aiutiamo le persone a mettere insieme tutte le risorse che hanno a disposizione. Chiediamo loro se hanno una casa di proprietà, affetti, amici. Cerchiamo di costruire i sostegni di solidarietà- precisa lo psicoterapeuta- perché quando tutto è perduto, se chi ti circonda porta qualcosa di buono nulla è perduto. Aiutiamo la persona a non chiudersi. Abbiamo infatti dato vita a una rete di solidarietà tra anziani attraverso i centri sociali e i sindacati dei pensionati. La solitudine impedisce all'anziano di superare il suo lutto". Sul versante psicologico, "invitiamo le persone a guardare anche al positivo, a cambiare prospettiva. In moltissime situazioni non si trova lavoro perché ci si mette in una prospettiva unica, ma trovare un'altra visione equivale ad elaborare il lutto. Nella vita è importante cambiare punto di vista nelle situazioni di crisi".
- Che rapporto c'è tra lavoro e lutto? "Il lavoro è considerato come l'attività umana che serve ad elaborare i lutti. In questo senso è un rifugio ed è gravissimo quando lo perdiamo. Il lavoro dovrebbe essere sempre un mezzo espressivo e mai un fine- conclude Campione- proprio perché non sono tutti uguali. È sbagliato dire 'Lo scopo è trovare il lavoro', questo è il fine. In Germania milioni di giovani guadagnano 400 euro e sono ritenuti uguali, ma non sono felici. Che senso ha avere tutti occupati infelici? Guardare all'umanità delle persone vuol dire preoccuparsi di farle trovare il lavoro che le matura. Basta con la storia che qualunque impiego vada bene, ci sono lavori che uccidono". Il servizio 'Primo maggio' è parte del progetto Rivivere. Per avere assistenza basta chiamare il numero 051/552314, scrivere a info@clinicacrisi.it o consulta il sito www.clinicacrisi.it (Wel/ Dire)
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