(DIRE - Notiziario Psicologia) Roma, 24 feb. - L'adolescenza è una 'discomfort zone', un tempo agitato e turbolento, uno spazio che cambia continuamente i propri confini. Il luogo di quest'agitazione è il corpo, quale ambito del radicale cambiamento fisico e pulsionale, e una mente che stenta a seguirne il mutamento. Non è un caso che gli aspetti dominanti della psicopatologia dell'adolescenza avvengano al livello del corpo, dai disturbi del comportamento alimentare agli attacchi di panico. Problematiche che esprimono attraverso la fisicità la difficoltà di assumere il peso della crescita e dell'individuazione. Lo dice Rosa Bruni, psichiatra, psicoterapeuta, counselor servizio di counseling psicologico per gli studenti dell'Università Cattolica di Roma, intervistata dalla Dire sul tema dei disturbi alimentari in adolescenza.
Il corpo è il luogo del 'disagio e della possibilità- prosegue l'esperta- e ciò è vero sia per i disturbi alimentari che per il panico. Fondamentale in tutta la psicopatologia adolescenziale è il conflitto mente-corpo, tra la realtà psichica e quella fisica, che s'impone e sconvolge tutta l'adolescenza. Una dimensione di novità al di fuori di ogni possibilità di controllo'. COSA SONO I DISTURBI ALIMENTARI - 'I disturbi alimentari comprendono tutte quelle situazioni psicopatologiche che si esprimono attraverso condotte alimentari alterate e si associano a disturbi dell'immagine corporea, profonda insoddisfazione per il corpo, perdita della stima di sè, alterazioni del pensiero e dell'affettività. Disponendosi in un continuum che dall'Anoressia Nervosa, passando per la Bulimia e per forme diversamente connotate sul piano dei comportamenti alimentari, arriva al binge eating disorder (distubo da abbuffata compulsiva), tutte queste entità cliniche si esprimono sul piano sintomatico, attraverso un controllo più o meno rigido della funzione alimentare e dei comportamenti volti a controllare il peso corporeo (dieta dimangrante, condotte di compenso come vomito autoindotto, esercizio fisico eccessivo, uso di lassativi e di diuretici).
Tuttavia il nucleo alla base di queste forme di sofferenza riguarda chiaramente non il cibo o la forma fisica quanto la dimensione identitaria, la difficoltà di essere-diventare ciò che si è'.
Se alla base di questi disturbi 'troviamo diversi fattori - da quelli genetici alla storia delle relazioni oggettuali (attaccamento ed esperienze precoci), dalla presenza di eventi traumatici (in particolare nella bulimia è drammaticamente rappresentata una storia di abusi fisici ed emotivi) ad assetti familiari e relazionali disfunzionali, da caratteristiche di personalità ad alterazioni del processamento e integrazione d'informazioni sensoriali - tuttavia, in questa realtà clinica si rivela il conflitto essenziale e fondante dell'adolescenza: la difficile integrazione tra la mente e il corpo, tra deisiderio d'individuazione-separazione e angoscia di perdita, tra passato e futuro. Dinanzi all'angoscia del cambiamento- continua la psichiatra- nella anoressia come nella bulimia, l'attività mentale sembra saturare lo spazio del corpo, annullanodolo, tacitando le sue esigenze, cristallizzandolo in una forma che si sottrae al tempo e alle vicende della vita. Fermare il corpo, negandolo, privandolo del nutrimento, fino a ridurlo a un fantasma osseo o al contrario riempiendolo di cibo, dilatandone i confini per farlo scomparire nel tutto indifferenziato: in entrambi i casi il cibo diventa lo strumento per conrollare il corpo e, attraverso il corpo, il mondo esterno, la realtà, il tempo'.
SONO I DISTURBI PIÙ RAPPRESENTATI IN TERMINI EPIDEMIOLOGICI - In quanto espressione di difficoltà ad accettare il limite identitario espresso nel corpo e attraverso il corpo, i disturbi alimentari 'sono l'espressione psicopatologica forse più tipica del nostro tempo. Non è un caso che siano tra i disturbi più rappresentati in termini epidemiologici durante l'adolescenza femminile- precisa l'esperta- sebbene l'età di esordio più frequente sia tra i 15 e i 19 anni, molte di queste situazioni arrivano all'osservazione psichiatrica almeno con 2 anni di ritardo, a causa di forti meccanismi di negazioni a livello familiare (soprattutto se pensiamo all'anoressia o alla bulimia). In sostanza- prosegue Bruni- l'anoressia, la bulimia e gli altri disturbi non altrimenti specificati si riconoscono non solo in un'alterazione del comportamento alimentare, ma anche in un disturbo dell'immagine corporea: una difficoltà a considerare la propria immagine come accettabile'. I comportamenti alimentari 'abnormi trovano le loro radici evolutive in un difetto dello sviluppo, in particolare del processo d'integrazione psicosomatica attraverso il quale la 'mente' cerca di prendere contatto e, al tempo stesso, organizzare e modulare l'esperienza sensoriale ed emotiva che proviene originariamente dal corpo. Le alterazioni di questo processo si manifestano come disturbi percettivi, cognitivi e affettivi dell'esperienza corporea'.
Alla base di tutte le forme del disturbo alimentare 'troviamo il disagio a stare nel proprio corpo e a riconoscerlo come capace di esprimersi in maniera più o meno armonica, la difficoltà ad assumere la propria vulnerabilità, la finitezza, l'essere individuati in un tempo che scorre in modo irreversibile, l'essere dipendenti dall'ambiente e dagli altri. Le conseguenze di questa non accettazione- precisa la psicoterapeuta- possono essere gravi non solo per la vita psichica ma anche sul piano della salute fisica. Basti considerare, ad esempio, nel caso dell'anoressia, le conseguenze che ha sulla fertilità il sintomo dell'amenorrea: nel 20-30% delle pazienti esiste un rischio di rimanere sterili nonostante il recupero del peso corporeo adeguato'.
70% BAMBINE 9-10 ANNI INSODDISFATTE DELLA PROPRIA IMMAGINE - 'Abbiamo sottolineato che l'età di esordio dei disturbi alimentari sia più frequente tra i 15 e i 19 anni, ma negli ultimi anni si è verificato un aumento delle forme precoci. Addirittura- fa sapere la psicoterapeuta- alcune ricerche multicentriche statunitensi ed europee individuano una scontentezza dell'immagine corporea nelle bambine di 9-10 anni, con una percezione alterata del proprio corpo. Nel 70% dei casi questi soggetti avevano già iniziato una dieta dimagrante o avevano pensato di inziarla'.
LA BULIMIA - Nelle bulimiche esistono due momenti: 'L'abbuffata, un'assunzione compulsiva di cibo in un tempo molto rapido, seguita da una forma di compenso mirata ad annullare le conseguenze del comportamento alimentare. La forme di compensazione più utilizzata è quella del vomito autoindotto, ma c'è anche chi utilizza lassativi o pratica esercizio fisico in modo eccessivo'. L'abbuffata, spiega Bruni, 'provoca un senso di vergogna e di disgusto di sè che si traduce in una sensazione di fallimento e in una profonda ferita dell'autostima. Come per l'anoressia, anche alla bulimia si possono associare altre forme di disagio e o di vero e proprio disturbo psichico: è il caso di forme di ansia, di disturbo dell'umore, di comportamenti a rischio come sessualità promiscua e non protetta e uso di sostanze. La complessità dei quadri clinici rende conto della necessità di individuare sempre più precocemente le forme del malessere del disagio: ciò vuol dire però scontrarsi con la difficoltà di accettazione della problematica da parte della paziente e anche, spesso, dei famigliari'. Può capitare che, 'per meccanismi di negazione, le tracce di vomito vengano ignorate dai genitori- sottolinea la psichiatra- così come vengono sottovalutati dimagrimenti molto significati, a volte anche di 20 chili. La cura di questi disturbi deve essere rivolta non solo ai pazienti, ma anche al contesto familiare'.
LA TERAPIA - Secondo Bruni 'sono necessari interventi integrati. Deve esserci un'équipe multidisciplinare formata da: psicoterapeuta, psichiatra, medico di base o pediatra, nutrizionista e ginecologo. Diverse figure che possono trattare adeguatamente il problema in base alla sua complessità. Non si può ignorare il male del corpo causato da una malnutrizione o denutrizione'. Allo stesso tempo anche i luoghi della cura devono essere differenti: 'Dall'ambulatorio a interventi di day hospital fino, nelle condizioni più gravi, all'ospedalizzazione o al ricovero in strutture specializzate'. Gli interventi psicoterapeutici indicati sono diversi: 'Dalla terapia individuale e/o gruppale di tipo psicodinamico o cognitivo, a interventi di mindfulness e trattamenti di tipo sistemico'. Anche gli approcci 'a mediazione artistica sono molto indicati- fa sapere il medico- un esempio è la DanzaMovimentoTerapia (DMT). Nelle giovani ballerine, ad esempio, i disturbi alimentari sono molto presenti, in particolare la bulimia, perché sono talmente forti le costrizioni imposte a queste ragazzine che facilmente il disagio si manifesta attraverso abbuffate e condotte di compenso. In questo contesto la DMT rappresenta allora non solo un intervento terapeutico ma anche un modo per rifondare il rapporto con la danza e l'esercizio fisico'.
UN FENOMENO AL FEMMINILE - I disturbi alimentari sono presenti maggiormente nelle donne 'a causa di un aspetto culturale importante e di una trasformazione corporea più complessa, basti pensare al ciclo mestruale. La cultura occidentale orientata a valori quali il successo, l'affermazione personale, l'esaltazione della magrezza, un certo modo di intendere la donna e la femminilità, sicuramente svolge un effetto patoplastico di indirizzo dell'espressione del disagio psichico. Se pur non interviene in termini di causa- spiega la psicoterapeuta- tuttavia offre le proprie categorie attraverso cui il malessere adolescenziale può rappresentarsi'.
NEGLI UOMINI SI PARLA DI VIGORESSIA - 'L'attenzione culturale per il corpo, risuona in maniera amplificata e distorta nei disturbi alimentari e coinvolge non solo le ragazze ma anche gli adolescenti maschi. Anche questi, infatti, possono essere interessati dal fenomeno, ma il rapporto è di circa 1 a 10, 1 a 15. Nell'adolescente maschio la manifestazione sintomatica è un po' diversa- continua l'esperta- le preoccupazioni per il peso e la forma del corpo sono spesso accompagnate da un'ossessione per l'attività atletica e da una visione del corpo 'muscolarmente potente'. Un disturbo definito vigoressia e rappresentato da una corazza di muscoli: un fisico atletico a cui bisogna dedicare tutte le attenzioni affinché assuma una forma virile e accettabile'. La struttura della personalità suggerisce quindi 'una fragilità di fondo che si veste con un'armatura 'muscolare' per difendersi dai conflitti emotivi e da eventi traumatici e stressanti'.
LA PREVENZIONE - 'I disturbi alimentari sono la prima causa di mortalità nei disturbi psichici delle donne adolescenti. I programmi di prevenzione che funzionano meglio sono quelli incentrati sui fattori di protezione e resilienza- aggiunge la psicoterapeuta- che aiutano l'adolescente a maturare la fiducia nelle proprie capacità, di non temere la propria vulnerabilità, le disarmonie proprie di ogni essere umano'.
IL PROBLEMA DELL'IDENTITA' DI GENERE - Un aspetto del comportamento alimentare psicopatologico può essere legato anche a 'una difficoltà di assumere con più serenità la propria identità di genere. La cultura influenza- ricorda Bruni- e si presta a fornire modelli preconfezionati, utilizzati da adolescenti con fragili basi narcisistiche per costruire un'identità considerata stabile e accettabile'.
QUANDO FINISCE L'ADOLESCENZA - 'L'adolescenza può terminare quando è possibile abitare il limite senza essere sopraffatti da una sensazione claustrofobica- conclude il medico- il passaggio all'età adulta comporta una rinuncia alle forme di onnipotenza, all'indefinzione che permette di immaginarsi in infiniti modi.
Forse si diventa grandi quando il limite identitario - il limite di essere quella persona con quel corpo, quell'identità di genere, quella storia, quelle mancanze e quelle risorse - diventa uno spazio di vita e di possibilità, di percorsi creativi'.
(Wel/ Dire)