Newsletter del  13 gennaio 2015
 
Appello al  Ministro della Salute Beatrice Lorenzin

Il presente documento per chiedere di rivedere le attuali pratiche cliniche, diagnosi e terapia, riguardanti la sindrome dell’ADHD e di non abolire il Registro ADHD istituito presso l’ISS che è stato l’unica difesa ufficiale  a tutela dei bambini.

EVIDENCE BASED IGNORATE NELL'ADHD

La newsletter  DIREPSICOLOGIA prende il via in un momento particolarmente difficile per la psicologia e per la psicoterapia in genere; vi sono mondi diversi che si confrontano sulla visione clinica, sulla modalità diagnostica, sulle proposte terapeutiche etc..., determinando una divisione così forte che difficilmente vi sarà una ricomposizione culturale in tempi brevi. Mi sembra, però, che esprimere il proprio parere sia un dovere etico e professionale in quanto a risentire di questa situazione sono i pazienti e, nel caso che prendiamo in esame in questo contesto,  i bambini. Questo primo numero della newsletter è dedicato ad una patologia tra le più controverse, l’ADHD, e lo spunto nasce dal Concept Paper pubblicato dall’AIFA (vedi EVIDENCE) che fotografa  l’attuale situazione in senso generale e in modo particolare per ciò che attiene all’ambito  farmacologico, chiedendo un parere a tutti coloro che ne siano interessati. La proposta è volta a favorire una  maggiore diffusione degli psicofarmaci per i bambini, ritenendo superato il registro per l’età evolutiva realizzato nel 2007 presso l’ISS a tutela dei  minori, in quanto è stato cambiato il criterio di comparsa della sindrome. Non si effettua la diagnosi solo se la comparsa dei sintomi avviene entro i 7 anni ma entro i 12, e viene anche presa in considerazione la comparsa della sindrome in età adulta con conseguente somministrazione di farmaci. Cosa importante  da segnalare  è che oltre alle 6 classiche risposte su 9 domande, il criterio di soglia clinica contempla  le difficoltà relazionali e il rendimento scolastico. Si è deciso di aderire alla richiesta di parere dell’AIFA favorendone la divulgazione e cogliendo l’occasione per porre le basi per una riflessione più rispettosa della complessità della valutazione clinica prendendo come spunto sia  i dati riportati nel documento che altri elementi emersi in questi anni nei vari dibattiti. Per poter effettuare una disamina dei diversi aspetti controversi che riguardano questa sindrome, esamineremo le origini, la modalità diagnostica, la completezza della valutazione, la diffusione, il mercato, le problematiche sociali, la terapia, le ricerche, etc..., riprendendo  i contributi di tanti esperti italiani ed esteri. È importante suscitare una riflessione più ampia su tutte le componenti di questa situazione che ha diviso il mondo clinico ed è il caso di mettere in luce alcuni aspetti (EVIDENCE) troppo lacunosi, trascurati o sottaciuti che sono emersi in Italia e nel mondo. Troppo silenzio da parte di chi opera in questo settore.  Non esprimere il proprio parere  significa avallare le incongruenze cliniche e  a volte anche paradossali proposte come “Evidenze  Scientifiche”.
Il Re è nudo e così come nella favola è il momento di prenderne coscienza.

Un minimo di storia: negli ultimi 20 anni la società  si è molto modificata, basti pensare che prima i figli stavano a casa fino ai 5/6 anni, adesso fino ai 6 mesi, e ciò ha comportato, per un senso di abbandono, un aumento esponenziale del  sentimento di rabbia che si è tradotto in un più alto tasso di aggressività dai bimbi dei nidi fino alle superiori, e in questa situazione si è ben inserita la diagnosi della sindrome dell’iperattività.
Nel 2007, in seguito ad una diatriba pubblica dai toni molto accesi, fu realizzato dall’ISS il registro a salvaguardia dei minori, in quanto il farmaco proposto per l’ADHD rientrava (e rientra ancora oggi) nella categoria stupefacenti. I punti di partenza controversi erano molti, tra cui  la modalità di diagnosi che si realizzava tramite risposte ai questionari da parte dei genitori e degli insegnanti (doc. AIFA), e la differenza di percentuale di ADHD presente sul territorio nazionale (12%, 6%, 4%, 1%, 0,80%, 0,10% a seconda delle Regioni e quindi del clinico presente).
Gli specialisti che propendevano per questa sindrome ne indicavano la specificità rispetto ad altri disturbi come la depressione, il disturbo oppositivo provocatorio,  il disturbo della condotta o anche semplici manifestazioni di forte rabbia che, pur mostrando  la stessa sintomatologia,  rimandavano  però a cause diverse. Veniva ribadita, dai fautori della sindrome,  la base genetica (tuttora non convalidata) e l’autonomia dalle altre patologie. Adesso vengono addotte  anche  cause “ambientali” e  la diagnosi dell’ADHD  viene presentata nella maggior parte dei casi in comorbilità con le altre patologie, come se ci fosse l’esigenza di appoggiarsi ad  una base clinica di riferimento per indicare una dignità diagnostica.

Per confutare la validità clinica dell'ADHD è opportuno utilizzare lo stesso criterio basato sull’EVIDENCE BASED che è stato utilizzato per giustificare le decisioni cliniche a favore di questa sindrome.  Evidence Based, la  parola magica che ha permesso a molti di procedere  nelle proprie condotte cliniche-terapeutiche  anche se controverse.
I dati sulla DIFFUSIONE  sono veramente controversi.  Il documento dell’Aifa riporta per l’età evolutiva una percentuale di ADHD che oscilla, nel mondo, dal 5,9% al 7,1% e, in Italia, è contenuta all'1% grazie all'istituzione del registro presso l'ISS anche se, secondo uno studio (doc. AIFA), si dovrebbe aggirare intorno al 3%.  Secondo lo studio dell'Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico "Mario Negri" (IRCCS) la percentuale è dello 0,3% (EVIDENCE - A) mentre secondo l'articolo di Anna Toro (EVIDENCE - B) nel 2007 la percentuale negli USA era del 9,5% (cioè 5.4 milioni di bambini), che nel 2013 sale a 8 milioni secondo l’IMS Health, la più importante fornitrice di dati sulle prescrizioni mediche. Nel mondo la somministrazione di farmaci è aumentata del 100% in 50 paesi (come emerge dal film "Adhd Rush hour" di Stella Savino).  Il solo fatto che la percentuale sia così diversificata a seconda dello studio effettuato è una vera Evidence Based che dimostra l’inattendibilità dei dati.

La modalità diagnostica, come ha riportato il documento dell’AIFA, è sempre la stessa con domande perlomeno discutibili anche se con effetti devastanti. A questo proposito (EVIDENCE - C) il NIH Consensus (USA) sottolinea che non esiste un test per l’ADHD ma ciò nonostante l'età di diagnosi e di somministrazione farmacologica si è abbassata al punto tale che 1400 bambini di 1 ANNO di età sono stati diagnosticati  ADHD.  In questo caso, che dimostra l’assenza di perimetri clinici, si può solo immaginare che per ottenere tale diagnosi a questa età il “CLINICO” abbia somministrato un questionario per bebè ai genitori, con lo stesso criterio "scientifico" utilizzato per i bambini più grandi, con domande tipo:
1) Piange spesso?
2) Piange  perché vuole stare in braccio?  
3) Sputa i cib iche non gli piacciono?
4) A volte vomita quando si arrabbia?
5) Non dorme quando voi lo mettete in culla?
6) Butta gli oggetti per terra?
7) Sorride poco?
E avuta conferma della poca disponibilità del bambino sarà certo della sua diagnosi!!! La diagnosi così precoce non emerge neanche in patologie molto serie e indiscusse. Ma è indicativo della china su cui stiamo silenziosamente scivolando. 

Sul tema della uniformità e della scarsa validità scientifica della diagnosi riportiamo, estratto dal documentario "Rush Hour" il contributo (VIDEO - 1) del Prof. William B. Carey dell'Università della Pennsylvania, del Prof. Pietro Panei del ISS  e del Prof. Leif Elinder.  Un aspetto rilevante è la scarsa capacità di contemplare nella valutazione, oltre i sintomi, anche la storia del bambino. 
In Canada (EVIDENCE - D) gli esiti di una ricerca su grande scala indicano che la possibilità di ricevere una diagnosi di  ADHD è molto più frequente,  nella misura del 30%, se il bambino va a scuola a 5 anni e non a 6; in pratica sono bambini solamente immaturi per la richiesta di prestazioni. A conferma dell’importanza dei tempi giusti, anche in Italia  se i bambini vanno a scuola troppo presto rispetto alla loro maturità rischiano l’attribuzione di diagnosi inadeguate, come per  esempio la dislessia (che generalmente si attesta al 3% ma che sale al 14% se il campione è composto di bambini di 5 anni in prima elementare).
Comunque la beffa forse più pesante è che venga comminata la diagnosi di ADHD anche ai bambini plusdotati vedi (EVIDENCE - E) e (VIDEO - 2, A. Zanetti, Università di Pavia), cui non viene riconosciuta la plusdotazione ma solo l’iperattività e il disturbo dell’attenzione che ne definiscono un quadro di inadeguatezza. Altra Evidence molto importante  riguarda gli effetti collaterali di questi farmaci; il documento AIFA in modo estremamente chiaro descrive tutti gli effetti collaterali a cui aggiungo i contributi di esperti internazionali (VIDEO - 3) come il Prof. William Pelham  dell’Università della Florida, il dottor Leif Elinder (Svezia) e il prof. Pietro Panei. Anche questa Evidence sulla pericolosità dovrebbe far molto riflettere.

Dal documento AIFA emerge che i bambini che iniziano a prendere farmaci, continuano anche dopo i 18 anni, (farmaco-dipendenti) mentre per l’ipotesi di assunzione da parte degli adulti, una commissione di esperti ipotizza che i benefici sarebbero molto modesti. Pertanto chi non assume farmaci da bambino non diventa dipendente da psicofarmaci, mentre è purtroppo quasi certo per chi li assume; per di più, tra gli effetti collaterali è emerso anche il rischio di suicidio come ha chiarito la Food and Drug Administration (l’ente Americano di controllo).
Un’altra grande ombra (Evidence) riguarda il sospetto che le case farmaceutiche siano state aiutate ad allargare il mercato di vendita, (VIDEO - 4 e EVIDENCE - F) e forse, visto quanto riportato, più che di un’ombra si tratta di una certezza. La NEK Commissione Consultiva  Nazionale Svizzera sull’Etica Biomedica (EVIDENCE - G - EVIDENCE H) ha in sintesi espresso il parere sul Ritalin per l’ADHD sottolineando che altera il comportamento del bambino senza alcun beneficio. Il Comitato Cittadini Diritti Umani denuncia l’aumento di consumo di psicofarmaci per l’ADHD passato, nella sola Germania, da 34 kg nel 1993 a 1760 kg nel 2011, e riporta la notizia sottaciuta in Italia (EVIDENCE - I) della confessione shock del padre scientifico dell’ADHD, Leon Eisenberg, che confessa  al giornale DER SPIEGEL che l'ADHD "è una malattia fittizia”, e di ciò ne ha molto beneficiato  la sua carriera professionale. Nello stesso articolo è riportata un’altra  grande ombra per la presunta scientificità, costituita dal fatto che 170 membri della commissione per il DSM (manuale di psichiatria) avevano interessi finanziari con case farmaceutiche.  L’aumento così spropositato di consumo in Germania non è dovuto solo a una  maggiore attività dei rappresentanti farmaceutici  nello spingere i propri prodotti, ma anche al comportamento manipolativo di una o più case farmaceutiche  (VIDEO - 5) che per aumentare  le vendite hanno fatto ricorso all’uso di fumetti per l’infanzia per convincere i bambini a chiedere le pillole ai genitori per diventare "buoni" e farli felici. In Italia non credo sia stato proposto ma è inaccettabile comunque il silenzio anche su questi comportamenti.  In ultimo la terapia per l’ADHD: le proposte prevedono psicofarmaci che non curano ma limitano la sintomatologia con la previsione di un’assunzione a lungo termine e la conseguente dipendenza, dando vita a un fenomeno estremamente diffuso negli USA, la Farmacodipendenza. Ultimi studi hanno riportato che  gli effetti positivi,  anche solo sintomatici,svaniscono nel lungo periodo e riguardano il 70% dei pazienti; l’altro 30% non manifesta neanche la diminuzione sintomatologica.
In alternativa, o in contemporanea, è prevista la psicoterapia,  ma in tal caso viene indicata solo la terapia comportamentale (in pratica è un addestramento), che inizialmente sembra dare dei risultati, ma (EVIDENCE - L) in Inghilterra è stata  messa pesantemente in discussione. Ciò che appare ancora più incredibile è che non solo il clinico si prodiga per diagnosticare l’ADHD, secondo criteri come abbiamo visto ben discutibili, ma indica pure la forma di psicoterapia da seguire. Una considerazione che forse può far riflettere è quanto siamo incapaci di attendere per arrivare a formulare una valutazione corretta tramite una diagnosi sequenziale (nel tempo) - come ha sottolineato lo psichiatra Allen Frances - per una comprensione più adeguata del problema. Gli psicofarmaci e l’addestramento sono la scorciatoia per arrivare ad una ipotetica soluzione che consenta di “normare“ il bambino che non sta attento o che si agita o che è arrabbiato, ma ciò ha creato negli adulti e nei bambini un'abitudine pericolosa.  Siamo più disponibili a far diventare un bambino dipendente da psicofarmaci piuttosto che a rivedere la metodologia clinica. Vi sono innumerevoli documenti e contributi che mirano a una revisione degli attuali criteri diagnostici e terapeutici dell'ADHD. Non mi è stato possibile riportarli tutti, ma vorrei citare Claudio Ajmone che ha collaborato con “Giù le mani dai bambini” coordinata da Luca Poma, (EVIDENCE - M), altre considerazioni di esperti (EVIDENCE - N) e l’articolo del prof. Pier Aldo Rovatti pubblicato su Il Piccolo di Trieste, "Siamo tutti matti e malati" (EVIDENCE - O).

Infine invito tutti coloro che hanno bisogno dell’oggettività del dato, dell’Evidence Based, a verificare se tra tutti i contributi  Evidence contenuti in questo documento non ve ne siano almeno 9 di cui prendere atto, in tal caso di non ignorarle quando dovranno formulare una diagnosi di ADHD ad un bambino (VIDEO - 6).

Federico Bianchi di Castelbianco

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